Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15225 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15225 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a POLISTENA il 19/02/1973
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
I.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del 17 giugno 2020, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria aveva condannato NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, commesso in Reggio Calabria il 2 settembre 2013.
Morabito, secondo l’accusa, nell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dinnanzi al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria, nell’ambito del procedimento relativo alla richiesta di misura alternativa alla detenzione, aveva dichiarato falsamente, al fine di conseguire l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che i redditi del suo nucleo familiare (composto da sette persone) nell’anno 2012 erano pari a euro 4.466,00, percepiti dal marito, mentre in realtà il suo nucleo familiare aveva percepito nel predetto anno redditi per euro 18.713,21. In particolare dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza era emerso che:
il marito aveva percepito, a titolo di pensione Inail, la somma di euro 11.369,00 e, a titolo di prestazione per disoccupazione non agricola erogata dall’Inps, la somma di euro 5.731,90 ed era, altresì, intestatario di un veicolo Audi A4, oltre che di tre beni immobili;
ella stessa aveva percepito, a titolo di prestazione per categoria AWOO, la somma di 1.714,31 ed era titolare di un bene immobile.
La Corte di appello ha confermato l’affermazione di responsabilità dell’imputata, rilevando, quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo, che eventuali errori in ordine ai redditi rilevanti ai fini della ammissione dovevano essere considerati inescusabili in quanto errori di diritto, e ribadendo, altresì, l sussistenza della recidiva infraquinquennale.
2.Avverso la sentenza COGNOME tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato. Il difensore ribadisce che il dato autocertificato dall’imputata era stato tratto da un estratto contabile reddituale e dalla certificazione Isee, appositamente commissionata ad un Caf, così da poter redigere e depositare l’istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato. Ella, pertanto, non aveva inserito nella dichiarazione i redditi di cu all’accertamento della Guardia di Finanza, in quanto tali redditi non erano stati inseriti nei documenti rilasciati dal Caf e attenevano, in massima parte, a emolumenti percepiti dal marito a titolo di disoccupazione agricola e non agricola e a emolumenti da lei percepiti quale operatrice, all’epoca del fatto, in una
categoria protetta. COGNOME Il difensore invoca, dunque, l’applicazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini della sussistenza del reato deve essere provato il dolo, inteso quale coscienza e volontà di riferire il falso, ovvero un atteggiamento psichico che manifesti, quanto meno, adesione all’evento previsto; ricorda che tale principio è stato affermato nel caso in cui sia stato dichiarato un reddito errato, proprio sulla base di un certificato Isee, a sua vota errato, ovvero nel caso di entrate patrimoniali non riportate da documenti fiscali provenienti dalla pubblica amministrazione o da terzi. La Corte di Appello a tale rilievo aveva replicato affermando che l’imputata aveva pretermesso non solo i redditi percepiti a titolo di disoccupazione non agricola, ma anche ulteriori voci reddituali, ossia la pensione a titolo di invalidità percepita dal marito e gli impor da lei percepiti a titolo di prestazione per categorie protette: tuttavia le circostanz evidenziate dalla Corte -osserva il difensore- ampliano la fattispecie sotto il profilo materiale, ma non offrono lumi sull’effettiva volontà della ricorrente di frodare il sistema del patrocinio a spese dello stato.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della recidiva ex art. 99 comma 2 cod. pen. Secondo il difensore la Corte aveva motivato la sussistenza della recidiva in maniera apodittica e apparente, facendo riferimento a plurime violazioni di eterogenee-norme di legge che sarebbero espressione di una concreta e marcata pericolosità. In realtà COGNOME aveva riportato solo una precedente condanna, ovvero quella per la quale poi aveva formulato la richiesta di misura alternativa nel procedimento in cui aveva richiesto l’ammissione al patrocinio, relativa alla denuncia di giornate di lavoro agricolo mai effettuate, la cui registrazione era servita più ai titolari dell’azienda ove era inserita illo tempore, che alla stessa COGNOME. Ella, in quel periodo storico, versava in condizioni economico-sociali disagiate, tali da giustificare una personalità fragile, ma non certo incline al delitt e pericolosa; dall’I. settembre 2020 aveva iniziato a lavorare come collaboratrice scolastica in una scuola di Verona.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso è fondato con riferimento al secondo motivo relativo alla ritenuta sussistenza della recidiva. La fondatezza di tale motivo comporta l’annullamento della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
2. La Corte di Appello, nel riconoscere la recidiva, ha fatto riferimento alla pluralità di precedenti nei confronti dell’imputato, ma non ha tenuto conto che,
delle due condanne risultanti dal certificato del casellario giudiziario, quella di cu alla sentenza del Tribunale di Palmi irrevocabile, relativi ai reati di truffa posti
essere nell’anno 2007, era stata estinta per esito positivo della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Di tale condanna, dunque, la Corte
non avrebbe dovuto tenere conto, in conformità del principio per cui l’estinzione di ogni effetto penale, determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al
servizio sociale, comporta che
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le relative condanne non possano essere considerate, ai fini della integrazione
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della recidiva (Sez. U, n. 5859 del
27/10/2011, dep. 2012, Marciano’, Rv. 251688; Sez. 3, n. 41697 del 08/05/2018,
G. Rv. 273941; Sez. 3, n. 39550 del 04/07/2017, Mauri, Rv. 271342).
3.11 venire meno della contestazione della recidiva infraquinquennale fa sì che il termine di prescrizione del reato deve essere calcolato in anni sei nel minimo ed
in anni sette e mesi sei nel massimo, in ragione degli atti interruttivi, ai sensi de combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen. Tale termine, tenuto conto della data del commesso reato (2 settembre 2013), è ampiamente decorso.
4. La sentenza deve essere annullata senza rinvio per estinzione del reato dovuta a prescrizione. In presenza di una declaratoria di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di Cassazione uno scrutinio finalizzato all’eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione, poiché in tale giudizio “…l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., ove risulti l’esistenza della causa estintiva della prescrizione, opera nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in conformità ai limiti di deducibilità del vizio di motivazione” (sez. 1 n. 35627 del 18/4/2012, P.G. in proc. Amurri, Rv. 253458) che deve risultare dal testo del provvedimento impugnato (cfr. sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, P.G., Fontana e altri, Rv. 258169). Nel caso all’esame tale evenienza non ricorre, anche alla luce dei motivi di ricorso, cosicché deve addivenirsi alla declaratoria di estinzione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.