Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17837 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 17837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a NAPOLI il 08/09/1951
NOME nato a NAPOLI il 14/07/1951
avverso la sentenza del 11/03/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto in fatto
La sentenza impugnata è del tribunale di in composizione monocratica, con la quale è stata applicata a COGNOME NOME e NOME NOME la pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen. con il pubblico ministero di anni 3 di reclusione, previa concessione delle attenuanti generic equivalenti all’aggravante contestata, per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 112 n. cod. pen., commesso il 27 gennaio 2023.
1.Un primo motivo di ricorso si duole dell’erronea qualificazione giuridica del fatto, momento che sarebbe stata applicata la disciplina della continuazione in presenza di un’unica condotta.
Un secondo motivo si è doluto dell’illegalità della pena, in quanto non sarebbero sta partitamente determinate le pene per il reato-base e per i singoli aumenti previsti per i r satellite.
Ritenuto in diritto
I ricorsi sono inammissibili.
1.11 primo motivo è attinto dal vizio di aspecificità ed è anche manifestamente infondato.
E’ invero consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che “in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del f contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quan tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabili palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza(Cass. sez. 4, n. 13749 del 23/3/22, NOME COGNOME, Rv. 283023; Cass. sez. 5, n. 33145 del 8/10/20, PG c. COGNOME, Rv. 279842; Cass. sez. 1, n. 15553 del 20/3/18, COGNOME, Rv. 272619).
L’editto accusatorio contesta la messa in circolazione di 25 banconote contraffatte, prevede l’indicazione dell’articolo di legge che riguarda il reato continuato, enuncia, infine, distribuzione delle plurime banconote false è avvenuta “con più azioni esecutive di u medesimo disegno criminoso”.
La ragione di ricorso difetta, pertanto, di specifiche ed efficaci allegazioni confutativ rivela in contrasto con gli atti processuali resi disponibili al collegio.
2.11 secondo motivo è manifestamente infondato.
2.1. In tema di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen., affinché la pena ris legale, occorre, nel caso di operatività dell’istituto della continuazione, che la pena compless finale risulti, anche se di poco, superiore al minimo edittale in modo da potersi ritenere c giudice abbia comunque valutato la conformità a legge e la congruità della pena concordata, tenendo conto anche di un aumento, evidentemente da includere nella pena finale oggetto del patteggiannento per la riconosciuta continuazione (in motivazione, Sez. 4, n. 10688 del 05/03/2020, COGNOME, Rv. 278970).
Risponde a questa logica anche Sez. 4, n. 4382 del 28/09/2000, COGNOME, Rv. 217696, in cui, in un caso di applicazione della continuazione, è stato ritenuto sufficiente che la p complessiva finale fosse superiore al minimo edittale, potendosi così ritenere che il giudice
avesse implicitamente valutato la legalità e congruità in ragione del conteggiato aumento, incluso nella pena finale oggetto del patteggiamento.
In definitiva, atteso che la pena è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti e
i
generali previsti dagli artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 e seguenti, cod. pen., oppure limiti
edittali previsti per le singole fattispecie di reato (sez. u, n.877 del 14/07/2022, Sacchet la quantificazione della pena complessiva per il reato continuato è chiaramente avvenuta
secondo i crismi di legge.
3.Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., all’inammissibilità del ricorso degli imputati conseguo condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – ravvisandosi colpa
nella formulazione dei motivi di ricorso (Corte Cost. 13/6/2000 n. 186) – anche al pagamento della somma di euro 4000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23/04/2025