Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5258 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5258 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FELTRE il 15/09/1961
avverso la sentenza del 09/05/2024 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1. Il GUP del Tribunale di Ascoli Piceno ha emesso sentenza di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di NOME COGNOME in relazione a tre contestazioni di bancarotta fraudolenta, applicandogli la pena di anni uno, mesi sette e giorni 26 di reclusione, con pena sospesa subordinata, d’ufficio da parte del giudice e visto l’art. 165 comma secondo, cod. pen., alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per la durata di un anno, presso un ente da individuare (anche a cura dell’imputato, entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui denuncia nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. ed al vizio attinente all’espressione della volontà delle parti, per avere il GUP disposto d’ufficio subordinazione della pena sospesa alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, senza che le parti si fossero accordate in tal senso.
Il patteggiamento, infatti, prevedeva soltanto la sospensione condizionale della pena, determinata come in sentenza.
La difesa rammenta che le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 23400 del 2022, hanno affermato che, nel procedimento speciale di cui all’art. 444 cod. proc. pen., la prestazione non retribuita a favore della collettività richiede un’espressa manifestazione di volontà da parte dell’imputato. Precisamente, l’accordo delle parti sull’applicazione di una pena detentiva di cui viene richiesta la sospensione condizionale deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi “ex lege” alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata, con la conseguenza che, in mancanza di pattuizione anche su tali elementi, la sospensione non può essere accordata e, qualora al suo riconoscimento sia subordinata l’efficacia della stessa richiesta di applicazione dell pena, questa deve essere integralmente rigettata.
Inoltre, ancora la pronuncia delle Sezioni Unite ha chiarito che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 165 cod. pen., 18-bis disp. coord. cod. pen. e 54 d.lgs. n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità non può avere durata superiore a sei mesi, mentre invece, nel caso del ricorrente, la durata stabilita è di un anno.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni che si indicheranno di seguito.
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Si osserva, in via preliminare, che il motivo di ricorso non è inammissibile poich espressamente riconnpreso nelle ipotesi dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen.; e precisamente nella ragione di ricorribilità declinata secondo il parametro del difetto d correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
2.1. La questione interpretativa proposta deve essere risolta, poi, facendo applicazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 23400 del 27/1/2022, COGNOME, Rv. 283191, con cui si è stabilito che, nel procedimento speciale di cui all’art. 444 cod. proc. pen., l’acco delle parti sull’applicazione di una pena detentiva di cui viene richiesta la sospension condizionale deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi “ex lege” alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata, con la conseguenza che, in mancanza di pattuizione anche su tali elementi, la sospensione non può essere accordata e, qualora al suo riconoscimento sia subordinata l’efficacia della stessa richiesta di applicazione della pena, questa deve essere integralmente rigettata (le Sezioni Unite hanno richiamato, in motivazione, quanto già affermato nelle precedenti pronunce Sez. U, n. 10 del 11/5/1993, COGNOME, Rv. 194064-01 e Sez. U, n. 5882 del 11/5/1993, COGNOME, Rv. 193417).
La sentenza COGNOME ha chiarito come non possa essere consentito al giudice l’integrazione dell’accordo rimesso All’autonomia delle parti, risultato c necessariamente si perverrebbe subordinando la sospensione ad un obbligo dalle parti non previsto, atteso che la loro volontà non è mai interpretabile in termini di implici consenso all’esercizio dei poteri discrezionali del giudice in ordine alla selezione configurazione dell’obbligo subordinante.
E tale principio è applicabile ad ogni ipotesi di subordinazione del beneficio dell sospensione condizionale della pena agli obblighi previsti a carico del condannato dall’art. 165 cod. pen., sia quella facoltativa che quella obbligatoria.
In particolare, la sentenza COGNOME ha chiarito che al giudice del patteggiamento non è consentito subordinare motu proprio la concessione della sospensione condizionale concordata dalle parti ad uno degli obblighi previsti dall’art. 165 cod. pen., anche ne caso di reiterazione del beneficio (e dunque di obbligatorietà della subordinazione predetta), atteso che la scelta della prescrizione da imporre e la modulazione del relativo contenuto non sono elementi predeterminati dalla legge, ma rimessi alla discrezionalità del decidente, con la conseguente sottrazione alle parti della possibilità di prevedere come verrà in concreto esercitato il relativo potere.
La giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza delle Sezioni Unite in esame ha già applicato le affermazioni delle Sezioni Unite COGNOME a casi analoghi.
Sez. 3, n. 19605 del 25/01/2023, Leone, Rv. 284614 – 01 ha ribadito, infatti, che, in tema di patteggiamento, il giudice, nel ratificare l’accordo intervenuto tra le parti, n può alterarne il contenuto, subordinando la concessione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo rimasto estraneo alla pattuizione, posto che,
ove reputi l’imputato immeritevole del beneficio, in assenza del previo adempimento dell’obbligo a suo carico, non ha alcuna alternativa rispetto al rigetto dell’istanza principio è stato affermato in una fattispecie in cui si è ritenuto che l’operativit beneficio sospensivo non potesse essere subordinata alla demolizione delle opere abusivamente realizzate, con conseguente annullamento senza rinvio della decisione che aveva alterato l’accordo “inter partes”.
Nel caso del ricorrente, l’istanza di patteggiannento proposta dalle parti non prevedeva gli obblighi di svolgere lavori di pubblica utilità per un anno, invece disposti dal giud in sentenza quale condizione di subordinazione della sospensione condizionale della pena.
Tali obblighi, pertanto, non potevano essere disposti autonomamente dal giudice, come invece è accaduto.
L’unica opzione per il giudice, qualora ritenga l’imputato immeritevole del beneficio, in mancanza di un previo adempimento degli obblighi previsti ai sensi dell’art. 165 cod. pen, quando essi abbiano natura facoltativa, oppure quando egli debba obbligatoriamente applicare gli obblighi non contemplati nel patto, è il riget complessivo dell’istanza di applicazione pena.
Il motivo di ricorso relativo, dunque, all’illegittimità della statuizione in esame mancanza di correlazione tra richiesta e sentenza, è fondato, con effetto assorbente della seconda ragione difensiva, relativa alla durata oltre la previsione di legge di tal statuizione accessoria (nel caso di specie, si è fissata la durata di un anno).
Come noto, il lavoro di pubblica utilità – secondo quanto chiarito ancora dalla sentenza delle Sezioni Unite COGNOME – soggiace a due limiti massimi cumulativi: quello di sei mesi, previsto dal combinato disposto degli artt. 18 bis disp. coord. trans. cod. pen. e 54 comma 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, e, se inferiore, quello stabilito dall’art. 16 primo comma, cod. pen. in relazione alla misura della pena sospesa.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Ascoli Piceno per un nuovo giudizio.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Ascoli Piceno per l’ulteriore corso.
Così deciso il 14 novembre 2024.