Patrocinio a Spese dello Stato: Omettere il Reddito di Cittadinanza Costa Caro
L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, garantito anche a chi non ha le risorse economiche attraverso il Patrocinio a spese dello Stato. Tuttavia, per ottenere questo beneficio è necessario dichiarare la propria situazione reddituale con assoluta trasparenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la severità con cui viene trattata l’omissione di informazioni rilevanti, come la percezione del reddito di cittadinanza, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e condannandolo a una pesante sanzione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo che aveva richiesto e ottenuto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Successivamente, è emerso che l’uomo, nell’anno di riferimento (2019), aveva percepito il reddito di cittadinanza, un’entrata economica che non aveva dichiarato nell’istanza presentata. I giudici di primo e secondo grado lo avevano ritenuto responsabile del reato di falsa dichiarazione, sottolineando che non poteva non essere a conoscenza di tale reddito.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la valutazione dei fatti e la ricostruzione del suo presunto intento fraudolento (dolo).
L’Appello e il Giudizio di Legittimità
Il ricorso è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte. I giudici hanno chiarito un punto cruciale della procedura penale: il giudizio di Cassazione è un ‘giudizio di legittimità’, non di merito. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici dei primi due gradi di giudizio.
Le censure mosse dal ricorrente erano proprio di questo tipo: miravano a una diversa interpretazione delle prove e a una nuova valutazione del suo stato psicologico. La Corte ha specificato che, avendo i giudici di merito fornito una motivazione logica, congrua e basata su corretti criteri, non c’era spazio per un intervento in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Cassazione sul Patrocinio a Spese dello Stato
La Corte ha smontato la tesi difensiva, secondo cui non vi era prova del dolo. Al contrario, i giudici hanno confermato che l’intento fraudolento era evidente dalle circostanze. Il ricorrente non poteva ignorare di aver percepito, nel corso del 2019, il reddito di cittadinanza. Si tratta di un’entrata economica regolare e non di una somma trascurabile.
Celare scientemente tale reddito nell’istanza per il Patrocinio a spese dello Stato e dichiarare un dato falso integra pienamente il dolo richiesto dalla norma penale. La Corte ha ritenuto irrilevante che l’ISEE potesse riportare dati diversi, poiché la conoscenza diretta della percezione del reddito è l’elemento chiave che dimostra la volontà di ingannare lo Stato.
Le Conclusioni: Condanna e Sanzione Pecuniaria
In conseguenza della dichiarata inammissibilità del ricorso, la Corte di Cassazione ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un monito importante sull’obbligo di correttezza e trasparenza nelle dichiarazioni rese allo Stato per ottenere benefici, specialmente in un ambito delicato come quello dell’accesso alla giustizia.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito e non possono essere oggetto del giudizio di legittimità svolto dalla Cassazione.
Come è stato provato il dolo (l’intenzione) del ricorrente?
Il dolo è stato desunto dalla circostanza che il ricorrente non poteva ignorare di aver percepito il reddito di cittadinanza nell’anno 2019. La Corte ha ritenuto che egli abbia scientemente nascosto tale reddito, dichiarando un dato falso nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23094 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 163)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perch contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di meri che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte salernitana, conformemente al primo giudice, ha desunto il dolo del prevenuto dalle circostanze di fatto processualmente emerse, con particolare riguardo alla circostanza che il prevenuto non poteva ignorare di aver percepito nell’anno 2019 il reddito di cittadinanza, indipendentemente dai dati che emergevano dall’ISEE, in tal modo scientemente celando un reddito regolarmente percepito e dichiarando un dato falso nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
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