Patteggiamento e Imputato Straniero: Quando la Scelta del Rito Supera le Questioni Linguistiche
Il caso del patteggiamento per un imputato straniero che non conosce la lingua italiana solleva importanti questioni sul diritto di difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che la scelta di questo rito speciale, che implica un accordo sulla pena, preclude la possibilità di contestare successivamente la mancata traduzione degli atti processuali. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un cittadino straniero veniva condannato, a seguito di richiesta di applicazione della pena (il cosiddetto patteggiamento), a quattro anni e otto mesi di reclusione e a una multa di diciottomila euro per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza. La base del ricorso era la presunta violazione del diritto di difesa: non emergeva dagli atti la prova della sua conoscenza della lingua italiana e, anzi, durante la convalida dell’arresto era stato necessario l’ausilio di un interprete. Secondo la difesa, questa circostanza avrebbe dovuto rendere nulli gli atti successivi, non tradotti.
La Decisione della Corte sul Patteggiamento dell’Imputato Straniero
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno stabilito un principio netto: l’accesso al rito semplificato del patteggiamento impedisce all’imputato alloglotta (che non conosce la lingua italiana) di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del patteggiamento. Questo rito processuale si basa su un accordo tra le parti (imputato e Pubblico Ministero). L’applicazione concordata della pena, secondo la giurisprudenza consolidata, postula la rinuncia a far valere eventuali nullità procedurali, ad eccezione di quelle che riguardano la validità della richiesta stessa e del consenso prestato.
In altre parole, si presume che qualsiasi nullità verificatasi prima dell’accordo sia stata superata dall’accordo stesso. La scelta libera del rito alternativo, spiegano i giudici, lascia presupporre che l’imputato abbia avuto una conoscenza effettiva del contenuto degli atti e che il suo diritto di difesa sia stato pienamente rispettato. Se l’imputato e il suo difensore hanno valutato conveniente accordarsi sulla pena, significa che hanno compreso gli elementi a carico e le conseguenze della loro scelta, indipendentemente dalla traduzione formale di ogni singolo atto. Scegliere di patteggiare è, in sostanza, un atto che sana le irregolarità precedenti.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce un orientamento importante per la difesa degli imputati stranieri. La decisione di accedere al patteggiamento è una scelta strategica che comporta conseguenze significative, tra cui la rinuncia a sollevare determinate eccezioni procedurali. Per il patteggiamento di un imputato straniero, è cruciale che la difesa si assicuri che l’assistito abbia una comprensione completa e sostanziale della situazione processuale e delle conseguenze dell’accordo, al di là della traduzione letterale di tutti i documenti. La sentenza sottolinea che la libertà di scelta del rito è garanzia sufficiente del rispetto del diritto di difesa in questo specifico contesto, svincolando il giudizio di applicazione della pena dalle forme processuali ordinarie.
Un imputato che non parla italiano può chiedere l’annullamento del patteggiamento per mancata traduzione degli atti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la scelta di accedere al rito del patteggiamento preclude all’imputato che non conosce la lingua italiana la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione degli atti del procedimento.
Cosa presuppone la scelta del rito del patteggiamento da parte di un imputato straniero?
La libera scelta di questo rito alternativo presuppone la conoscenza effettiva del contenuto degli atti da parte dell’imputato e il pieno rispetto del suo diritto di difesa. L’accordo tra le parti supera le eventuali nullità procedurali precedenti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La giurisprudenza consolidata afferma che l’accordo di patteggiamento implica una rinuncia a far valere nullità diverse da quelle relative alla richiesta e al consenso, ritenendo superate le questioni procedurali come la mancata traduzione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25932 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25932 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMECUI CODICE_FISCALE) nato il 22/03/1984
avverso la sentenza del 16/12/2024 del GIP RAGIONE_SOCIALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
NOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del GIP presso il Tribunale di Milano con cui, in accoglimento della richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. proposta dalle parti veniva applicata la pena concordata di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro diciottomila di multa per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73 comma 1 e 80 comma 2 DPR n. 309/1990
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento della sentenza GLYPH impugnata non emergendo dagli atti la prova della conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana e sottolineando GLYPH che in sede di convalida dell’arresto in flagranza era stata necessaria la nomina di un interprete.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e come tale va dichiarato inammissibile. Il collegio condivide, infatti, la giurisprudenza secondo cui l’accesso al rito semplificato del cd. “patteggiamento” preclude all’imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento (Cass. sez. 2 n. 6575 del 2/02/2016). Ed invero l’applicazione concordata della pena postula la rinunzia a fare valere eventuali nullità, diverse da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestato, e ciò perché le dette nullità se verificatesi, devono ritenersi superate dall’accordo intervenuto tra le parti. Il giudizio di applicazione della pena deve infatti, ritenersi svincolato dalla specificità delle forme processuali nel corso delle quali esso si è innestato. Da ciò consegue, con specifico riferimento al caso in esame, che l’accesso al rito alternativo del c.d. “patteggiamento” preclude all’imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di parte degli atti del procedimento, anche perché proprio la libera scelta del rito lascia presupporre la conoscenza effettiva del contenuto di tali atti da parte dell’imputato e il pieno rispetto, sotto tale profilo, de diritto di difesa. 2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il
disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
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Cassa delle ammende della somma ce stim ai equo determinare in euro
tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 14 marzo 2025
TENSOR
IL PRESIDENT COGNOME