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Patteggiamento in appello: i limiti al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di quattro imputati condannati per reati di droga e armi. Per tre di loro, la decisione si basa sulla rinuncia ai motivi di appello a seguito di un patteggiamento in appello, limitando la possibilità di un successivo ricorso. Per il quarto, è stata confermata la gravità del reato di spaccio, escludendo l’ipotesi del fatto lieve a causa delle ingenti quantità di sostanze stupefacenti cedute.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Rende Inammissibile il Ricorso in Cassazione

L’istituto del patteggiamento in appello rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza, che consente di definire il processo in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 7638/2024, offre un importante chiarimento sugli effetti di tale accordo, specificando come la rinuncia ai motivi di impugnazione limiti drasticamente la possibilità di un successivo ricorso.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava quattro persone condannate dalla Corte d’Appello di Bari per una serie di reati gravi. Le accuse spaziavano dal possesso di armi alla ricettazione, fino alla violazione della normativa sugli stupefacenti, con l’aggravante dell’ingente quantità per uno degli imputati. Un altro era stato condannato anche per evasione.

Contro la sentenza di secondo grado, tutti e quattro gli imputati avevano proposto ricorso in Cassazione. I primi tre contestavano sia l’accertamento della loro responsabilità penale sia il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il quarto imputato, invece, lamentava la mancata applicazione dell’ipotesi di reato di lieve entità per lo spaccio di droga, previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi presentati, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione, sebbene unica nel suo esito, si fonda su due percorsi motivazionali distinti, uno per i primi tre ricorrenti e uno per il quarto.

L’impatto del Patteggiamento in Appello sul Ricorso

Per i primi tre imputati, la Corte ha rilevato un aspetto processuale decisivo: essi avevano rinunciato ai motivi di appello e concordato la pena in secondo grado. Questa scelta, che configura il cosiddetto patteggiamento in appello, ha un effetto preclusivo. La rinuncia ai motivi di impugnazione limita la cognizione del giudice d’appello solo alle questioni non oggetto di rinuncia. Di conseguenza, un successivo ricorso in Cassazione che riproponga le stesse doglianze diventa manifestamente infondato, in quanto si basa su punti ai quali l’imputato stesso aveva già rinunciato.

La valutazione della Lieve Entità nello Spaccio

Per quanto riguarda il quarto ricorrente, la sua richiesta di veder riconosciuta l’ipotesi del fatto lieve è stata respinta. I giudici hanno sottolineato che l’imputato si era reso responsabile di una pluralità di cessioni di droga per quantitativi molto importanti (almeno 2,2 kg di marijuana, oltre a un quantitativo non precisato di hashish). Secondo la Corte, la notevole entità delle sostanze trattate è un elemento che, correttamente, ha portato i giudici di merito a escludere la configurabilità del fatto di lieve entità.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si ancora a principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, viene ribadito il principio dell’effetto devolutivo dell’impugnazione. Una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere a un accordo sulla pena, il giudice di secondo grado non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per le cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p. o sulla sussistenza di nullità. La sua cognizione è circoscritta dall’accordo delle parti. Qualsiasi tentativo di ‘riaprire’ la discussione su tali punti in Cassazione è destinato a fallire, poiché il ricorso risulterebbe privo di fondamento giuridico.

In secondo luogo, per il reato di spaccio, la Corte conferma che la valutazione sulla lieve entità del fatto deve basarsi su un’analisi complessiva della condotta. La quantità della droga è uno degli indici principali, ma non l’unico. Tuttavia, quando la quantità è così ingente come nel caso di specie, diventa un fattore preponderante che, di per sé, può essere sufficiente a escludere la lieve entità, indicando una notevole offensività della condotta.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che la scelta di un patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive: essa chiude la porta a future contestazioni sui motivi a cui si è rinunciato. È fondamentale che la difesa e l’imputato valutino attentamente questo aspetto prima di raggiungere un accordo sulla pena. La seconda lezione riguarda i reati di droga: la qualificazione di un fatto come di ‘lieve entità’ è impossibile di fronte a quantitativi di sostanza stupefacente particolarmente rilevanti, che denotano un’attività di spaccio strutturata e non occasionale.

Perché i ricorsi dei primi tre imputati sono stati dichiarati inammissibili?
Perché avevano raggiunto un accordo sulla pena in appello (c.d. patteggiamento in appello), rinunciando ai motivi di impugnazione. Di conseguenza, il loro successivo ricorso in Cassazione, che riproponeva le stesse questioni, è stato ritenuto manifestamente infondato.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello in caso di patteggiamento?
Comporta una limitazione del potere decisionale del giudice d’appello. In virtù dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato rinuncia a contestare certi punti della sentenza, la cognizione del giudice si restringe ai soli motivi non oggetto di rinuncia, precludendo un riesame completo della vicenda.

Per quale motivo è stata esclusa l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ per il quarto ricorrente?
L’ipotesi è stata esclusa a causa delle quantità molto importanti di sostanze stupefacenti cedute (almeno 2,2 kg di marijuana e una quantità imprecisata di hashish). Secondo la Corte, tale ingente quantitativo è un elemento che giustifica la decisione dei giudici di merito di non qualificare il reato come di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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