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Patrocinio a spese dello Stato: redditi da dichiarare

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per false dichiarazioni nella domanda di patrocinio a spese dello Stato. Aveva omesso i redditi da invalidità di due familiari conviventi. La Corte ribadisce che ogni entrata, anche non imponibile, che esprime capacità economica deve essere inclusa nella dichiarazione, integrando il reato in caso di omissione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patrocinio a spese dello Stato: tutti i redditi contano, anche quelli non tassabili

L’accesso al patrocinio a spese dello Stato è un diritto fondamentale per garantire la difesa a chi non ha le risorse economiche per sostenerla. Tuttavia, la sua richiesta è subordinata a una dichiarazione veritiera e completa delle proprie condizioni reddituali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza un principio cruciale: nella domanda devono essere inclusi tutti i redditi, anche quelli esenti da imposte come le indennità di invalidità. Omettere tali informazioni integra un reato, a prescindere dall’esito della richiesta.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato in primo e secondo grado per il reato di false attestazioni nella domanda di ammissione al gratuito patrocinio. L’imputato aveva dichiarato un reddito familiare di circa 8.500 euro, omettendo però due importanti entrate percepite da altri due familiari conviventi: un reddito da invalidità civile di oltre 3.300 euro e una rendita per inabilità permanente di quasi 34.000 euro. Secondo l’accusa, questa omissione aveva falsato la rappresentazione della reale capacità economica del nucleo familiare, requisito essenziale per ottenere il beneficio.

I Motivi del Ricorso e la questione sul patrocinio a spese dello Stato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una “mancanza di motivazione” da parte della Corte d’Appello e un’errata applicazione della legge (art. 95 d.P.R. 115/2002). La difesa sosteneva che i redditi derivanti da invalidità civile e da rendita per inabilità permanente non dovessero essere considerati rilevanti ai fini del calcolo del reddito per l’accesso al beneficio, trattandosi di somme non imponibili fiscalmente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni della difesa con motivazioni chiare e basate su principi giuridici consolidati.

1. Inammissibilità per Genericità e “Motivo Nuovo”

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato aspecifico, poiché si limitava a denunciare una generica “mancanza di motivazione” senza indicare quali elementi processuali sarebbero stati trascurati dai giudici di merito. Inoltre, la difesa ha introdotto per la prima volta in Cassazione questioni sulla natura delle entrate, un accertamento di fatto che non è consentito in sede di legittimità e che costituisce un “motivo nuovo”, come tale inammissibile.

2. L’Obbligo di Dichiarare Tutti i Redditi, anche da Invalidità

Il cuore della decisione risiede nel principio, ribadito con forza dalla Corte, secondo cui ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato rilevano tutte le componenti di reddito, imponibili o meno. La logica è che qualsiasi entrata, siccome espressiva di capacità economica, deve essere considerata per valutare se il richiedente si trovi effettivamente in una condizione di non abbienza. Di conseguenza, anche le somme percepite a titolo di invalidità civile o di rendita per inabilità permanente, pur essendo esenti da tassazione, devono essere obbligatoriamente dichiarate.

3. La Natura del Reato: la Falsità è di per sé Punibile

La Cassazione ha infine sottolineato che il reato di false indicazioni nella domanda di gratuito patrocinio è un reato di pericolo. Ciò significa che la condotta penalmente rilevante consiste nella stessa dichiarazione falsa o omissiva, indipendentemente dal fatto che il beneficio venga poi effettivamente concesso o che il richiedente, anche dichiarando il vero, ne avrebbe comunque avuto diritto. La legge intende punire la slealtà del cittadino nei confronti dell’amministrazione della giustizia, che si fida della veridicità delle sue autodichiarazioni. Omettere dati rilevanti, come i redditi dei familiari, integra il reato perché mina la sussistenza delle condizioni di reddito necessarie per l’ammissione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso e chiaro: chi richiede il patrocinio a spese dello Stato ha l’onere di essere trasparente e completo. Ogni forma di reddito, di qualunque natura, che contribuisca alla capacità economica del nucleo familiare deve essere dichiarata. L’omissione non è una semplice dimenticanza, ma un reato che viene punito per il solo fatto di aver fornito informazioni non veritiere, a tutela della corretta amministrazione delle risorse pubbliche destinate a garantire il diritto di difesa ai non abbienti.

Quali tipi di reddito devono essere dichiarati per richiedere il patrocinio a spese dello Stato?
Devono essere dichiarati tutti i redditi, sia quelli imponibili ai fini fiscali sia quelli non imponibili, come le somme percepite a titolo di invalidità civile o di rendita per inabilità permanente. La legge considera rilevante ogni entrata che esprima la capacità economica complessiva del nucleo familiare.

Commette reato chi fa una dichiarazione falsa, anche se alla fine non ottiene il beneficio?
Sì. Il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002 si configura con la semplice presentazione di una dichiarazione falsa o incompleta sui dati di reddito. È irrilevante che il beneficio venga poi concesso o negato, poiché la norma punisce la mendace dichiarazione in sé.

È possibile contestare per la prima volta in Corte di Cassazione la natura di un reddito non dichiarato?
No. La Corte di Cassazione giudica sulla corretta applicazione della legge, non riesamina i fatti del processo. Introdurre per la prima volta in quella sede argomentazioni che richiedono un accertamento di fatto (come la natura specifica di un’entrata economica) costituisce un ‘motivo nuovo’, che rende il ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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