Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 52103 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 4 Num. 52103 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ASCOLI PICENO il 23/10/1996
avverso la sentenza del 13/03/2019 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dr.ssa M. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il 13 marzo 2019 il Tribunale di Ascoli Piceno ha applicato a NOME COGNOME ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena – sospesa condizionaimente – concordata tra il P.M. e l’imputato, con le attenuanti generiche e con la diminuente per il rito, disponendo anche la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza alcoolica di cui all’art. 186, comma 2, lett. e, del d. Igs. 30 aprile 1992, 285 (tasso alcoolemico pari a 2,02 grammi / litro alla prima prova e a 1,72 g. Il. alla seconda misurazione), fatto commesso il 21 dicembre 2018, in ora notturna, provocando un sinistro stradale.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza NOME COGNOME tramite difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi (che si enunciano nei limiti strettamente ne cessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo denunzia promiscuamente violazione di legge (artt. 444 cod. proc. pen. e 186, comma 2, lett. c, del d. Igs. n. 285 del 1992) per ritenuta erronea qualificazione giuridica del fatto ed illegalità della pena e della sanzione accessoria: dalla motivazione della decisione si comprenderebbe, ad avviso del decidente, in particolare dal punto concernente la individuazione della pena-base, che il giudice abbia voluto escludere la causazione di incidente stradale, non avendo – si legge nel ricorso – l’imputato, nel perdere il controllo dell’automobile, cagionato danni né a sé né ad altri, sicché sarebbe erronea la revoca del titolo abilitativo, in luogo della mera sospensione per una durata ricompresa tra uno e due anni.
2.2. Con il secondo motivo censura, con particolare riferimento alla p. 2 della sentenza impugnata, la erronea qualificazione giuridica del fatto, la illegalità della pena e la mancata concessione in concreto delle circostanze attenuanti generiche, benché – si afferma – espressamente riconosciute in sentenza.
2.3. Infine, con ‘ultimo motivo lamenta la ritenuta erronea qualificazione giuridica del fatto e la illegalità della pena, in relazione alla mancata concessione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto -bis ex art. 131 cod. pen., di cui, ad avviso del ricorrente, ricorrerebbero i presupposti.
Chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il Procuratore Generale della Suprema Corte ha rassegnato le proprie conclusioni scritte ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. chiedendo dichiarasi i nammissibile il ricorso.
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4. Il ricorso è manifestamente infondato.
4.1. Appare opportuno precisare che, essendo stata, con ordinanza n. 22113 del 16-21 maggio 2019 della Sez. 4 della S.C. nel proc. P.G. in proc. COGNOME ed altri, rimessa alle Sezioni Unite la questione se, in caso di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a seguito dell’introduzione della previsione di cui all’art. 448, comma . proc. 2-bis, cod pen., sia ammissibile o meno e, nell’affermativa, in quali limiti, il ricorso per ca sazione che abbia ad oggetto l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie, le Sezioni Unite della S.C. con decisione del 26/09/2019 hanno ritenuto ammissibile, anche in caso di applicazione di pena su richiesta, il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie.
4.2.Ciò posto, ritenuto cioè “giustiziabile”, in linea di principio, l’eventual errore contenuto nella sentenza di applicazione di pena quanto ad una statuizione, quella cioè sulla applicazione o sulla omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie, non facente parte del patto tra le parti, si osserva che il r corso è manifestamente infondato.
4.3. In relazione ai primi due motivi, essi partono da un presupposto vistosamente erroneo e che non trova riscontro nella sentenza impugnata, che, cioè, il decidente abbia inteso escludere la circostanza aggravante della causazione di incidente stradale, la cui ricorrenza comporta 186, comma ex art. 2-bis, del d. Igs. n. 285 del 1992, (anche) la revoca della patente di guida.
In realtà, da nessun passaggio della sentenza impugnata si desume tale volontà del giudice, il quale, peraltro, trovandosi nel caso di specie davanti ad una richiesta congiunta art. 444 cod. proc. pen., non avrebbe certo potuto uex nilateralmente e d’autorità modificare l’accordo raggiunto tra P.M. ed imputato.
La – pur estremamente sintetica – motivazione, invece, letta insieme al dispositivo, lascia comprendere che le attenuanti generiche sono stata riconosciute sussistenti e stimate equivalenti all’aggravante della causazione di incidente stradale, con conseguente elisione tra loro, trattandosi di circostanze eterogenee, e con individuazione della pena base all’interno della fascia bassa della forbice edittale di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), del d. Igs. n. 285 del 1 (da sei mesi di arresto e 1.500,00 euro di ammenda sino ad un anno di arresto e seimila euro di ammenda), in particolare nella misura di nove mesi di arresto e 1.500,00 euro di ammenda; quindi, con aumento di un terzo rt. 186, comma ex a 2-sexies, del d. Igs. n. 285 del 1992, essendo stato il fatto commesso in ora notturna, circostanza questa non bilanciabile, come prescritto dall’art. 186, comma 2-sexies, del codice della strada; infine, è stata operata la riduzione per il rito.
Non vi è traccia, dunque, ad opera del decidente della pretesa “derubricazione” di cui si legge alla p. 3 del ricorso, né di una mancata applicazione in concreto delle, pur in effetti riconosciute, attenuanti generiche.
I primi due motivi di ricorso, dunque, oltre che confusamente argomentati, dunque, sono aspecifici poiché non confrontano effettivamente con la sentenza impugnata.
4.4. Del pari manifestamente infondato è l’ultimo motivo, non riconducibile alla casistica, costituente numerus clausus, di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (in vigore dal 3 agosto 2017) e, in ogni caso, e in definitiva, di contenuto meramente apodittico ed assertivo.
5.Consegue pertanto la statuizione in dispositivo. Motivazione semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2019.