Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento in appello rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza, che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di presentare un successivo ricorso in Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce i limiti invalicabili posti da questa scelta difensiva, sanzionando con l’inammissibilità i ricorsi che ne ignorano la natura.
I Fatti del Caso
Tre individui, condannati per reati legati agli stupefacenti, raggiungevano un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. Nonostante l’accordo, presentavano separati ricorsi per Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge. Uno contestava la mancata motivazione sull’assenza di cause di non punibilità e l’inadeguatezza della pena; un altro il vizio di motivazione sui criteri di commisurazione della pena; il terzo, infine, l’omessa motivazione sulle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
Patteggiamento in Appello e Inammissibilità: La Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del patteggiamento in appello: l’accordo sulla pena implica una rinuncia implicita a contestare i punti che ne sono oggetto. Di conseguenza, il successivo ricorso non può vertere su aspetti coperti dall’accordo stesso.
Limiti alla Motivazione del Giudice d’Appello
Il Collegio ha ribadito che, quando il giudice di secondo grado accoglie una richiesta di pena concordata, non è tenuto a fornire una motivazione specifica né sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p., né sull’insussistenza di nullità assolute o di cause di inutilizzabilità delle prove. La cognizione del giudice è circoscritta ai motivi di appello che non sono stati oggetto di rinuncia a seguito dell’accordo.
L’Effetto della Rinuncia ai Motivi di Appello
L’accordo processuale sulla pena ha un preciso effetto devolutivo: una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello per accordarsi sulla sanzione, il campo di indagine del giudice si restringe drasticamente. A maggior ragione, ha sottolineato la Corte, il giudice non deve motivare in merito alla pena, poiché questa è stata il risultato della volontà concorde delle parti. Contestare tali aspetti in Cassazione si traduce in un’azione processuale priva di fondamento giuridico.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte si basa sulla logica e sulla funzione del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017. L’istituto mira a definire il processo in modo più celere, offrendo all’imputato la certezza di una pena concordata in cambio della rinuncia a portare avanti determinate contestazioni. Permettere un ricorso successivo su punti che sono stati oggetto dell’accordo svuoterebbe di significato l’istituto stesso. L’effetto devolutivo dell’impugnazione è limitato dalla volontà delle parti: se l’imputato accetta una pena, non può poi dolersi della sua applicazione o della mancata valutazione di alternative (come il proscioglimento) che ha implicitamente escluso con la sua stessa richiesta.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica forense. La scelta di accedere al patteggiamento in appello è una decisione strategica che deve essere attentamente ponderata. Se da un lato offre il vantaggio di una definizione concordata della sanzione, dall’altro preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso per Cassazione. Gli unici motivi di ricorso che potrebbero residuare sono quelli estranei all’accordo, come vizi procedurali relativi alla formazione della volontà delle parti o all’applicazione di una pena illegale. Pertanto, l’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, una volta siglato l’accordo, la via per un’ulteriore impugnazione nel merito è, nella maggior parte dei casi, definitivamente chiusa, con la conseguenza, in caso di ricorso inammissibile, della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Dopo aver concordato un patteggiamento in appello, è possibile ricorrere in Cassazione per contestare l’entità della pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la pena concordata è il risultato di un accordo tra le parti. Pertanto, accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia a contestare la misura della pena, e un eventuale ricorso su questo punto è inammissibile.
Il giudice che ratifica un patteggiamento in appello deve motivare la mancata assoluzione dell’imputato?
No. L’ordinanza chiarisce che il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, poiché la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
Quali sono le conseguenze se un ricorso presentato dopo un patteggiamento in appello viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11503 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11503 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CATANIA il 04/05/2003 NOME nato il 21/10/1980 NOME nato a CATANIA il 14/07/2005
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
c L1223vviso allepartij
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 36610/24
Rilevato che COGNOME Gabriele, NOME COGNOME COGNOME Michael hanno concordato la pena in appello per il reato di cui agli art. 81 cpv, 110 cod. peri., 73, commi 1, 4 e 6, 80, comma 2, d.P n. 309 del 1990;
Rilevato che gli imputati hanno presentato separati ricorsi con i quali hanno lamentato: COGNOME la violazione di legge perché non vi era motivazione sull’assenza delle cause di non punibilità sull’esatta qualificazione del fatto e sull’inadeguatezza della pena; NOME COGNOME la violazione legge e il vizio della motivazione in merito ai criteri dell’art. 133 cod. pen.; COGNOME la viol di legge per omessa motivazione delle cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;
Rilevato che i ricorsi, da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis / cod. proc. pen., sono inammissibili perché, in tema di “patteggiamento in appello” come reintrodotto ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nul assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in ragione dell’effetto devolutivo p dell’impugnazione, per cui una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (ad es. Sez. 4, n. 52803 d 14/09/2018, Bouachra, Rv. 274522), né.a maggior ragione deve motivare sulla pena che è stata oggetto di accordo;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili e rilevato che a declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. peri., l’onere de spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente