Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12183 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12183 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/10/2023 del TRIBUNALE di CHIETI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Chieti per l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, resa ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., il Tribunale di Chieti ha applicato a NOME COGNOME, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza con l’aggravante di aver causato un incidente stradale in orario notturno (art. 186, comma 2 lett. b), e commi 2 bis e 2 sexies, d.lgs. n. 285 del 1992), la pena concordata con il pubblico ministero di mesi otto e giorni 23 di arresto, disponendo, inoltre, la sospensione della patente di guida per 9 mesi. Le parti avevano concordato la pena base di mesi sei di arresto ed euro 3200 di ammenda, aumentata, per l’aggravante di cui al comma 2 bis cit., a mesi dodici di arresto ed euro 6400 di ammenda, ulteriormente aumentata per il comma 2 sexies cit., a mesi dodici di arresto ed euro 8534 di ammenda, ridotta per il rito a mesi otto di arresto ed euro 5689 di ammenda, con conversione della pena pecuniaria in detentiva, pari a giorni 23 di arresto, da sostituire con lavoro in pubblica utilità presso una comunità per giorni 263.
Il Tribunale ha affermato di non dover pronunciare sentenza di proscioglimento, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., che l’esame strumentale aveva correttamente appurato il superamento del tasso soglia normativamente previsto e che la condotta di guida dell’imputato aveva in effetti provocato un incidente stradale. Il trattamento sanzionatorio è stato ritenuto congruo dal Tribunale, mentre non è stata accolta la richiesta di sostituzione della pena detentiva con lavori di pubblica utilità, in quanto l’imputato, guidando in stato di ebbrezza, aveva causato un incidente e quindi non poteva beneficiare della conversione della pena in lavoro di pubblica utilità, come previsto dall’art. 186, comma 9 bis, d.lgs. n. 285 del 1992 (Sez. 4 del 12 aprile 2016, n. 18211).
Avverso tale sentenza, mediante il proprio difensore, ricorre NOME COGNOME, sulla base di due motivi.
Con il primo motivo, in relazione alla violazione degli artt. 444 e ss. e 448 bis cod. proc. pen., il ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza in ragione de difetto di correlazione tra la richiesta delle parti, frutto dell’accordo, e la sentenz di applicazione della pena; il giudice aveva, nel corso del procedimento, preliminarmente acquisito l’esplicito consenso del Pubblico Ministero e, per la prima volta, in sentenza aveva manifestato il diniego alla conversione della pena detentiva in lavoro di pubblica utilità.
Tuttavia, la ritenuta presenza di una condizione ostativa avrebbe dovuto imporre il rigetto della istanza di patteggiamento e l’apertura del dibattimento e
non la modifica della pena patteggiata. Il ricorrente evidenzia che la ver giudiziale concerne sia punti di natura tecnico -giuridica, che investono la legittimità dell’accordo e la legalità della pena di cui si chiede l’applicazione, che profili afferenti al merito e, dunque, l’esigenza che la decisione risulti ragionevolmente giusta. Ciò consente al giudice di rigettare la richiesta di applicazione della pena e, quindi, di aprire il dibattimento, ma non gli permette di emettere una sentenza che si discosti dalla volontà delle parti. In tal senso, ribadisce il ricorrente, s espressa la giurisprudenza delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 23400 del 2022.
Pone dunque l’accento sulla prevedibilità, in concreto, per il prevenuto, della decisione ed anche del controllo sul contenuto della stessa, trattandosi di presidi di tutela che la giurisprudenza di legittimità ha tratto da decisioni della Corte costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso COGNOME e COGNOME c. Georgia).
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge che ha comportato l’adozione di una pena illegale, collocata al di fuori di quella oggetto della richiesta avanzata dall’imputato ed ulteriore violazione derivante dal difetto di specie e di quantità della pena irrogata. Si ribadisce l’illegittimità della sentenza che non ha considerato la dipendenza del consenso prestato dal prevenuto alla pena, nei termini oggetto di accordo con il Pubblico ministero, dalla conversione della pena detentiva in lavoro di pubblica utilità. È evidente, sostiene il ricorrente che la mancata concessione del lavoro di pubblica utilità avrebbe dovuto obbligare il giudice a respingere la richiesta di patteggiamento, in quanto la richiesta di sostituzione della pena pecuniaria in detentiva aveva il fine esclusivo di determinare i giorni di svolgimento dei lavori di pubblica utilità. Il tenore dell richiesta era chiaro e la complessiva pena finale, quantificata in modo omogeneo, aveva avuto il solo scopo di determinare i giorni di lavoro di pubblica utilità. Si era così determinata l’applicazione di una pena illegale, perché era stata modificata nel genere e nella quantità, inasprendo il trattamento sanzionatorio, contrariamente ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di legittimità (S.U. n. 5018/1999; n. 25939/2015) e della Corte Costituzionale (n. 330/1990).
La sentenza impugnata, sostiene il ricorrente, contrasta con i principi ispiratori della cd. riforma Cartabia, che ha invitato a fare un ampio ricorso alle misure sostitutive, riconoscendone la natura afflittiva, come può trarsi dall’art. 545 bis cod.proc.civ., che sancisce il potere-dovere del giudice di sostituire (acquisito il consenso dell’imputato) la pena detentiva con una di quelle sostitutive, ai sensi dell’art. 53 I. 24 novembre n. 689 del 1981, ove ricorra la condizione dell’applicazione di una pena detentiva non superiore a quattro anni, e senza che sia dichiarata la revoca della sospensione condizionale.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo l’annullamento della sentenza con restituzione degli atti per l’ulteriore corso al Tribunale di Chieti.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria insistendo nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato.
E’ necessario premettere che i limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione di pena su richiesta sono attualmente regolamentati dall’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 50, a termini del quale “Il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura sicurezza”.
Inoltre, seppure sia vero che in tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità – previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio (Sez. 4, n. 13853 del 04/02/2015; Sez. 4, del 12/04/2016, n.18211), non può non rilevarsi che, nel caso in esame, l’accordo sottoposto al decidente prevedeva la conversione della pena pecuniaria in quella detentiva, con conversione ulteriore in lavoro di pubblica utilità e tale richiesta principale di conversione è stata disattesa dal giudice di merito, in quanto non ritenuta legittima.
In siffatta situazione processuale non poteva trovare applicazione la procedura prevista dall’art. 444 c.p.p., rilevato che la richiesta di sostituzioneía non dà luogo ad una duplicità di richieste alternative tra loro, ma ha per oggetto la applicazione di una pena determinata in modo congiunto alla sanzione sostitutiva, con la conseguenza che, nel caso di valutazione negativa della opportunità di sostituzione della pena, il giudice non può scindere i termini @@
dell’accordo, che è unitario in ordine alla pena definitiva concordata, ma d rigettare la richiesta, procedendo con il rito ordinario ( Sez. 5., n. 1796 del 19/4/99; Sez. 6, n. 17198 del 18/04/2007, Rv. 236454 – 01; Sez. 4, n. 18136 del 10/04/2012 Rv. 253770 – 01; Sez. 2, n. 31488 del 12/07/2023 Rv. 284961 – 01).
La giurisprudenza della Corte di legittimità (S.U. 27/01/2022, n.23400), ha esaminato la questione dei limiti del potere dispositivo delle parti e di quello del giudice cui è affidata la ratifica dell’accordo. In tal senso, si è rilevato che è sta la Corte costituzionale, nell’immediatezza dell’entrata in vigore del codice, a correggere l’aporia del testo originario dell’art. 444 c.p.p., comma 2, dichiarandone l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non consentiva al giudice di valutar la congruità della pena indicata dalle parti e, conseguentemente, di rigettare la richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione (Corte Cost., sent. n. 313 del 1990).
Esclusa la funzione meramente “notarile” del giudice, la Corte Costituzional”a rimarcato l’effettiva natura giurisdizionale (anche quando lo stesso procede alla mera verifica dei profili di legittimità della richiesta e del su contenuto). La Corte Costituzionale ha anche evidenziato l’inscindibile legame esistente tra la componente negoziale del rito e lo spazio cognitivo del giudice, evidenziando che questi rimane vincolato al contenuto dell’accordo sul merito dell’imputazione e della commisurazione della pena concluso dalle parti, nel senso che gli è consentito soltanto di accoglierlo nei termini proposti ovvero di rigettarlo e procedere oltre (Corte Cost., n. 66 del 1990; Corte Cost., n. 251 del 1991; Corte Cost., n. 155 del 1996 e, da ultima, Corte Cost., n. 394 del 2002).
Quanto posto in essere dal decidente nella fattispecie in esame ha inciso con evidenza sul negozio processuale, modificandone i termini, in violazione delle disposizioni normative regolanti il rito della applicazione della pena su richiesta delle parti con riferimento alla sua sostituzione con misura alternativa.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l’esame della ulteriore censura avanzata.
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al medesimo Tribunale di Chieti, in diversa persona fisica, per l’ulteriore corso.
P.Q. M .
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Chieti per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, li 11 gennaio 2024.