Patteggiamento in Appello: L’Impossibilità di Ricorrere in Cassazione
L’istituto del Patteggiamento in Appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue conseguenze procedurali sono nette e irrevocabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi accetta di concordare la pena in secondo grado rinuncia implicitamente a contestare la propria colpevolezza, rendendo inammissibile un successivo ricorso fondato su tali motivi. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
Il Caso in Esame: Dall’Appello alla Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per gravi reati, tra cui usura ed estorsione aggravata. In sede di appello, la difesa e la Procura Generale avevano raggiunto un accordo sulla pena, applicando l’istituto del patteggiamento in appello. La Corte d’Appello, prendendo atto dell’accordo e della rinuncia ai motivi di gravame, aveva quindi rideterminato la sanzione penale.
Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni di merito: l’errata qualificazione giuridica dei reati di estorsione, che a suo dire avrebbero dovuto essere inquadrati nella meno grave fattispecie di cui all’art. 393 c.p., e la mancanza di prova della condotta tipica per i reati di usura. Di fatto, si tentava di rimettere in discussione l’affermazione di responsabilità, nonostante il patteggiamento.
La Decisione della Suprema Corte e il Patteggiamento in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle censure sollevate. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa degli effetti prodotti dal patteggiamento in appello. I giudici hanno chiarito che questo istituto, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, si basa su un presupposto imprescindibile: la rinuncia dell’appellante ai motivi di impugnazione.
Questa rinuncia non è una mera formalità, ma un atto processuale che limita l’oggetto del giudizio d’appello alla sola valutazione della correttezza della pena concordata. Di conseguenza, ogni questione relativa alla colpevolezza, alla qualificazione del reato o alla valutazione delle prove deve considerarsi coperta dalla rinuncia.
Le Motivazioni: Perché il Patteggiamento in Appello preclude il ricorso?
La Suprema Corte ha spiegato che la rinuncia ai motivi d’impugnazione, necessaria per accedere al concordato sulla pena, genera una preclusione processuale. Questo significa che l’imputato perde la facoltà di contestare i punti della sentenza di primo grado a cui ha rinunciato. L’effetto devolutivo dell’appello viene così drasticamente ridotto alla sola questione della pena.
Il giudice d’appello, in caso di accordo, non deve motivare sulla responsabilità penale dell’imputato, ma solo sulla congruità della pena patteggiata. Pertanto, consentire un successivo ricorso per Cassazione che rimetta in gioco la colpevolezza sarebbe una palese contraddizione logica e giuridica. Si creerebbe una situazione in cui l’imputato, dopo aver beneficiato di uno sconto di pena rinunciando a difendersi nel merito, tenta di riaprire quella stessa discussione in un’altra sede. Questo, secondo la Corte, non è ammissibile. La rinuncia ai motivi ha un effetto definitivo che si estende anche al giudizio di legittimità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e offre importanti indicazioni pratiche. La scelta di accedere al patteggiamento in appello deve essere attentamente ponderata dalla difesa, poiché comporta la definitiva cristallizzazione dell’affermazione di responsabilità. È una scelta strategica che baratta la possibilità di ottenere un’assoluzione o una riqualificazione del reato con la certezza di una pena più mite.
Una volta intrapresa questa strada, non è più possibile fare marcia indietro e contestare il merito della condanna davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso sarà ammesso solo per vizi relativi all’accordo stesso (es. errore di calcolo della pena) ma non per questioni attinenti alla colpevolezza. La pronuncia, quindi, rafforza la natura dispositiva dell’istituto, sottolineando che l’accordo tra le parti, una volta ratificato dal giudice, limita irrevocabilmente l’ambito del contenzioso.
È possibile fare ricorso in Cassazione per contestare la colpevolezza dopo aver accettato un patteggiamento in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la richiesta di patteggiamento in appello (art. 599-bis c.p.p.) implica la rinuncia ai motivi di impugnazione relativi alla colpevolezza. Questa rinuncia crea una preclusione processuale che rende inammissibile un successivo ricorso basato sugli stessi motivi.
Qual è l’effetto della rinuncia ai motivi di appello quando si richiede un patteggiamento?
La rinuncia ai motivi limita la cognizione del giudice d’appello alla sola valutazione della pena concordata tra le parti. Il giudice non deve più motivare sulla responsabilità penale, poiché questa non è più oggetto di discussione. Questo effetto si estende anche al successivo giudizio di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile per questi motivi?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisano profili di colpa (come in questo caso), anche al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 112 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 04/12/2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 112 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a BOLLATE il 25/04/1982
avverso la sentenza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
LA Corte di Appello di Milano rideterminava, ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., la pena alla quale NOME NOME NOME era stato condannato per diversi reati di usura ed estorsione aggravata.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, lamentando l’errata qualificazione dei reati di estorsione, dovendo le relative condotte essere riqualificate nella violazione dell’art. 393 cod. pen. con la conseguenza che, mancando le denunce, si sarebbe dovuto pervenire a sentenza di non luogo a procedere; inoltre, la Corte di appello non aveva risposto alle censure secondo cui per i reati di usura non era stata dimostrata in alcun modo la condotta tipica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Si deve rilevare che a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui al nuovo art. 599-bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata Ł tenuto motivare soltanto relativamente alla pena, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione (come nel caso in esame, in l’appellante ha rinunciato ai motivi di gravame e
NOME COGNOME NOME COGNOME
SANDRA RECCHIONE
R.G.N. 35514/2024
concordato la pena con il Procuratore generale), la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, COGNOME, Rv.226707; Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245919); la rinuncia ai motivi determina una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non gli sia devoluto (in punto di affermazione di responsabilità ed altro, con effetti sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017 – dep. 27/11/2017, Ferro, Rv. 271258).
Discende l’inammissibilità del ricorso in esame; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 04/12/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME