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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello per furto in abitazione. La Corte ha stabilito che, una volta accettato l’accordo sulla pena, non è possibile contestare la dosimetria in Cassazione, salvo che la pena sia illegale. La motivazione della congruità della pena concordata è stata ritenuta sufficiente.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto per snellire i processi, pone importanti limiti alla possibilità di impugnare ulteriormente la sentenza. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito i confini del ricorso contro una decisione che accoglie un accordo sulla pena, soprattutto per quanto riguarda la motivazione sulla sua entità. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere la logica e gli effetti di tale procedura.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto in abitazione emessa dal Tribunale di Cremona a carico di due imputati. In secondo grado, la Corte d’Appello di Brescia, accogliendo le richieste formulate ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale (il cosiddetto patteggiamento in appello), ha parzialmente riformato la sentenza. In particolare, la Corte ha ridotto le pene e ha sostituito la pena detentiva di uno degli imputati con la detenzione domiciliare. Questa decisione è stata il frutto di un accordo tra le parti, che ha tenuto conto del risarcimento del danno e dell’atteggiamento conciliativo degli imputati.

Il Ricorso per Cassazione

Nonostante l’accordo raggiunto in appello, gli imputati hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione. Attraverso un unico atto, hanno lamentato la violazione degli articoli 133 e 133-bis del codice penale, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato i criteri utilizzati per determinare l’entità delle pene (la cosiddetta dosimetria della pena).

La Decisione della Cassazione sul Patteggiamento in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla natura stessa del patteggiamento in appello. Quando le parti scelgono questa strada, rinunciano implicitamente ai motivi di appello non oggetto dell’accordo. L’effetto devolutivo dell’impugnazione viene così limitato ai soli punti concordati, che in questo caso riguardavano esclusivamente il trattamento sanzionatorio.

Limiti alla Cognizione del Giudice e Rinuncia Implicita

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla pena, al giudice è preclusa ogni questione sulla responsabilità penale o sulla qualificazione giuridica del fatto. La cognizione del giudice è circoscritta all’accordo raggiunto. Di conseguenza, anche la possibilità di sollevare questioni nel successivo giudizio di legittimità è drasticamente ridotta. L’accordo implica una rinuncia a dedurre ogni altra doglianza, con l’unica eccezione dell’applicazione di una pena illegale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la motivazione della Corte d’Appello era pienamente adeguata. La pena concordata era stata ritenuta congrua e recepita dal giudice, il che costituisce una motivazione sufficiente. I giudici hanno sottolineato che non si verteva in un’ipotesi di ‘pena illegale’ (cioè una sanzione di specie diversa da quella prevista o superiore al massimo edittale), unico caso che avrebbe consentito un sindacato in sede di legittimità. La Corte ha inoltre osservato che, quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale, non è richiesta una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza. Nel caso di specie, le pene irrogate erano prossime al minimo previsto per il reato di furto in abitazione aggravato, rendendo la censura degli imputati infondata. L’accordo tra le parti, quindi, sigilla il percorso processuale sulla determinazione della pena, rendendo inammissibile un successivo ricorso che ne contesti la congruità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la natura ‘tombale’ del patteggiamento in appello per tutte le questioni che non riguardano la legalità della pena. Chi opta per questa procedura deve essere consapevole che sta accettando un accordo definitivo sul trattamento sanzionatorio, rinunciando alla possibilità di contestarne la congruità in Cassazione. La decisione rafforza l’efficienza dello strumento processuale, ma allo stesso tempo richiama le parti a una valutazione attenta e ponderata prima di accedere all’accordo, poiché le porte per un’ulteriore impugnazione, su quel punto, si chiudono quasi ermeticamente.

È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la motivazione sulla pena dopo un patteggiamento in appello?
No, di norma non è possibile. L’accordo tra le parti sulla pena, se ritenuto congruo dal giudice d’appello, implica la rinuncia a contestarne la dosimetria. L’unica eccezione è il caso in cui venga irrogata una ‘pena illegale’, cioè una sanzione non prevista dalla legge per quel reato o superiore al massimo edittale.

Cosa succede agli altri motivi di appello quando si accetta un patteggiamento in appello?
Quando un imputato accetta di concordare la pena in appello, si considera che abbia rinunciato a tutti gli altri motivi di impugnazione (ad esempio, quelli relativi all’accertamento della responsabilità o alla qualificazione giuridica del fatto). La cognizione del giudice viene limitata esclusivamente ai punti oggetto dell’accordo.

Il giudice del patteggiamento in appello deve motivare dettagliatamente la congruità della pena concordata?
No, non è necessaria una motivazione dettagliata. Secondo la Cassazione, quando la pena concordata viene recepita dalla Corte perché ritenuta congrua, ciò costituisce una motivazione adeguata. Questo è particolarmente vero quando la pena si colloca al di sotto della media edittale, caso in cui è sufficiente un richiamo generico al criterio di adeguatezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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