Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46578 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIZZANO il 02/01/1962
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in riforma della sentenza del Tribunale cittadino, con la quale NOME COGNOME era stato condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 (detenzione a fini di spacc di gr. 109,27 di hashish con mg. 25.451 di principio attivo, pari a n. 1018 dosi sing da mg. 25 ciascuna, in Taranto il 16/5/2023) alla pena di anni cinque di reclusione ed euro 25.000,00 di multa, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e rideterminato la pena in anni tre di reclusione ed euro 7.500,00 di multa, sostituend l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea e revocando l’interdizione legale, con conferma nel resto.
Pertanto, la Corte del gravame ha ritenuto la propria competenza a decidere sull’istanza di patteggiamento siccome rinnovata dalle parti, rigettandola per non avere le parti considerato la recidiva contestata, esprimendo su tale elemento circostanziale un giudizio di conformità rispetto a quello del primo giudice, rilevando il silenzio d parti nell’accordo. Quanto alla sua sussistenza, poi, nell’affrontare gli ulteriori
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di impugnazione (dato atto della rinuncia a quello inerente l’affermazione responsabilità), quel giudice ha ritenuto correttamente contestata la recidi qualificata, richiamando i precedenti penali dell’imputato (quattro per furto, tr ricettazione, altri per estorsione e detenzione illecita di armi e sei per detenzio spaccio di stupefacenti), il cui dipanarsi in diversi decenni (dal 1982 al 2020) ritenuto indicativo di una scelta di vita improntata al delitto, della pervicacia cri del COGNOME, valutando anche la natura dei precedenti, ivi incluso una minaccia a pubblico ufficiale consumata all’interno di un carcere, condotta considerat assolutamente significativa di una mancanza di rispetto per le regole e per chi rappresenta.
Ha, pure, escluso la riqualificazione del fatto nei termini di cui all’art. 73, c 5, d.P.R. n. 309/1990, rinviando al dato ponderale, ritenuto significativo nei termin cui all’imputazione, ma anche alle modalità della condotta, avuto riguardo all’osservat andirivieni di assuntori e alla spregiudicatezza del COGNOME che aveva agito nonostante fosse sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, elementi tutti dai quali ha tratto anche l’insussistenza dell’invoc attenuante di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., avendo il COGNOME agito in manie professionale per conseguire lauti guadagni in ragione della quantità di droga detenuta e spacciata.
Ha, invece, accolto il motivo inerente alle generiche, riconosciute in ragione d comportamento processuale dell’imputato che aveva, da un lato, fugato ogni equivoco sulle circostanze dell’arresto, dall’altro, favorito un veloce epilogo processuale.
3. La difesa ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto all decisione di rigetto dell’istanza di patteggiamento, rilevando l’irragionevolezza de ragioni sottostanti alla decisione, sia perché la mancata indicazione della recidi nell’accordo starebbe a significare che la stessa è stata esclusa dalle parti; sia quan al rilievo assegnato alla statuizione assunta dal Tribunale sul punto, dovendo il giudi del gravame porsi in una prospettiva iniziale analoga a quella che avrebbe dovuto assumere il primo giudice.
Con il secondo, ha dedotto analoghi vizi quanto alla mancata derubricazione del reato, rilevando l’inconducenza del dato ponderale, avuto riguardo al quantitativo d principio attivo ricavabile dalla droga sequestrata.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullamento con rinvio del sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso va rigettato.
2. Il primo motivo è infondato.
La Corte d’appello, nel valutare la rinnovata richiesta di applicazione della pena, effettivamente richiamato le conclusioni del Tribunale quanto alla recidiva, ma lo ha fa facendole proprie (vedi pag. 5 della sentenza impugnata) e svolgendo, dunque, il giudizio riservatole in ordine alla qualificazione giuridica del fatto e alla congruità della pena. È pr consolidato, infatti, che il giudice non è tenuto a uno specifico obbligo motivazion sull’esclusione della operatività di un’aggravante (nella specie, recidiva qualificata) conseguente aumento di pena, poiché la ratifica del patto implica il controllo sulla correttez non solo nella comparazione, ma anche nella applicazione delle aggravanti così come prospettate dalle parti, purché dia atto del compimento di tale verifica nella sentenza stessa (Sez. 6, 16187 del 24/01/2008, COGNOME, Rv. 239641 – 01; n. 5027 del 02/02/2012, COGNOME, Rv. 251791 – 01). A conferma di tale principio, la giurisprudenza ha più volte ribadito l’inammissibilit ricorso del procuratore generale presso la corte d’appello inteso a contestare la mancata applicazione della recidiva in caso di patteggiamento, atteso che il motivo si traduce in un reces dall’accordo, stante l’insussistenza di uno specifico onere motivazionale sull’esclusio dell’aggravante anzidetta, la ratifica dell’accordo, come detto, presupponendo l’effettuazione de relativo controllo sul punto che resta dunque prerogativa giudiziale ai fini del giudizio congruità della pena pattuita (Sez. 1, n. 10067 del 12/02/2014, Taga, Rv. 259473 – 01; Sez. 6, n. 10435 del 15/02/2018, Berciu, Rv. 272245 – 01; sul controllo giudiziale dell’accordo, ve anche Sez. 3, n. 12691 del 10/10/2018, dep. 2019, Lighezan, Rv. 275930 – 01; Sez. 5, n. 3779 del 24/11/2020, dep. 2021, Giuliano, Rv. 280417 – 01, in cui si è precisato che l’apprezzamento sulla congruità o meno della pena proposta non può essere espressione di un giudizio arbitrario, svincolato da qualsivoglia parametro, non solo di legittimità, ma anche di ragionevolezza, ma deve costituire l’esito di un giudizio complesso che, utilizzando i criteri previsti nell’a comma 2, cod. proc. pen., tenuto conto delle finalità della pena di cui all’art. 27 Cost., perve ad una valutazione di sostanziale adeguatezza del trattamento sanzionatorio concordato rispetto all’oggettiva entità del fatto in contestazione ed alla personalità dell’imputato, seco parametri dell’art. 133 cod. pen.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Da ciò si trae, dunque, conferma della correttezza della valutazione operata dalla Corte territoriale che, investita del vaglio sulla base degli atti, come previsto dall’art. 444, com cod. proc. pen., ha ritenuto l’accordo sulla pena incongruo in relazione al disvalore de condotta, valutato in ragione della maggiore pericolosità espressa dall’imputato.
3. Il secondo motivo è, invece, manifestamente infondato.
La difesa ha inteso proporre con il ricorso censure che riproducono e reiterano gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello, motivatamente respinti dal giudice di seco grado, senza confrontarsi criticamente con tutti gli argomenti utilizzati nel provvedimen impugnato, ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta violazione di legge, tuttavia insussistente, e a dissentire dalla valutazione di merito operata dai giudici territo sostenuta da un ragionamento giustificativo del tutto congruo, non contraddittorio e neppure
manifestamente illogico (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, sui motiv d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione; sez. 2, n. 278 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282949 – 01).
Il giudice del gravame, infatti, ha valorizzato, per negare la riqualificazione del fat reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, non solo il dato ponderale, sul qua si sono concentrate le critiche difensive, ma anche le modalità della condotta e la personali dell’imputato, elementi certamente riconducibili ai parametri di legge. La configurabilità delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, postula un’adegu valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, e al quantità e qualità delle sostanze, con riferimento al grado di purezza, sì da perveni all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensiv proporzionalità della pena (Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, COGNOME, Rv. 285706 – 01, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva escluso la liev entità del fatto, valorizzando, come nella specie, il livello di professionalità del traffico, des dal grado di purezza della sostanza e dal numero di dosi ricavabili; sez. 3 n. 12551 de 14/02/2023, COGNOME, Rv. 284319 – 01, in cui si è precisato che la qualificazione del fatto ai se dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo da quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hann riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessar fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma).
Ciò che, nel caso all’esame, la Corte d’appello ha effettuato, escludendo una complessiva minore portata offensiva dell’attività illecita, alla luce di elementi fattuali che ha indicativi di uno svolgimento professionale di una attività di spaccio duratura (Sez. 6, n. 45 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284149 – 02).
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso il 27 novembre 2024