Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3431 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3431 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME n. Roma 26/08/1955
avverso la sentenza n. 213/24 Corte di appello di Campobasso del 23/05/2024
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette per il ricorrente le conclusioni depositate dall’avv. NOME COGNOME con cui insiste per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Campobasso ha ribadito la condanna di NOME COGNOME in ordine al delitto di patrocinio infedele (art. 380 cod. pen.), commesso ai danni del proprio assistito NOME COGNOME mediante abbandono della difesa in quattro distinti procedimenti (tre penali ed uno civile) in cui ometteva di comparire o di costituirsi in giudizio, confermando la pena di otto mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, irrogata dal giudice di primo grado.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dello imputato, che formula quattro motivi di doglianza.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 380 cod. proc. pen. e all’erronea affermazione della sussistenza dell’elemento sia oggettivo che soggettivo del reato di patrocinio infedele.
Deduce in particolare il ricorrente che, con riferimento ai procedimenti di cui all’imputazione, manca l’elemento costitutivo del nocumento cagionato alla persona offesa, atteso che il Manes venne prosciolto in tutti i procedimenti penali a suo carico, senza aver corrisposto al difensore, odierno ricorrente, neppure un euro, mentre per quanto riguarda quello di natura civile, difetta il presupposto per la configurazione del reato, non avendogli rilasciato alcun mandato ad litem.
Quanto ai procedimenti penali, il ricorrente sostiene di avere perseguito una chiara strategia difensiva, decidendo di non comparire in giudizio a causa di varie nullità riscontrate nei decreti di citazione a giudizio, da evidenziare eventualmente in fase di appello e così puntare alla declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione; mentre nel giudizio civile, ribadisce che mai vi fu volontà lesiva degli interessi del Manes, non avendo, tra l’altro, da lui ricevuto alcun mandato.
2.2. Vizi congiunti di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità dell dichiarazioni della persona offesa, contraddettasi in dibattimento nell’affermare di essersi rivolto al ricorrente solo in occasione dei predetti procedimenti mentre al giudicante era stata offerta prova documentale di altri incarichi professionali espletati per suo conto davanti al Tribunale del riesame di Campobasso, al Giudice di Pace ed al TAR Molise.
2.3. Travisamento della prova
La Corte d’appello ha ipotizzato la presenza di un mandato rilasciato dal Manes all’imputato nell’ambito del giudizio civile laddove l’unico mandato da lui effettivamente rilasciato fu quello conferito all’avv. COGNOME per la difesa in grado di appello.
2.4. Manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova in riferimento al principio della condanna al di là dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen.
La difesa del ricorrente ribadisce la rilevanza dell’assenza di alcun pregiudizio per la persona offesa nell’ambito dei procedimenti penali, da cui è uscita sempre assolta mentre riguardo alla vicenda relativa al procedimento civile, non essendovi stato alcun conferimento di procura, era da escludere che l’imputato potesse patrocinare in assenza di specifico mandato, in quanto mai ricevuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Nel censurare la decisione impugnata, la difesa dell’imputato pone, con il primo motivo di ricorso, in rilievo un punto cruciale concernente la astratta configurabilità del reato di patrocinio infedele di cui all’art. 380 cod. pen. e vale a dire l’asserita mancanza di un concreto nocumento cagionato all’assistito per effetto della condotta, che si assume infedele, del patrocinatore legale.
Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono unanimi nell’indicare tale requisito quale elemento costitutivo indefettibile della sussistenza dell’illecito penale.
E’ stato, infatti, ripetutamente affermato che il principio che il delitto i questione non è integrato dalla sola violazione dei doveri professionali, occorrendo anche la verificazione di un nocumento agli interessi della parte, che può essere costituito dal mancato conseguimento di risultati favorevoli, ovvero da situazioni processuali pregiudizievoli, ancorché verificatesi in una fase intermedia del procedimento, che ne ritardino o impediscano la prosecuzione (Sez. 6, n. 8617 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278710; Sez. 6, n. 5764 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278209; Sez. 6, n. 26542 del 16/06/2015, PM in proc. Carignano, Rv. 263919 e molte altre).
E ancora, che ai fini della integrazione del delitto di patrocinio o consulenza infedele (art. 380 cod. pen.) è necessario che si verifichi un nocumento agli interessi della parte, che, quale conseguenza della violazione dei doveri professionali, rappresenta l’evento del reato, inteso non necessariamente in senso civilistico quale danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento di beni giuridici o di benefici, anche solo di ordine morale, che avrebbero potuto conseguire al corretto e leale esercizio del patrocinio legale (Sez. 5, n. 22978 del 03/02/2017, COGNOME, Rv. 270200 in fattispecie in cui la condotta del professionista aveva determinato un allungamento dei tempi del processo penale, conclusosi con esito negativo per la persona offesa patrocinata; conf. Sez. 2, n. 12361 del 14/02/2019, COGNOME, Rv. 275383).
Tanto premesso, il Collegio osserva preliminarmente che, stando alla contestazione, la persona offesa COGNOME avrebbe complessivamente corrisposto all’imputato 23.000 euro a fronte di prestazioni di fatto inesistenti.
La sentenza impugnata afferma, infatti, che a causa della sua condotta, il ricorrente “ha determinato a carico della odierna parte civile indubitabili danni di varia natura. Non solo quelli costituiti dai pagamenti in atto documentati” (pag. 7-8), precisando in prosieguo che non si nutrono dubbi in ordine al “nocumento in concreto derivato al Manes da tali violazioni dei doveri professionali ché, al di là di quanto denaro lo COGNOME abbia o non ricevuto specificamente per ciascuno de/procedimenti oggetto di imputazione, …” (pag. 9).
Tale affermazione va evidentemente correlata all’odierna deduzione difensiva, già formulata in corso di giudizio di merito, secondo cui il ricorrente non ebbe a percepire alcun compenso in relazione ai procedimenti penali, dai quali l’assistito risultò comunque prosciolto, pur avendolo dovuto corrispondere ai difensori di ufficio avvicendatisi nella sua difesa (per un riscontro di tale circostanza v. pag. 2 della motivazione della sentenza di primo grado).
Sembra, dunque, di capire che il concreto nocumento patito dall’assistito COGNOME nei procedimenti penali sia in realtà da individuare in quel compenso corrisposto ai difensori di ufficio, per la difesa prestatagli nell’ambito di que procedimenti da cui uscì sempre assolto.
Lo stesso Procuratore Generale in sede, nella requisitoria scritta sostiene che “Rientrano nei danni cagionati all’assistito anche quelli costituiti dalle somme corrisposte all’imputato, documentate in atti, e dagli emolumenti richiestegli dai difensori di ufficio per le rispettive spettanze professionali”, dando per assodato il parziale mutamento dell’imputazione avvenuta in corso di giudizio.
Tirando le fila degli argomenti, dalla lettura integrata delle sentenze di merito non è dato comprendere – attesa l’impossibilità di questo giudice di legittimità di
accedere agli atti di natura documentale menzionati in sentenza attestanti l’avvenuta corresponsione di somme al ricorrente – quale sia stato il nocumento effettivo patito dal Manes nei procedimenti penali cui venne sottoposto, atteso che risultava del tutto doverosa la corresponsione dei compensi maturati dai difensori nominatigli d’ufficio, grazie anche alle cui prestazioni rimase, infatti, indenne da ogni accusa.
3. Con riferimento, invece, al procedimento di natura civile per accertamento di occupazione abusiva, rilascio di immobile e risarcimento danni (secondo quanto meglio precisato in ricorso), l’imputato ha sempre affermato di non avere mai ricevuto uno specifico mandato, pur rimanendo costantemente al corrente della vicenda, per averne studiato l’oggetto causa e all’esito della pronuncia di primo grado per averne richiesto copia degli atti, dopo essersi dotato di apposito fondo spese messo a disposizione dall’assistito (150 euro), consegnando poi l’incarto in suo possesso al nuovo difensore, avv. COGNOME cui il COGNOME aveva conferito mandato (ottava pagina della sentenza impugnata priva di numerazione).
La Corte di appello sostiene, per contro, che la prova dell’effettivo conferimento del mandato deriva dalla circostanza che, nelle dichiarazioni spontanee rese, l’imputato non ha fatto cenno alcuno al fatto “di non avere mai ricevuto mandato a costituirsi – la qual cosa, ove corrispondente al vero, sarebbe stata definitivamente dirimente – ma abbia aggiunto tanto altro che quel mandato presuppone” e vale a dire di avere discusso a fondo della questione con COGNOME, di averlo sconsigliato di costituirsi in assenza di sufficienti elementi di prova documentale e testimoniale, di avergli chiesto un fondo spese per acquisire le copie del fascicolo in vista della proposizione dell’appello, salvo poi ricevere comunicazione del conferimento dell’incarico ad altro legale.
La difesa del ricorrente evoca al riguardo la figura, troppo spesso richiamata a sproposito nei giudizi di legittimità, del travisamento del dato probatorio, che nello specifico pare, invece, oltre modo pertinente.
La Corte di appello ha, infatti, dato per assodato il conferimento di uno specifico mandato ad litem da Manes al ricorrente per il giudizio civile di primo grado, sebbene le richiamate condotte di interessamento al relativo andamento risultino compatibili anche con l’assenza di un incarico formale, assenza dimostrata semmai proprio dalla costituzione di un modesto fondo spese di 150 euro per il ritiro dell’incarto processuale, cui un difensore già munito di mandato non avrebbe avuto necessità di ricorrere.
Dal suo canto la difesa offre una congrua spiegazione della condotta tenuta dall’imputato, che avrebbe riferito al Manes che non si sarebbe costituito in
giudizio ove non preventivamente munito di prove documentali e testimoniali in base alle quali opporre alla pretesa avversaria l’usucapione dell’immobile, ritenendo preferibile attendere l’esito del giudizio di primo grado e valutare le prove ivi acquisite onde poi eventualmente deferire in appello giuramento decisorio (v. anche sesta e settima pagina della sentenza impugnata).
Anche su tale specifico aspetto, dunque, la sentenza non offre alcuna sicurezza argomentativa, restando il dubbio se la pronuncia di condanna in primo grado sia stata ribadita in forza di un’indebita equiparazione tra patrocinio deontologicamente censurabile e patrocinio infedele di rilevanza penale o, invece, se la possibilità di individuare concretamente, nel primo caso un concreto nocumento patito dalla persona offesa e nel secondo, l’esistenza di un formale mandato ad litem necessario a fondare l’insorgenza in capo al patrocinatore dei doveri deontologici e di legge, possano ancora consentire la configurabilità, in astratto e in concreto, del delitto di cui all’art. 380 cod. pen.
Alla Corte di appello di Salerno, cui gli atti vanno rinviati ai sensi de combinato disposto di cui agli artt. 623, lett. c), ult. parte, cod. proc. pen. e 175 disp. att. cod. proc. pen. – non disponendo quella di Campobasso di una seconda sezione penale – spetta il compito di colmare le gravi lacune argomentative così individuate.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
Così deciso, 17 dicembre 2024 Il consigliere s ensore II
Prgsidete