Patteggiamento in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Blocca il Ricorso in Cassazione
Il patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue conseguenze processuali possono essere definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo sulla pena in appello, accompagnato dalla rinuncia ai motivi di gravame, crea una barriera invalicabile per un successivo ricorso in Cassazione basato sulle stesse questioni. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dal Tentativo di Rapina al Ricorso
Il caso trae origine da una condanna per il delitto di tentata rapina. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena, avvalendosi dell’istituto del patteggiamento in appello. Di conseguenza, l’appellante rinunciava ai motivi di gravame precedentemente formulati.
Nonostante l’accordo, il difensore proponeva comunque ricorso per Cassazione, lamentando tre vizi della sentenza d’appello: la mancata motivazione su alcuni aspetti, l’eccessività della pena (la stessa che era stata concordata) e l’errata qualificazione giuridica del fatto. Si trattava, in sostanza, di rimettere in discussione proprio i punti ai quali si era implicitamente o esplicitamente rinunciato.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Patteggiamento in Appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla natura stessa dell’accordo raggiunto in appello. Secondo gli Ermellini, la scelta di concordare la pena e di rinunciare ai motivi d’impugnazione non è un atto privo di conseguenze, ma produce un effetto ben preciso: la preclusione processuale.
In pratica, l’imputato, accettando una pena più mite, accetta anche la validità della sentenza di condanna nei suoi aspetti fondamentali (affermazione di responsabilità, qualificazione giuridica). Non può, quindi, tentare di ottenere un beneficio (la pena concordata) e contemporaneamente mantenere aperta la possibilità di contestare tutto il resto davanti a un altro giudice.
Le Motivazioni: L’Effetto Devolutivo e la Preclusione Processuale
La Corte ha spiegato che, con la reintroduzione del patteggiamento in appello (legge n. 103/2017), rivive il principio già elaborato dalla giurisprudenza per un istituto simile e poi abrogato. Tale principio stabilisce che, a fronte di una richiesta di pena concordata, la cognizione del giudice d’appello è limitata ai soli motivi non rinunciati.
Poiché l’imputato nel caso di specie aveva rinunciato ai motivi di gravame per accedere all’accordo, egli ha di fatto limitato l’effetto devolutivo dell’appello. La Corte d’Appello, quindi, era tenuta a motivare solo sulla congruità della pena concordata, e non sugli altri aspetti (come la qualificazione del fatto o la responsabilità penale), che dovevano ormai ritenersi non più in discussione. La rinuncia ai motivi ha cristallizzato la decisione su quei punti, impedendo al giudice di prenderli in cognizione e, di conseguenza, precludendo all’imputato di riproporli in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un monito cruciale per la difesa tecnica: la scelta di accedere al patteggiamento in appello è strategica e irreversibile. I vantaggi, come la certezza e la mitezza della pena, devono essere attentamente ponderati a fronte della perdita definitiva della possibilità di contestare l’affermazione di colpevolezza e altri aspetti della sentenza. La rinuncia ai motivi di appello non è una mera formalità, ma un atto processuale che chiude le porte a un successivo ricorso per Cassazione sulle medesime questioni. La decisione conferma che l’efficienza del sistema giudiziario, promossa da istituti come questo, si basa sulla responsabilità e sulla coerenza delle scelte processuali delle parti.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato, avendo precedentemente rinunciato ai motivi di appello per accedere al ‘patteggiamento in appello’, non poteva più sollevare le stesse questioni davanti alla Cassazione. La rinuncia ha creato una preclusione processuale.
Qual è l’effetto di un ‘patteggiamento in appello’ sul diritto di impugnazione?
Il ‘patteggiamento in appello’ limita fortemente il diritto di impugnazione. Accettando di concordare la pena, l’imputato rinuncia ai motivi di gravame. Di conseguenza, la cognizione del giudice si limita ai soli punti non oggetto di rinuncia, e viene preclusa la possibilità di contestare in Cassazione i profili coperti dall’accordo (come l’affermazione di responsabilità o la qualificazione del fatto).
Un imputato che concorda la pena in appello può ancora contestare la sua colpevolezza in Cassazione?
No. Secondo l’ordinanza, la rinuncia ai motivi di impugnazione, che è un presupposto dell’accordo sulla pena in appello, impedisce al giudice di prendere cognizione di questioni come l’affermazione di responsabilità. Pertanto, l’imputato non può più contestare la sua colpevolezza nel successivo grado di giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45619 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45619 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE nato il 08/05/1981
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
LA Corte di Appello di Venezia rideterminava, ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen., la pena alla quale NOME era stato condannato per il delitto di tentata rapina.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME lamentando la mancanza della motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen., l’eccessività della pena irrogata e l’erronea qualificazione giuridical fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 1.1 Si deve rilevare che a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui al nuovo art. 599-bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata è tenuto motivare soltanto relativamente alla pena, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione (come nel caso in esame, in l’appellante ha rinunciato ai motivi di gravame e concordato la pena con il Procuratore generale), la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, COGNOME, Rv.226707; Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245919); determinando, invero, la rinuncia ai motivi una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non gli sia devoluto (in punto di affermazione di responsabilità ed altro, con effetti sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017 – dep. 27/11/2017, Ferro, Rv. 271258). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Discende l’inammissibilità del ricorso in esame; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
unr
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29/10/2024