Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36579 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Ord. Sez. 5 Num. 36579 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME COGNOME
Presidente –
Ord. n. sez. 1423/2025
NOME OCCHIPINTI
CC – 30/09/2025
NOME BELMONTE
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME COGNOME
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in CINA il DATA_NASCITA Nel procedimento in cui è parte civile: RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del 07/04/2025 della Corte d’appello di Venezia Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
In data 7 aprile 2025, la Corte di appello di Venezia ha pronunciato sentenza, ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., nei confronti di NOME COGNOME (chiamato a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale), deliberando di infliggere all’imputato la pena concordata con il Procuratore Generale nella misura di anni tre di reclusione.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi.
1.1.Col primo motivo deduce violazione della legge processuale per omessa verifica della sussistenza, nella fattispecie concreta, di eventuali cause di non punibilità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 129 cod. proc. pen., rilevando la mancanza di prova in ordine alla sussistenza del fatto o alla sua commissione da parte dell’imputato.
1.2.Col secondo motivo, in via gradata, si chiede l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata lamentando la mancata rideterminazione della durata delle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fallimentare, quantificate dal primo giudice in anni quattro. La Corte di appello nel rideterminare la pena inflitta al ricorrente, ometteva, in palese violazione di legge, di rideterminare anche la durata delle pene accessorie. Ciò si sarebbe invece imposto perché successivamente alla pronuncia di illegittimità costituzionale dell’ultimo comma dell’articolo 216 legge fallimentare, che prevede l’applicazione delle pene accessorie, la Suprema Corte, a Sezione unite, ha affermato il principio di diritto secondo cui le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Pertanto, la pena accessoria al pari di quella principale può risultare costituzionalmente legittima solo quando effettivamente proporzionata e individualizzata. Per tale motivo la difesa non può non rilevare una palese violazione di legge ai sensi dell’articolo 606 lettera B del codice di diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
Innanzitutto, in tema di “patteggiamento in appello” ex art. 599bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 56, legge 23 giugno 2017, n. 103, ai sensi dell’art. 610, comma 5bis cod. proc. pen., a sua volta inserito dall’art. 1, comma 62 l. n. 103/2017 – come, da ultimo, modificato dall’art. 34, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022,
deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019 – dep. 13/01/2020, M, Rv. 27817001).
Sicché anche la doglianza di cui al secondo motivo, che si appunta – peraltro per la prima volta nella presente sede – sulla durata delle pene accessorie fallimentari, lamentando in particolare la illegittimità del trattamento sanzionatorio riguardo alla mancata rideterminazione delle stesse e non alla loro illegalità – non ravvisabile nel caso di specie risultando le pene accessorie comunque contenute nei limiti di legge deve ritenersi inammissibile.
Dall’esame degli atti, consentito dalla natura processuale del motivo, risulta che vi era stata rinuncia ai motivi, ad eccezione di quelli inerenti la pena principale, e l’accordo era stato raggiunto con il P.G. sulla proposta avanzata all’udienza dal difensore relativamente alla misura della pena della reclusione secondo il calcolo recepito e riportato in sentenza.
Riguardo alle pene accessorie, non solo non vi era stato motivo di appello, che invocava unicamente la riduzione della pena nel minimo edittale, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, ma neppure vi era stato un qualche riferimento ad esse in sede di formulazione della proposta di accordo limitata alla sola pena principale della reclusione, rideterminata in anni tre previo riconoscimento delle attenuanti generiche.
Non vi era, quindi, alcun obbligo per la Corte territoriale di rideterminare di ufficio le pene accessorie fallimentari, né tanto meno di indicare la ragione per la quale, a fronte della riduzione della pena della reclusione in anni tre, si era mantenuta la durata delle pene accessorie in anni quattro.
Sicché, esclusa la ricorribilità in cassazione per vizio afferente l’accordo, essendo le pene accessorie rimaste fuori dall’ accordo, non è ravvisabile neppure la ricorribilità in cassazione ai sensi della disciplina generale di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di rito, perché la Corte territoriale non aveva alcun obbligo di motivazione riguardo alle pene accessorie, rimaste comunque contenute nel limite di quattro anni.
2.La rilevata inammissibilità va dichiarata senza formalità di procedura, siccome stabilito dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 30/9/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME