Patteggiamento e Motivazione della Sentenza: i Chiarimenti della Cassazione
La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, meglio nota come patteggiamento, rappresenta una scelta strategica che comporta conseguenze precise, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato sulla patteggiamento motivazione, confermando che chi sceglie questo rito accetta implicitamente una valutazione giudiziale più snella e non può successivamente lamentare una motivazione troppo sintetica. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.
Il Caso: dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara aveva applicato a un imputato, su accordo con il Pubblico Ministero, una pena di due anni e sei mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per il reato di tentata rapina aggravata. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione.
Il ricorso si basava sull’idea che il giudice non avesse adeguatamente spiegato le ragioni della sua decisione. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso inammissibile.
La specificità della patteggiamento motivazione
Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella natura stessa della sentenza di patteggiamento. La Corte spiega che la motivazione in questo contesto si articola in una duplice valutazione:
1. Valutazione Positiva: Il giudice deve verificare la sussistenza dell’accordo tra le parti, la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, la congruità della pena concordata (nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione) e l’eventuale concedibilità della sospensione condizionale della pena, se richiesta.
2. Valutazione Negativa: Il giudice deve escludere la presenza di cause di non punibilità o di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
La Corte sottolinea che, mentre la valutazione positiva richiede una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto, la valutazione negativa necessita di una motivazione esplicita solo se dagli atti emergono elementi concreti che potrebbero portare a un proscioglimento. In caso contrario, è sufficiente una semplice, anche implicita, attestazione di aver effettuato tale controllo con esito negativo.
L’Inammissibilità del Ricorso Generico
La Cassazione ribadisce un principio consolidato: l’accertamento della responsabilità nella sentenza di patteggiamento è solo implicito e non deve essere espressamente motivato. Il patteggiamento si fonda su un accordo che copre tutti gli elementi del reato e della pena, e presuppone una sostanziale ammissione di responsabilità da parte dell’imputato.
Di conseguenza, quando il giudice accetta integralmente la proposta delle parti, la motivazione è necessariamente sintetica ed essenziale. L’imputato non ha interesse a lamentarsi di una motivazione scarna, poiché la decisione del giudice coincide esattamente con la sua volontà processuale. Un ricorso, per essere ammissibile, non può essere generico, ma deve indicare specifiche e concrete violazioni di legge o vizi logici nel ragionamento del giudice, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la motivazione della sentenza impugnata è risultata pienamente conforme ai criteri richiesti per il rito del patteggiamento. Il giudice di primo grado aveva correttamente svolto il suo ruolo di controllo sulla legalità e congruità dell’accordo, senza dover entrare nel merito di una piena valutazione della colpevolezza. L’impugnazione proposta dall’imputato, al contrario, è stata giudicata ‘del tutto generica’ e, come tale, non meritevole di essere esaminata nel merito. La genericità del ricorso non ha permesso di individuare alcun vizio specifico che potesse inficiare la validità della sentenza.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento è una via che limita notevolmente le successive possibilità di impugnazione. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che la sentenza che ne deriverà avrà una motivazione snella, incentrata sulla correttezza dell’accordo e non su un’analisi approfondita delle prove. Per poter impugnare con successo una sentenza di patteggiamento, è necessario formulare un ricorso estremamente specifico, che individui un errore di diritto o un’evidente illogicità nel percorso decisionale del giudice riguardo ai presupposti del rito stesso, e non una generica insoddisfazione per il contenuto della motivazione.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivazione insufficiente?
Sì, ma con limiti precisi. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione è totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria riguardo ai presupposti del patteggiamento (es. qualificazione del reato, congruità della pena), non per una valutazione del merito della colpevolezza, che è esclusa da questo rito.
Cosa deve verificare il giudice prima di emettere una sentenza di patteggiamento?
Il giudice deve effettuare una duplice verifica: una ‘positiva’ sulla correttezza dell’accordo tra le parti (qualificazione giuridica, congruità della pena, eventuale sospensione condizionale) e una ‘negativa’ per escludere la presenza di cause di proscioglimento immediato previste dall’art. 129 c.p.p.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché ‘del tutto generico’. Non ha specificato in modo concreto quali violazioni di legge o vizi logici avesse commesso il giudice, limitandosi a una lamentela generica sulla motivazione, che nel rito del patteggiamento è per sua natura sintetica ed essenziale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19178 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 19178 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato a Ortona il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 07/11/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano ex art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pescara applicava a NOME COGNOME la complessiva pena di anni due, mesi sei di reclusione ed euro 1.400 di multa per il reato di tentata rapina aggravata.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione per lamentare violazione di legge e vizio di motivazione.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. La motivazione della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. si esaurisce in una duplice delibazione, una positiva e l’altra negativa. Positiva, quanto all’accertamento: a) della sussistenza dell’accordo tra le parti sull’applicazione di una determinata pena; b) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, nonché dell’applicazione o della comparazione delle eventuali circostanze; c) della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, comma 3 Cost.; d) della concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata al riconoscimento del beneficio. Negativa, quanto all’esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive devono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di diritto, mentre per quanto riguarda il giudizio negati sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129, l’obbligo del motivazione, per la natura stessa della delibazione, sussiste soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ord alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi; in caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di avere effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129. Invero, l’accertamento della responsabilità, proprio perché solo implicito, non deve essere espressamente motivato essendo estraneo alla sentenza di patteggiamento che si fonda su un accordo delle parti su tutti gli elementi relativi al reato e alla pena nonché su una sostanziale ammissione di responsabilità dell’imputato (cfr., Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, COGNOME, Rv. 191135). Di conseguenza, si è affermato in giurisprudenza che, quando il giudice accetta integralmente la proposta delle parti dopo aver valutato la presenza delle condizioni previste dalla legge per la pronuncia della sentenza di patteggiamento, la motivazione dev’essere necessariamente sintetica ed essenziale, non avendo l’imputato interesse a lamentarsi di siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica posto che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile (Sez. 1, n. 4951 del 31/10/1994; Padilla Chavez, Rv. 199800). Pertanto, con specifico riferimento alla nullità della sentenza per difetto di motivazione si è statuito che non può essere denunciata per vizio di motivazione la sentenza che, sia pur sinteticamente, ma compiutamente e comunque con adeguatezza, palesa che il giudice abbia preso in esame i fatti salienti evidenziati dagli atti ed abbia indicato le ragioni essenziali d convincimento al quale il medesimo è pervenuto in ordine alla corretta Corte di Cassazione – copia non ufficiale
qualificazione giuridica dei fatti stessi e alla congruità della pena applicabile Sez. 6, n. 1109 del 11/07/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 186280).
La motivazione della sentenza qui ricorsa è pienamente conforme ai sunnominati criteri; di contro, l’impugnazione proposta si rivela del tutto gen e, come tale, inammissibile.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 27/03/2024.