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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

Un soggetto, dopo aver concordato la pena in secondo grado tramite il cosiddetto “patteggiamento in appello”, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata assoluzione e la non concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che l’accordo sulla pena limita la cognizione del giudice e implica una rinuncia ai motivi relativi alla responsabilità, precludendo un riesame nel merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il patteggiamento in appello, introdotto dalla legge n. 103 del 2017 all’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi su una parziale riforma della sentenza di primo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le importanti conseguenze di questa scelta, soprattutto in relazione alla possibilità di presentare un successivo ricorso. Analizziamo la decisione per comprendere i limiti imposti a chi sceglie questa via.

Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso

La vicenda trae origine dalla sentenza della Corte di Appello di Bari che, accogliendo la richiesta delle parti, aveva riformato parzialmente una precedente condanna. In applicazione del patteggiamento in appello, la pena per reati legati agli stupefacenti era stata rideterminata in 5 anni di reclusione e 24.500 euro di multa.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due vizi principali: la mancata applicazione di una causa di non punibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

I Limiti del Patteggiamento in Appello e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara interpretazione degli effetti derivanti dall’accordo processuale in appello. La decisione si fonda sul principio dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, il quale limita il potere decisionale del giudice ai soli motivi di gravame presentati dalle parti. Nel momento in cui l’imputato e il pubblico ministero concordano sulla pena, rinunciando ad altri eventuali motivi, la cognizione del giudice d’appello viene circoscritta.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che, una volta che l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello relativi alla sua responsabilità per concordare la pena, il giudice di secondo grado non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. La scelta di aderire al patteggiamento in appello implica un’accettazione del giudizio di colpevolezza, precludendo la possibilità di rimetterlo in discussione in sedi successive sulla base di motivi a cui si è implicitamente rinunciato.

Per quanto riguarda la questione delle attenuanti generiche, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la loro concessione non è un diritto automatico. La rinuncia ai motivi di appello non costituisce, di per sé, un elemento sufficiente per il riconoscimento delle attenuanti. È necessario che emergano elementi di segno positivo sulla personalità del soggetto, che nel caso di specie il ricorrente non aveva fornito. L’assenza di elementi negativi non equivale alla presenza di elementi positivi richiesti dalla legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame offre un importante monito: la scelta di accedere al patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze procedurali irreversibili. Se da un lato può portare a una vantaggiosa rideterminazione della pena, dall’altro preclude la possibilità di contestare nel merito la propria responsabilità in Cassazione.

L’inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a conferma che i ricorsi proposti senza fondamento giuridico comportano conseguenze economiche significative. Questa decisione rafforza la natura dispositiva del patteggiamento in appello, vincolando le parti all’accordo raggiunto e limitando drasticamente le successive vie di impugnazione.

Cosa comporta l’accordo per un patteggiamento in appello?
L’accordo sulla pena in appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., comporta la rinuncia agli altri motivi di gravame. Di conseguenza, il potere del giudice è limitato ai termini dell’accordo e non si estende a una nuova valutazione sulla possibile assoluzione dell’imputato.

Dopo un patteggiamento in appello si può ricorrere in Cassazione per chiedere l’assoluzione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, avendo l’imputato rinunciato ai motivi di appello sulla responsabilità per concordare la pena, non può successivamente lamentare il mancato proscioglimento. Un simile ricorso è considerato inammissibile.

La rinuncia ai motivi di appello garantisce le attenuanti generiche?
No, la rinuncia ai motivi di appello non è di per sé sufficiente per ottenere le attenuanti generiche. La loro concessione richiede la presenza di elementi positivi che connotino la personalità dell’imputato, non bastando la semplice assenza di elementi negativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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