Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9346 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9346 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 26/04/2022 dal G.i.p. del Tribunale di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur Generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibili del ricorso;
letta la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, c concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28/06/2023, il G.i.p. del Tribunale di Venezia ha applic a COGNOME NOMENOME NOME NOME dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena da que concordata con il Pubblico Ministero in relazione ai reati di cui agli artt. 2 10, 14, 15) e 8 (capo 12) d.lgs. n. 74 del 2000, a lui ascritti in concor qualità meglio specificate nei predetti capi di accusa.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore (lo stesso che aveva concordato la pena con il P.M.), deducendo:
2.1. Violazione di legge (illegalità della pena) e vizio di motivazione riferimento alla mancata rilevazione, da parte del G.i.p., dell’estinzione dei r cui al capo 9) per intervenuta prescrizione maturata anteriormente alla senten
2.2. Violazione di legge (espressione della volontà dell’imputato) e vizio motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. pro pen., sempre con riferimento al capo 9) nonché al capo 12), limitatamente al fatture emesse negli anni 2010 e 2012. Si evidenzia che la richiesta di applicazi della pena ai NOME dell’art. 444 cod. proc. pen. non poteva essere considerata manifestazione di rinuncia alla prescrizione.
2.3. Violazione di legge (erronea qualificazione giuridica) e vizio motivazione. Si deduce che il COGNOME era stato imputato, nei capi 10 e 15, per dichiarazione fraudolenta in relazione all’uso RAGIONE_SOCIALE fatture per operazioni inesis di cui al capo 12, in relazione al quale il ricorrente era stato chiamato a risp del concorso nell’emissione. Si lamenta, in tale contesto, la violazione dell’ d.l.vo n. 74 del 2000 che esclude la possibilità del concorso.
Con memoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la manifesta infondatezza d doglianze sulla prescrizione (non essendo stato computato il periodo sospensione) e – quanto all’ultima questione – per la diversità RAGIONE_SOCIALE so coinvolte.
Con memoria ritualmente trasmessa, il difensore ribadisce le doglianze dedotte in ricorso ed insiste per il loro accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, che possono essere tratta congiuntamente, assume rilievo assorbente la necessità di fare applicazione d consolidato indirizzo interpretativo secondo cui «in tema di patteggiamento, inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della p con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata veri dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 10 limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge i tassativamente indicate» (Sez. F, ord. n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv 279761 – 01).
Con specifico riferimento alla prescrizione, si è ulteriormente precisato «in tema di patteggiannento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso
sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate» (Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 278337 – 01. In senso conforme, cfr. tra le altre Sez. 6, n. 5210 del 11/12/2018, dep. 2019, Chiumiento, Rv. 275027 – 01: «in tema di patteggiamento, la maturata prescrizione di uno dei reati unificati dalla continuazione non è deducibile né rilevabile d’ufficio in cassazione, in quanto non determina, ai NOME del novellato art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’illegalità della pena concordata, che risulta, anche per la frazione relativa a tale reato, conforme alla volontà RAGIONE_SOCIALE parti e a quanto previsto dalla legge in relazione alla qualificazione giuridica del fatto»).
Ad analoghe conclusioni di manifesta infondatezza deve pervenirsi quanto alla residua censura.
Va invero ricordato, in linea generale, che, secondo un insegnamento di questa Suprema Corte del tutto consolidato, «in tema di applicazione della pena su richiesta RAGIONE_SOCIALE parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai NOME dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. peri., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza» (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283023 – 01. In senso conforme, tra le tante, cfr. Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, le doglianze difensive non superano lo scrutinio di ammissibilità, difettando totalmente ogni pur necessario approfondimento in ordine all’applicabilità, nella fattispecie in esame, del consolidato indirizzo interpretativo secondo cui «in tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dall’art. 9 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non si applica al soggetto che cumula in sé le qualità di emittente e di amministratore della società utilizzatrice della autofattura mendace, configurandosi in tal caso sia il delitto di cui all’art. 8 che quello di cui all’art. 2 del d.lgs. citato» (così da ultimo Sez. 3, n. 2859 de 30/11/2022, dep. 2023, Dentice, Rv. 284067 – 01. In senso conforme, cfr. Sez. 3, n. 34021 del 29/10/2020 Rossineli, Rv. 280370 – 01).
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE dell RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 24 gennaio 2024
Il Consiger estensore