Patteggiamento in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Preclude il Ricorso in Cassazione
L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Tuttavia, la sua applicazione comporta conseguenze precise, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha chiarito che l’accordo sulla pena in secondo grado implica una rinuncia ai motivi di appello legati alla responsabilità, limitando drasticamente i poteri di cognizione del giudice e precludendo future contestazioni. Analizziamo questa importante decisione.
Il Contesto del Caso: Dal Reato al Ricorso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per reati legati al contrabbando (artt. 291 bis e 291 ter d.P.R. 43/73), emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la procura generale hanno raggiunto un accordo sulla pena, applicando l’istituto del cosiddetto patteggiamento in appello previsto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello ha quindi rideterminato la sanzione in conformità a tale accordo.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, sostenendo una tesi specifica: a suo avviso, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non verificare, prima di ratificare l’accordo, la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., come l’evidenza che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso.
La Valutazione della Cassazione sul patteggiamento in appello
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Il cuore della decisione risiede nella natura stessa dell’accordo processuale e nei suoi effetti sul perimetro della valutazione giudiziale.
L’Effetto Devolutivo e la Scelta Strategica dell’Imputato
I giudici hanno sottolineato che il patteggiamento in appello si basa su una scelta volontaria e strategica dell’imputato. Accettando di concordare la pena, l’imputato rinuncia esplicitamente agli altri motivi di appello, in particolare quelli che contestano la sua responsabilità penale. Questa rinuncia attiva il cosiddetto “effetto devolutivo” dell’impugnazione: la cognizione del giudice viene circoscritta esclusivamente ai punti non coperti dalla rinuncia, ovvero all’accordo sulla pena.
I Limiti Cognitivi del Giudice nel patteggiamento in appello
Di conseguenza, il giudice di secondo grado, una volta che le parti hanno formalizzato l’accordo, non ha più il potere né il dovere di riesaminare il merito della vicenda per cercare eventuali cause di proscioglimento. La sua valutazione si concentra sulla correttezza dell’accordo, sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla congruità della pena concordata. Qualsiasi doglianza relativa alla mancata declaratoria di assoluzione risulta, pertanto, preclusa dalla stessa scelta processuale dell’imputato.
Le Motivazioni dell’Inammissibilità
La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su un principio di coerenza e logica processuale. L’imputato, avendo rinunciato ai motivi di appello sulla responsabilità per ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole tramite l’accordo, non può successivamente contestare in Cassazione la mancata valutazione di quegli stessi aspetti a cui ha volontariamente rinunciato.
Secondo la Cassazione, la cognizione del giudice d’appello, a seguito dell’accordo, è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. La doglianza relativa alla mancata verifica delle cause di proscioglimento è dunque preclusa. Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile perché presentato per ragioni non consentite dalla legge in relazione alle sentenze emesse ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un importante monito per la difesa. La scelta di accedere al patteggiamento in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con attenzione. Se da un lato può garantire una pena certa e più mite, dall’altro comporta la definitiva rinuncia a far valere motivi di impugnazione che attengono al merito della responsabilità.
Gli avvocati devono informare chiaramente i propri assistiti che, una volta siglato l’accordo, non sarà più possibile sollevare questioni relative a un’eventuale assoluzione nel merito. La sentenza ribadisce la natura negoziale dell’istituto e la sua funzione deflattiva, escludendo che il giudice possa o debba sostituirsi alle parti nel valutare aspetti del processo a cui esse stesse hanno deciso di rinunciare.
Quando si sceglie il ‘patteggiamento in appello’, il giudice deve comunque verificare se esistono cause di assoluzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, accettando il ‘patteggiamento in appello’ ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., l’imputato rinuncia ai motivi di appello relativi alla sua responsabilità. Di conseguenza, la cognizione del giudice è limitata alla correttezza dell’accordo tra le parti e non si estende alla verifica delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.
Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello nel contesto di un accordo sulla pena?
La rinuncia ai motivi di appello, a seguito di un accordo sulla pena, limita il potere di valutazione del giudice ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia stessa. Questo ‘effetto devolutivo’ impedisce di rimettere in discussione la responsabilità penale dell’imputato, concentrando il giudizio unicamente sulla congruità della pena concordata.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su una presunta violazione (la mancata verifica delle cause di proscioglimento) che era stata preclusa dalla stessa scelta processuale dell’imputato. Avendo egli rinunciato ai motivi sulla responsabilità per patteggiare la pena, non poteva poi legittimamente lamentare in Cassazione la mancata valutazione di quegli stessi aspetti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18777 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18777 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, provvedendo sulla impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 20/2/2023 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con cui ne era stata affermata la responsabilità in relazione al reato di cui agli artt. 291 bis e 29 d.P.R. 43/73, ha rideterminato la pena sulla base di quanto concordato dalle parti, ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen.
Considerato che avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la mancata verifica della insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Osservato che a seguito della reintroduzione del cosiddetto patteggiamento in appello, per opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice d secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599 bis cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di circostanz aggravanti in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata motivi non oggetto di rinuncia (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME e altro, Rv. 272853; Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522), cosicché la doglianza in ordine alla mancata verificata della insussistenza di dette cause di prosciolgimento risulta preclusa, nel caso in esame, dalla rinuncia ai motivi di impugnazione relativi alla responsabilit con la conseguente inammissibilità del ricorso, presentato per ragioni diverse da quelle consentite avverso sentenze rese ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abb proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente