Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37941 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 1342/2023 del Tribunale di Palermo del 11 ottobre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena irrogata.
RITENUTO IN FATTO
Avendo il Tribunale di Palermo, con sentenza emessa in data 11 ottobre 2023, applicato, per quanto ora interessa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pe a COGNOME NOME, imputato, in concorso con tale COGNOME NOME, di reati in materia di sostanze stupefacenti, la pena della reclusione per la durata d anni 4 e quella della multa per l’importo di euri 20.000,00 la quale, visti gli ar 20-bis cod. pen. e 53 e 56 della legge n. 689 del 1981, era stata oggetto, quanto alla pena detentiva, di sostituzione con quella degli arresti domiciliar per la corrispondente durata e con la applicazione di una ampia serie di prescrizioni minuziosamente dettagliate nel dispositivo della sentenza emessa, avverso di essa il COGNOME, tramite la propria difesa fiduciaria, proponeva ricorso per cassazione, affidando le proprie doglianze a due motivi di impugnazione.
Con un primo motivo di impugnazione il ricorrente si è doluto della circostanza che, sebbene il Pm e l’imputato avessero raggiunto un accordo in ordine alla determinazione della pena da applicare al prevenuto, il Giudice, senza che ne fosse stata fatta alcuna richiesta, ha provveduto ad applicare una pena diversa da quella concordata, procedendo di sua iniziativa alla sostituzione della pena detentiva con altra misura.
Con il secondo motivo il ricorrente si è lagnato che il giudicante abbia provveduto nel senso dell’accoglimento della istanza di patteggiamento, senza operare una seria verifica in ordine alla possibilità di addivenire ad una sentenza di proscioglimento nei confronti dell’imputato, ai sensi dell’art. 129 cod. proc pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che saranno di seguito indicati.
Prendendo in esame in via prioritaria il secondo motivo di impugnazione, stante la sua logica prevalenza rispetto allo scrutinio del restante motivo d ricorso, se ne rileva la evidente inammissibilità.
Premesso, infatti, che la sentenza oggetto di impugnazione è una sentenza applicativa di pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. e che l doglianza svolta dal ricorrente ha ad oggetto il ritenuto difetto di motivazione della medesima per non avere il giudicante esposto le ragioni in forza delle quale egli non era pervenuto alla pronunzia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., risulta agevole a questa Corte rinviare
granitico indirizzo interpretativo secondo il quale la sentenza del giudice di merìto che applichi la pena su richiesta delle parti escludendo che ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione II penale, 24 settembre 2019, n. 39159, rv 277102; nello stesso senso, fra le svariate: Corte di cassazione, Sezione II penale, 1 febbraio 2018, n. 4727, rv 272014), circostanza quest’ultima neppure allegata dalla ricorrente difesa.
Fondato è, viceversa, il secondo motivo di impugnazione; al riguardo va premesso che, in base alla previsione di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., la impugnazione delle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. è consentita, fra le altre peculiari ipotesi ivi espressamente previste, nel caso in cui sia dedotta l’esistenza di un “difetto di correlazione fra la richiesta e la sentenza”; è, in effetti, già in astratto, questo il caso di fronte al quale ci si trova, atteso che il ricorrente ha dedotto che la sua difesa ed il Pubblico ministero avessero raggiunto un accordo sulla applicazione della pena di anni 4 di reclusione ed euri 20.000,00 di multa, laddove in sentenza il Tribunale avrebbe applicato, senza che ne fosse stata fatta alcuna richiesta da parte del COGNOME, una pena sostitutiva della reclusione, nella specie quella della detenzione domiciliare, peraltro corredata da una articolata congerie di prescrizioni accessorie, per durata identica a quella della reclusione sulla quale era stato raggiunto l’accordo fra il ricorrente ed il Pubblico ministero.
Questi essendo i termini della questione deve, in prima battuta, rilevarsi che, dall’esame del testo del provvedimento impugnato emerge che la richiesta di sostituzione della pena detentiva in altra misura sanzionatoria, è stata formulata solamente dal coimputato COGNOME e non anche dal COGNOME.
Ora, senza dovere entrare nel merito della questione avente ad oggetto la astratta possibilità da parte del giudice, tanto più se di primo grado, di disporre ex officio la sostituzione della pena detentiva con altra pena (sulla cui tematica si rínvia, per ulteriori riferimenti alla motivazione dí Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 marzo 2024, n. 12760, non massimata sul punto), si rileva che una tale possibilità è stata espressamente esclusa da parte di questa Corte, con orientamento che appare tuttora pienamente condivisibile, in tutte le ipotesi, estranee alla celebrazione del processo tramite il rito ordinario, in cui la determinazione del trattamento sanzionatorio sia stato il frutto di una intesa negoziale, atteso che, diversamente, i termini dell’accordo
sarebbero stravolti ed il tipo di sanzione concordata risulterebbe mutato per effetto di un’autonoma iniziativa del giudice e non dei soggetti che hanno concluso il negozio processuale (si veda: al riguardo, con espresso rìferimento proprio al patteggiamento: Corte di cassazione, Sezione V penale, 13 aprile 2011, n. 15079, rv 250172; ed anche, Corte di cassazione, Sezione VI penale, 14 luglio 2023, n. 30737, rv 284978, ord., ove si legge che il giudice del patteggiamento può applicare una delle pene sostitutive di cui agli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della legge n. 689 del 1981 solo se tale sostituzione sia stat oggetto dell’accordo, e, con riferimento all’istituto, per ampi versi analogo, dell definizione del giudizio ex art. 599-bis cod. proc. pen.: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 2 novembre 2023, n. 43980, rv 285484).
Cosa, quella dianzi paventata, che si è puntualmente verificata nella presente fattispecie, nella quale, senza che la istanza fosse promanata dal ricorrente ora in esame, il giudice ha disposto motu proprio la sostituzione della pena concordata con altra sanzione.
Circostanza questa che, di per sé, evidenzia la fondatezza della impugnazione ora presentata dal COGNOME.
Né ritiene questa Corte che nella fattispecie il ricorso debba essere considerato inammissibile, stante la mancanza di interesse del ricorrente (si tratta, infatti, del solo imputato) a vedersi applicata non la sanzione sostituti ma quella che era stata concordata fra le parti, considerato che l’interesse d questo ad impugnare il provvedimento emesso dal Tribunale è insito nella stessa esigenza di dare corso, rispettandola e non violandola, alla espressione della sua volontà, quale si era manifestata in occasione dell’intervenuto accordo con la pubblica accusa su durata e tipologia della pena da applicarsi a suo carico.
Rileva, infine, il Collegio che non vi è luogo all’annullamento integrale della sentenza, considerato che, attraverso la mera eliminazione deila statuizione disposta di ufficio da parte del giudicante, vengono integralmente e definitivamente ripristinati i termini del primigenio accordo intercorso fra l’imputato e la pubblica accusa, sulla cui pristina congruità il giudicante si e testualmente espresso allorché aveva segnalato, riferendosi anche al COGNOME, che “Risulta quindi congrua, ex artt. 133 e 133-bis c.p., la pena chiesta nell misura finale che segue. Per COGNOME, di anni 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa”.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente alla sostituzione della pena disposta nei confronti del COGNOME, dovendo
questa, unitamente alle prescrizioni poste a corredo della medesima, essere eliminata, con l’integrale rispristino della applicazione della pena concordata fra le parti.
Come dianzi precisato, nel resto il ricorso è inammissibile.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla sostituzione della pena della reclusione con la detenzione domiciliare, sostituzione che elimina.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente