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Patteggiamento in Appello: Limiti all’Impugnazione

Un imputato, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha visto la sua pena ridotta in secondo grado grazie a un accordo. Tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che il patteggiamento in appello comporta una rinuncia ai motivi di impugnazione e che tale rinuncia non è di per sé sufficiente per ottenere le attenuanti, specialmente in presenza di una recidiva specifica e reiterata.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che può portare a una riduzione della pena. Tuttavia, come chiarisce una recente ordinanza della Corte di Cassazione, questa scelta comporta conseguenze procedurali significative, limitando fortemente la possibilità di un successivo ricorso. Analizziamo una decisione che fa luce sui confini di questo strumento e sul suo rapporto con la concessione delle attenuanti generiche.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. In sede di appello, l’imputato e il procuratore generale raggiungevano un accordo sulla pena, che veniva ridotta dalla Corte d’Appello a 7 anni e 2 mesi di reclusione, oltre a una multa.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due violazioni:
1. La mancata verifica da parte della Corte d’Appello delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
2. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e una valutazione inadeguata dei parametri di cui all’art. 133 c.p. per l’irrogazione di una pena più mite.

La Decisione della Cassazione sul Patteggiamento in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa degli effetti derivanti dalla scelta di concordare la pena in appello. I giudici hanno chiarito che tale accordo non è una mera transazione sulla pena, ma un atto processuale che modifica l’oggetto del giudizio.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione della Suprema Corte si articola su due punti fondamentali.

1. Effetto Devolutivo e Rinuncia ai Motivi

Il primo punto riguarda l’essenza stessa del patteggiamento in appello. Accettando di concordare la pena, l’imputato rinuncia implicitamente agli altri motivi di appello. A causa dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, la cognizione del giudice di secondo grado viene circoscritta esclusivamente all’accordo raggiunto. Di conseguenza, il giudice non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 c.p.p., poiché tale valutazione esula dall’oggetto del giudizio, ormai definito dall’accordo tra le parti. La scelta di patteggiare preclude, quindi, la possibilità di sollevare successivamente questioni che si sarebbero dovute considerare rinunciate.

2. Attenuanti Generiche: la Rinuncia non Basta

Il secondo punto, ancora più rilevante, concerne le circostanze attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che la rinuncia ai motivi d’appello, sebbene possa essere un elemento di valutazione, non costituisce di per sé una ragione sufficiente per concedere le attenuanti. Per ottenere tale beneficio, sono necessari elementi di segno positivo concreti, che nel caso di specie l’imputato non aveva fornito.
Al contrario, la Corte territoriale aveva correttamente negato un’ulteriore riduzione di pena basandosi sui parametri dell’art. 133 c.p., evidenziando elementi negativi di particolare peso: la gravità del reato e, soprattutto, la personalità dell’imputato, caratterizzata da una recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. Questi elementi, secondo la Cassazione, giustificavano ampiamente sia la pena concordata sia il diniego delle attenuanti generiche.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: il patteggiamento in appello è una scelta processuale che chiude la porta a successive contestazioni di merito. L’imputato che accetta questa via deve essere consapevole che la sua rinuncia ai motivi di gravame limita drasticamente il perimetro del giudizio e la possibilità di impugnare la decisione. Inoltre, la pronuncia sottolinea che la concessione delle attenuanti generiche non è un automatismo derivante dalla scelta collaborativa, ma resta una valutazione discrezionale del giudice, ancorata a elementi positivi e concreti, che possono essere neutralizzati da una storia criminale negativa.

Accettare un ‘patteggiamento in appello’ garantisce l’applicazione delle attenuanti generiche?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la rinuncia ai motivi di appello, insita nell’accordo, non è di per sé una ragione sufficiente per concedere le attenuanti generiche. La decisione resta discrezionale e il giudice deve valutare elementi positivi, potendo negare il beneficio in presenza di fattori contrari, come una pesante recidiva.

Dopo un ‘patteggiamento in appello’, il giudice deve comunque verificare se esistono cause di proscioglimento?
No. A seguito dell’accordo sulla pena, l’ambito del giudizio è limitato alla ratifica di tale accordo. L’imputato, rinunciando agli altri motivi di appello, preclude al giudice la possibilità e il dovere di esaminare la sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché queste esulano dall’oggetto del contendere.

Cosa valuta il giudice per concedere o negare le attenuanti generiche in questo contesto?
Il giudice valuta la presenza di elementi di segno positivo che giustifichino una riduzione della pena. La semplice rinuncia ai motivi di ricorso non basta. Vengono inoltre considerati tutti i parametri dell’art. 133 c.p., come la gravità del reato e la personalità dell’imputato. Nel caso specifico, una recidiva reiterata e specifica è stata considerata un elemento ostativo alla concessione delle attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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