Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale, pensato per deflazionare il carico giudiziario. Tuttavia, la scelta di questo rito alternativo comporta precise conseguenze, soprattutto riguardo alle possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza i confini entro cui un ricorso può essere considerato ammissibile, confermando che un patteggiamento inammissibile è una conseguenza frequente quando i motivi di appello non sono conformi alla legge. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la logica del legislatore e della giurisprudenza.
Il Contesto del Caso: Ricorso Contro un Patteggiamento
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale. L’imputato aveva concordato una pena per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa e ratificato dal giudice, l’imputato ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte: un patteggiamento inammissibile
La Suprema Corte ha risolto la questione in modo netto e rapido, utilizzando una procedura de plano, ovvero senza udienza. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dal ricorrente non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di questo tipo. Questo approccio conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che mira a preservare la natura negoziale e definitoria del patteggiamento.
La Sufficienza della Motivazione nel Patteggiamento
Un punto centrale della decisione riguarda la motivazione della sentenza impugnata. Spesso si discute se il giudice del patteggiamento debba argomentare in modo esteso l’assenza di cause di proscioglimento. La Cassazione ha ribadito che un semplice richiamo all’articolo 129 del codice di procedura penale è sufficiente. Questo riferimento implica che il giudice ha compiuto la sua valutazione e ha escluso la presenza di evidenti cause di assoluzione, senza la necessità di una disamina analitica. La logica è che, nel patteggiamento, non si richiede una prova piena della colpevolezza, ma una base probatoria sufficiente a escludere l’evidenza dell’innocenza.
I Motivi non Consentiti per l’Impugnazione
Con il patteggiamento, l’imputato rinuncia a contestare il merito dell’accusa in cambio di uno sconto di pena. Di conseguenza, non può poi, in sede di impugnazione, sollevare questioni relative alla valutazione delle prove o alla sua colpevolezza. Il ricorso è ammesso solo per motivi strettamente giuridici, come un errore nel calcolo della pena, l’errata qualificazione giuridica del fatto o la violazione di norme procedurali.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha fondato la sua decisione su un principio di coerenza del sistema. Consentire un’ampia facoltà di impugnazione snaturerebbe l’istituto del patteggiamento, trasformandolo in una sorta di primo grado di giudizio da cui appellare liberamente. La giurisprudenza, citata anche nell’ordinanza (Sez. 6, n. 15927/2015), è pacifica nel ritenere che la verifica del giudice debba limitarsi all’assenza di palesi cause di non punibilità. Nel caso specifico, peraltro, gli elementi a carico dell’imputato erano chiari fin dall’imputazione: la condotta di resistenza e il possesso di stupefacente già suddiviso in dosi pronte per la vendita erano fatti concreti che rendevano l’accusa sostenibile e allontanavano ogni ipotesi di evidente innocenza.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame è un importante promemoria sulle conseguenze della scelta del patteggiamento. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente limitate. La decisione della Cassazione non solo dichiara il patteggiamento inammissibile, ma condanna anche il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione serve da deterrente contro ricorsi pretestuosi o dilatori. In sintesi, la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che richiede un’attenta valutazione dei suoi benefici e delle sue rinunce, tra cui quella, fondamentale, a un’ampia facoltà di impugnazione nel merito.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per motivi specifici previsti dalla legge, come errori nella qualificazione giuridica del fatto, nel calcolo della pena o violazioni procedurali. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la colpevolezza dell’imputato.
Perché il giudice del patteggiamento non deve motivare in modo approfondito l’assenza di cause di assoluzione?
Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente che il giudice verifichi e attesti di aver escluso la presenza di cause evidenti di proscioglimento (ai sensi dell’art. 129 c.p.p.). Non è richiesta una motivazione analitica perché il rito si basa su un accordo tra le parti e non su un accertamento pieno della responsabilità.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46921 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46921 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 06/02/1995
avverso la sentenza del 03/05/2024 del GIP TRIBUNALE di AVEZZANO
udita la relazione svol a dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di El COGNOME udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso avverso la sentenza di applicazione pena per i reati di cui agli artt. 337 cod. pen. e 73, d.P.R. n. 309/1990 deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché i motivi proposti non sono consentiti in relazione alla tipologia di sentenza impugnata.
E’ pacifico nella giurisprudenza di legittimità che nella motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. – come nel caso di specie è avvenuto – è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (così, tra le tante, Sez. 6, n. 15927 del 01/04/2015, COGNOME, Rv. 263082) la cui sussistenza deve risultare con carattere di evidenza e tanto più che nella sentenza impugnata, fin dal capo di imputazione, sono individuati precisi elementi di fatto che rinviano alla illiceità delle condotte d resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.) e detenzione a fini di cessione di sostanze stupefacenti, per modalità e circostanze della condotta (detenzione di dosi di stupefacente già confezionate in dosi da strada);
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
La Consiglier COGNOME latrice
La -Presid nte