Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso
L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Tuttavia, la scelta di aderirvi comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso avverso una sentenza frutto di un concordato sulla pena in secondo grado, sottolineando come l’accordo precluda la discussione su questioni di merito.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna in primo grado per il reato di rapina. L’imputato proponeva appello e, in quella sede, le parti raggiungevano un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della prima sentenza, rideterminava la pena in sei anni e un mese di reclusione, oltre a una multa di 1.900 euro.
Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era l’erronea qualificazione giuridica del fatto, specificamente lamentando la mancata esclusione dell’aggravante della recidiva qualificata (ex art. 99, quarto comma, cod. pen.).
La Decisione sul Patteggiamento in Appello
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello implica una rinuncia da parte dell’imputato a sollevare questioni che non riguardino vizi specifici dell’accordo stesso.
Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’art. 599-bis cod. proc. pen. non solo circoscrive l’ambito di valutazione del giudice d’appello, ma produce anche effetti preclusivi sull’intero iter processuale, incluso il giudizio di legittimità. Di conseguenza, le uniche censure ammissibili contro una sentenza di questo tipo sono quelle relative a:
1. Vizi della volontà nell’accedere al concordato.
2. Mancato consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Contenuto della pronuncia difforme rispetto all’accordo.
4. Applicazione di una pena illegale.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha specificato che, sebbene il ricorrente avesse formalmente dedotto l’illegalità della pena, la sua doglianza mirava in realtà a contestare il merito del riconoscimento della recidiva. Questo tipo di valutazione, tuttavia, rientra tra le questioni a cui l’imputato rinuncia nel momento in cui accetta il patteggiamento in appello. L’accordo sulla pena finale assorbe e supera le singole componenti del calcolo, incluse le circostanze aggravanti o attenuanti.
I giudici di legittimità hanno richiamato la propria giurisprudenza, la quale ha già chiarito che è inammissibile un ricorso che, pur mascherato da denuncia di pena illegale, contesta l’errato riconoscimento dei presupposti di un’aggravante come la recidiva. L’adesione all’accordo sulla pena implica l’accettazione del calcolo complessivo e preclude un riesame delle sue singole componenti nel successivo grado di giudizio.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce con forza la natura dispositiva e preclusiva del patteggiamento in appello. Tale istituto offre un beneficio in termini di certezza e riduzione della pena, ma richiede una rinuncia consapevole a future contestazioni sul merito della vicenda. Per i difensori e i loro assistiti, ciò significa che ogni valutazione, inclusa quella sulla sussistenza di aggravanti come la recidiva, deve essere ponderata attentamente prima di formalizzare l’accordo. Una volta raggiunto il concordato, le porte del ricorso per cassazione si chiudono per tutte le questioni di merito, lasciando aperta solo una stretta via per contestare i vizi genetici dell’accordo stesso o l’applicazione di una sanzione contra legem.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un ‘patteggiamento in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, quali vizi della volontà della parte nell’accedere all’accordo, il dissenso del pubblico ministero, una decisione del giudice non conforme all’accordo raggiunto, oppure l’applicazione di una pena considerata illegale dalla legge.
La contestazione sull’applicazione della recidiva può essere motivo di ricorso dopo un accordo sulla pena in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, contestare il riconoscimento della recidiva è una questione di merito. Accettando il patteggiamento in appello, l’imputato rinuncia a sollevare tali questioni, poiché l’accordo sulla pena finale assorbe tutte le valutazioni sulle singole circostanze del reato.
Qual è l’effetto principale dell’accordo sulla pena previsto dall’art. 599-bis cod. proc. pen.?
L’effetto principale è preclusivo. Ciò significa che l’accordo impedisce alle parti di continuare a discutere nel merito le questioni risolte con il patteggiamento. Di conseguenza, limita fortemente i motivi per cui è possibile presentare un successivo ricorso in Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3113 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3113 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Sesto San Giovanni il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE di APPELLO di MILANO Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 03/07/2023 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 12/10/2022, appellata da NOME COGNOME, ha rideterminato la pena, su concorde richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 599-bis cod. pen., in anni sei, mesi uno ed euro 1.900 di multa, in relazione ai reati di rapina ascritti e per i quali l’imputato aveva riportato condanna in primo grado.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia del COGNOME, eccependo l’erronea qualificazione giuridica del fatto in riferimento alla mancata esclusione dell’aggravante della recidiva ex art. 99 quarto comma, cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
A seguito della reintroduzione dell’istituto del cd. patteggiamento in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103, è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bi cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione, le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all’esito del concordato ex art. 599-bis cit. essendo quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia e all’applicazione della pena illegale.
Al riguardo, si è già chiarito, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, e va affermato con riguardo al presente contesto che è inammissibile il ricorso in cassazione con il quale, pur essendo stata formalmente dedotta l’illegalità della pena, in realtà si contesta l’errato riconoscimento della recidiv reiterata infraquinquennale ritenendone insussistenti i presupposti (Sez. 6, n. 25273 del 23/05/2018, Zidane, Rv. 273392 – 01; con specifico riferimento al concordato in appello, Sez. 1, ord. n. 30403 del 09/09/2020, Bellobuono, Rv. 279788).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 29 novembre 2023
I Consigliere estensore
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Il Presidente