Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32538 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32538 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BITONTO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BITONTO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2025 del GIP TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata del 16.1.2025, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata:
nei confronti di NOME COGNOME la pena concordata di mesi due di reclusione a titolo di aumento per la continuazione tra i delitti di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché da operazioni dolose e i reati di cui alla sentenza n. 3692 del 10.10.2023 del GUP del Tribunale di Milano, pena convertita in 120 ore di lavoro di pubblica utilità;
b) nei confronti di NOME COGNOME la pena concordata di anni uno e mesi sei di reclusione a titolo di aumento per la continuazione tra i delitti di concorso i bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché da operazioni dolose e i reati di cui alle sentenze nn. 1949 del 2024 e n. 3692 del 10.10.2023 del GUP del Tribunale di Milano;
c) nei confronti di NOME COGNOME la pena concordata di mesi uno e giorni quindici di reclusione a titolo di aumento per la continuazione tra i delitti concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché da operazioni dolose e i reati di cui alla sentenza del 31.01.2023 del Tribunale di Bari;
Avverso la sentenza di patteggiamento citata, hanno proposto ricorso i tre imputati suddetti.
Il ricorso di NOME COGNOME, proposto tramite il difensore di fiducia, si compone di due motivi.
Un primo argomento di censura deduce violazione di legge per omessa statuizione sulle cause di proscioglimento ex art. 129 cod. popc. pen.
Un secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge per erronea determinazione della pena e mancanza di motivazione in relazione ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen.
Con i motivi aggiunti il ricorrente ha eccepito l’illegittima applicazione dell pene accessorie fallimentari, in continuazione con la sanzione di cui alla sentenza già passata in giudicato, non avendo dette pene accessorie fatto parte del patto;
Il ricorso di NOME COGNOME, proposto tramite il difensore di fiducia, si compone di un solo motivo con cui il ricorrente eccepisce vizio di motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e all’art. 133 cod. pen., poiché non sono state indicate le ragioni della determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il ricorso di NOME COGNOME, proposto tramite il difensore di fiducia, si articola in due distinti motivi.
Il primo argomento di censura eccepisce difetto di correlazione tra la richiesta di applicazione della pena e la sentenza e mancanza di motivazione.
La richiesta di patteggiamento aveva concordato la conversione in lavoro di pubblica utilità dell’intera pena complessivamente risultante dalla continuazione criminosa esterna richiesta e ritenuta sussistente, con necessità di convertire quindi la sanzione di anni uno, mesi dieci e giorni sedici di reclusione; la sentenza impugnata, invece, ha convertito soltanto i due mesi di reclusione inflitti a titolo di aumento per la continuazione con la medesima decisione e non l’intera pena del reato continuato. Nessuna motivazione di tale statuizione in violazione dell’accordo è stata addotta nel provvedimento impugnato.
La seconda censura deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla dedotta illegalità della pena applicata: il GUP avrebbe dovuto ricalcolare l’intera pena complessiva risultante dalla continuazione esterna.
In ogni caso, il GUP ha errato nel non valutare la condizione essenziale apposta al patteggiamento che verteva proprio sul fatto che ad essere convertita in lavoro di pubblica utilità fosse l’intera pena frutto della continuazione.
La difesa invoca il principio di Sez. 2, n. 31488 del 12/07/2023, Rv. 284961.
Il giudice, non provvedendo in maniera unitaria sulla pena concordata ha emesso una pena illegale. Inoltre, neppure si è motivato sulla scelta del reato di cui alla sentenza passata in giudicato come di quello più grave della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sono inammissibili.
Secondo la giurisprudenza di legittimità consolidata, i motivi proposti da entrambi i ricorrenti non sono consentiti ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
2.1. L’unico motivo di censura di NOME COGNOME è inammissibile poiché il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile per soli vizi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pen o della misura di sicurezza.
In tema di patteggiamento, pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca – come fa il ricorrente nella prima parte del motivo di critica – il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. pen.
L’art. 448, comma 2 -bis cod. proc. pen., infatti, limita l’impugnabilità della pronuncia, come poc’anzi precisato, alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 278337; Sez. F, ord. n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
Orbene, il ricorrente non deduce alcuna delle ragioni di ricorso consentite, ma si limita a dolersi, molto genericamente e senza tener conto dei contenuti della pronuncia impugnata, della mancanza di motivazione circa l’affermazione di responsabilità e di un vizio di inadeguata motivazione della dosimetria sanzionatoria in relazione agli indicatori normativi previsti dall’art. 133 cod. pen., ragioni anche queste non consentite, potendo essere dedotta, quanto al trattamento sanzionatorio, soltanto l’illegalità della pena (peraltro rilevabile anche d’ufficio, qualora emergesse: Sez. U, n. 38809 del 31/3/2022, Miraglia, Rv. 283689).
Il giudice del patteggiamento, peraltro, ha spiegato sinteticamente la sussistenza di un quadro probatorio adeguato e idoneo ad escludere una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e tanto è sufficiente ai fini del sindacat positivo sulla legittimità della decisione dal punto di vista di eventuali, proposti viz di motivazione.
Invero, la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 39159 del 10/9/2019, NOME COGNOME, Rv. 277102; Sez. 5, n. 31250 del 25/06/2013, Rv. 256359; Sez. 4, n. 30867 del 17/06/2011, dep. 03/08/2011, Rv. 250902; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011, dep. 2012, Rv. 252085).
2.2. Sono manifestamente infondati i due motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME, attinenti:
all’illegalità della pena irrogata, sul presupposto che il giudice del patteggiamento avrebbe dovuto rideterminare l’intera pena in continuazione e non soltanto l’aumento sulla quota sanzionatoria già inflitta con sentenza definitiva;
alla mancata sostituzione in lavoro di pubblica utilità della pena detentiva interamente da infliggersi al ricorrente, e non soltanto dell’aumento di due mesi determinato a titolo di continuazione.
Difatti, l’istanza di patteggiamento presentata dalla difesa, e allegata al ricorso, non corrisponde alle denunce agitate, poiché essa può essere interpretata agevolmente nel senso compreso dal GUP; laddove la lettura proposta dal
ricorrente appare frutto di una forzatura, volta a giustificare gli argomenti difensivi.
Deve rilevarsi, infatti, che il ricorrente, nella richiesta di patteggiamento su cui si è formato l’accordo delle parti, fa istanza di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, riferendosi alla pena patteggiata pari a due mesi di reclusione a titolo di aumento per la continuazione con altra condanna passata in giudicato.
La pena è stata da lui stesso indicata in tali termini (il riferimento alla pena già inflitta con il precedente giudicato ed a quella risultante dall’aumento determinato, appunto, con il patteggiamento richiesto è meramente descrittivo) e, innegabilmente, è pari a due mesi di aumento per la continuazione con quella determinata con riguardo ai reati già giudicati con la sentenza definitiva n. 3692 del 2023 emessa dal GUP del Tribunale di Milano.
Da tali considerazioni discendono, da un lato, l’assenza di profili di illegalità della pena; dall’altro, la manifesta infondatezza dell’argomento di censura con cui si è eccepita la mancata corrispondenza della sanzione determinata dal provvedimento impugnato con il patto sancito dalle parti, per non essersi proceduto alla sostituzione dell’intera pena con il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, piuttosto che alla sostituzione dei soli due mesi di reclusione inflitti titolo di aumento in continuazione.
Il ricorso di NOME COGNOME è, invece, centrato, limitatamente alle ragioni che si indicheranno di seguito.
3.1. I primi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
Come si è già evidenziato al par. 2.1., la disposizione dell’art. 448, comma 2bis, cod, proc. pen. non consente la proposizione di motivi che attengono alla violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. o alla determinazione e giustificazione del trattamento sanzionatorio non illegale.
Il ricorrente si limita a dolersi, anche in questo caso, come già per il ricorso del coimputato COGNOME, molto genericamente e senza considerare i contenuti della pronuncia impugnata, della mancanza di motivazione circa l’affermazione di responsabilità e del vizio di asserita, inadeguata motivazione della dosimetria sanzionatoria, che si contesta in sé, in relazione agli indicatori normativi previsti dall’art. 133 cod. pen., senza tener conto delle adeguate ragioni giustificative spese al riguardo dalla sentenza di patteggiamento impugnata.
Il giudice del patteggiamento ha spiegato sinteticamente la sussistenza di un quadro probatorio adeguato e idoneo ad escludere una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e tanto è sufficiente ai fini del sindacato positivo sulla
legittimità della decisione dal punto di vista di eventuali, proposti vizi d motivazione. Allo stesso modo è accaduto per il trattamento sanzionatorio.
3.2. I motivi aggiunti, invece, prospettano una questione fondata, anch’essa attinente alla determinazione della pena; vale a dire l’applicazione, nonostante il patto non ne avesse dato conto, delle sanzioni accessorie fallimentari previste dall’ultimo comma dell’art. 216 I. fall., a titolo di aumento per la continuazione con la condanna passata in giudicato (di cui alla sentenza n. 575 del 2023 del Tribunale di Bari, irrevocabile dal 6.10.2023), in relazione alla quale era stata proposta richiesta ai sensi dell’art. 81, cpv., cod. pen.
Ebbene, a seguito della modifica dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, rientra nel potere negoziale delle parti anche l’esclusione delle pene accessorie obbligatorie (Sez. 5, n. 21177 del 24/04/2024, Fantini, Rv. 286386).
L’assenza nel patto di una indicazione relativa alle pene accessorie fallimentari implica che, alla luce della disposizione novellata e aderendo alla giurisprudenza di legittimità appena citata, la statuizione relativa alle pene accessorie fallimentari deve essere eliminata e a ciò può procedere anche la Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 620, primo comma, lett. I), cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente a tale parte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e di COGNOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti COGNOME NOME e limitatamente alle pene accessorie che elimina. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso il 11/07/2025.