Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37725 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 37725 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
ORDINANZA le – peai-co sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di TORINO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è della Corte d’appello di Torino del 2 dicembre 2024 che – in accoglimento del concordato ex art. 599 bis cod. proc. pen. intercorso tra il difensore di COGNOME NOME munito di procura speciale – rinunziante a tutt motivi d’appello ad eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio – ed Procuratore Generale presso la Corte d’appello – in riforma della sentenza del Tribunale di Torino, rideterminava la pena inflitta per numerosi capi di bancarotta patrimoniale distrattiva e di bancarotta documentale fraudolenta (capi B, F, I, M, AB e quelli relati al procedimento penale n. 5151/2015).
Per tutti i delitti risultava contestata e dichiarata la continuazione p plurimi fatti di bancarotta fraudolenta, nonché l’aver cagionato un danno di rilevant gravità.
Sono stati articolati tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo eccepiva la violazione dell’art. 606, lett. e, cod. proc. pe per intervenuta prescrizione del reato di cui al capo B, anteriormente alla sentenza di secondo grado.
La sentenza dichiarativa del fallimento era stata pronunciata il 26 marzo 2012, sicché al momento della pronuncia della sentenza di appello il termine di prescrizione era maturato.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente si doleva della violazione dell’art. 606, l b, cod. proc. pen. per essere la motivazione della sentenza gravata apparente ed incongrua, giacché non aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche.
2.3. Con il terzo motivo, l’imputato eccepiva la violazione dell’art. 606, lett. e, c pen. pen. perché nonostante l’assoluzione del coimputato NOME COGNOME dal capo M13, con effetto estensivo a lui favorevole, non vi è stata riduzione della pena complessivamente irrogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti dalla legge e manifestamente infondato.
Giova ricordare che con l’istituto del c.d. “patteggiamento in appello”, come reintrodotto ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, e parzialmente modificato dall’art. 34, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 15 rivive il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del si istituto previsto dall’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal d.l. n. 92 del 2008 – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richies
pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciat e non è neppure tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per taluna delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., in considerazione della radicale diversità l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e l’istituto in esame, disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 08/05/2003, COGNOME, Rv. 226707; Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, Camassa, Rv. 245919); determinando, invero, la rinuncia ai motivi una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non gli sia devoluto (non solo in punto di affermazione di responsabilità).
2.1. Con la conseguenza che è ammissibile il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, a mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., nonché ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nell illegalità della sanzione inflitta per tale dovendosi intendere quella non conforme a paradigma normativo (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818; Sez. U, n. 38809 del 31/3/2022, COGNOME, Rv. 283689), in quanto non rientrante nei limiti edittali ovve diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102).
Sintetizzando, il potere dispositivo riconosciuto alla parte, oggi, dall’art. bis cod. proc. pen., non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194).
Per completezza, va detto, che con la sentenza n. 19415 del 27/12/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481, le Sezioni Unite hanno affermato che nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza.
3. Orbene, il primo motivo è manifestamente infondato.
Va evidenziato che, per il delitto di bancarotta fraudolenta di cui al capo B) consumatosi il 26 marzo 2012 con la dichiarazione di fallimento de RAGIONE_SOCIALE, non è ancora spirato il termine massimo di prescrizione, che maturerà il 26 dicembre 2030: questo perché il Tribunale ha ritenuto ed applicato entrambe le aggravanti
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contestate (cfr. pag. 108 della sentenza di primo grado), ossia, l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 219, comma 1, L.F. (del danno patrimoniale di rilevante gravità che determina un aumento di pena pari alla metà della pena edittale, e l’aggravante comune di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, L.F. (della pluralità dei fatti di bancarot
La circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 219, comma 1, L.F. incide nel calcolo del termine massimo di prescrizione dei reati contestati.
Infatti, l’art. 157, comma secondo, cod. pen. stabilisce che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per i reato consumato o tentato, tenendo conto del solo aumento per le circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale (Sez. U., n. 20798 del 24/02/2011, P.G. in Proc. Indelicato, Rv. 249664).
Da ciò deriva la manifesta infondatezza del primo motivo.
Il secondo ed il terzo motivo che possono essere trattati congiuntamente sono inammissibili.
La richiesta di concordato contiene in sé la rinunzia a far valere violazioni d legge che, anche se relative al trattamento sanzionatorio, non sfocino in ipotesi di pena illegale.
Costituendo la determinazione della pena oggetto dell’accordo intervenuto tra le parti con rinuncia agli altri motivi di gravame, le doglianze formulate con i d ricorsi, afferendo al trattamento sanzionatorio, devono ritenersi inammissibili, attes che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, la rinuncia a tutti i motivi di app ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante – come nella specie l’odierno ricorrente – aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti (f tutte, Sez. 4, n. 53340 del 24/11/2016, COGNOME e altri, Rv. 268696).
Nel caso in esame, COGNOME NOME ha concordato con il Procuratore generale territoriale, inclusa la continuazione tra i reati, l’applicazione di una p finale di 4 anni e 4 mesi.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità d ricorso con procedura de plano ex art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen., conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro quattromila a favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 18 settembre 2025 Il Consigliere estensore COGNOME Il P sidente