Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8237 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8237  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
idato avviso alte -gare-i
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
 Con sentenza del 26 .   maggio 2023 la Corte di Appello di Bari, pronunciandosi ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza del 24 novembre 2022 del Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Trani, ha rideterminato in anni 5 di reclusione ed euro 24.500,00 di multa la pena inflitta a NOME per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 73, commi 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
E’ stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale il ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione quanto alla possibile applicazione di una causa di non punibilità, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen..
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
In relazione al motivo di censura, a norma dell’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., siccome inserito dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, la Corte di appello provvede in camera di consiglio quando le parti ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il Pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Al riguardo, e contrariamente ai rilievi del ricorrente, in tema di “patteggiamento in appello”, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522; cfr. Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102).
Tanto  COGNOME richiamato, COGNOME emerge COGNOME dunque COGNOME evidente  COGNOME l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal ricorrente, il quale – in sede di appello – ha rinunciato ai motivi di gravame in punto di responsabilità, provvedendo poi a
concordare il trattamento sanzionatorio proprio ai sensi dell’art. 599-bis cit., con rinuncia, quindi, alla doglianza sollevata in questa sede.
In relazione poi all’invocata applicazione delle attenuanti generiche, si è osservato in ogni caso che la rinuncia ai motivi d’appello non costituisce di per sé, proprio anche per via della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, ragione sufficiente per il riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche, potendo, al più, essere valutata in rapporto alla condotta successiva al reato di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen., come espressione di una ridotta capacità a delinquere, sempreché non emergano elementi di segno contrario (Sez. 2, n. 35534 del 06/07/2021, Ronchi, Rv. 281943).
In ogni caso l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (da ult. Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME Crescenzo, Rv. 281590) e in specie nulla ha allegato il ricorrente.
6. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente