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Patteggiamento in appello: limiti del ricorso

Quattro individui, dopo aver definito la loro posizione con un “patteggiamento in appello” per reati legati agli stupefacenti, hanno presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, sottolineando che l’accordo sulla pena in appello limita la cognizione del giudice e preclude la possibilità di sollevare questioni relative a un eventuale proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento processuale finalizzato a definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile i limiti di un successivo ricorso per l’annullamento della sentenza, specialmente quando si invoca l’applicazione delle cause di non punibilità. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

Il Contesto Processuale: Dall’Accordo al Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da quattro individui avverso una sentenza della Corte d’Appello. In quella sede, le parti avevano concordato l’applicazione delle pene per violazioni della normativa sugli stupefacenti (art. 73, d.P.R. 309/1990), definendo così il processo tramite il meccanismo del patteggiamento in appello previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale.

Nonostante l’accordo, gli imputati hanno successivamente adito la Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza sulla base dell’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di dichiarare d’ufficio la presenza di cause di non punibilità. I ricorsi, tuttavia, non hanno superato il vaglio di ammissibilità.

I Limiti del Patteggiamento in Appello nella Visione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una spiegazione chiara sulla natura e gli effetti dell’accordo raggiunto in appello. L’ordinanza sottolinea un principio fondamentale: quando l’imputato accetta di concordare la pena e rinuncia ai motivi di appello, la cognizione del giudice viene circoscritta.

L’Effetto Devolutivo e la Rinuncia ai Motivi

L’istituto del patteggiamento in appello si basa sulla rinuncia dell’imputato ai motivi di gravame. Questo atto ha un effetto devolutivo limitato: il giudice di secondo grado è chiamato a decidere solo sui motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, questioni come la sussistenza di cause di nullità assoluta, l’inutilizzabilità delle prove o la presenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) si considerano superate dall’accordo stesso.

L’Inapplicabilità dell’Obbligo di Proscioglimento

Il cuore della decisione risiede proprio qui: il giudice d’appello che recepisce l’accordo tra le parti non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento dell’imputato. La logica è che la volontà di definire il processo con un patteggiamento implica un’accettazione del quadro probatorio e una rinuncia a far valere tali questioni. Tentare di riaprire la discussione in sede di legittimità costituisce, secondo la Corte, un’azione non consentita.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, richiamando una propria precedente pronuncia (Sez. 4, n. 52803/2018), ha ribadito che la cognizione del giudice, in caso di richiesta di applicazione pena in appello, è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. Dato che gli imputati non avevano allegato alcun elemento a favore delle proprie ragioni che potesse superare i limiti imposti dall’accordo, i ricorsi sono stati giudicati privi di fondamento e quindi inammissibili.

La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale preciso: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Una volta perfezionato l’accordo, le possibilità di impugnazione si riducono drasticamente. È precluso all’imputato rimettere in discussione il merito della vicenda processuale davanti alla Corte di Cassazione, invocando cause di proscioglimento che si presumono rinunciate con l’accordo stesso. La decisione serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e consapevole prima di accedere a tale rito alternativo, i cui benefici in termini di celerità e riduzione della pena si pagano con una significativa limitazione del diritto di impugnazione.

Dopo un patteggiamento in appello, è possibile ricorrere in Cassazione chiedendo il proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.?
No. L’ordinanza chiarisce che una volta accettato il patteggiamento e rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata. Pertanto, il giudice non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento, e tale questione non può essere validamente sollevata in sede di legittimità.

Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso di questo tipo?
In base all’art. 616 c.p.p., la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa che la cognizione del giudice è limitata in caso di patteggiamento in appello?
Significa che il potere del giudice di decidere è circoscritto solo ai motivi di appello ai quali l’imputato non ha rinunciato. A seguito dell’accordo, questioni come la sussistenza di cause di nullità, l’inutilizzabilità delle prove o l’esistenza di cause di proscioglimento vengono escluse dal suo esame, poiché si considerano superate dalla volontà delle parti di definire il processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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