Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2881 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2881 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CROTONE il 13/07/1960
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone del 16.09.2020 che aveva condannato COGNOME NOME alla pena di mesi otto di reclusione e € 600,00 di multa, oltr al pagamento delle spese processuali, per il reato di cui all’art. 95 d.P. 115 del 2002.
La COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con il primo motivo, vizio di motivazione circa la mancata prova della penale responsabilità della ricorrent in riferimento al reato a lei ascritto per mancanza dell’elemento soggettiv con il secondo motivo, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è meramente GLYPH riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudi di merito (fol. 1 e 2) e non scanditi da specifica critica delle argomentazio base della sentenza impugnata. La Corte territoriale, nel respingere i moti di appello, ha evidenziato che lo stato di famiglia documentava la convivenza della COGNOME con il fratello NOME e proprio grazie alla omissione nell dichiarazione resa, che aveva comportato il mancato computo dei redditi del COGNOME NOME, la COGNOME NOME era riuscita a rientrare nei limiti previst dalla legge e a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato. Va all ricordato che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, le false indicazio le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, devono essere sorrette dal do generico GLYPH o GLYPH anche GLYPH da GLYPH dolo GLYPH eventuale GLYPH ( GLYPH Sez. 4 – , n. 37144 del 05/06/2019 Rv. 277129 01; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, Rv. 271051 – 01). I giudici di merit facendo corretta applicazione di tali principi, hanno correttamente ritenuto c non vale ad escludere il dolo la mera deduzione, non seguita da alcuna prova, del fatto che la situazione di convivenza con il fratello NOME NOME, regolarmente documentata dalle certificazioni anagrafiche, non fosse corrispondente alla situazione reale. I redditi da dichiarare, secondo disposizione di legge, sono infatti quelli della” famiglia anagrafica” ( art e 79 DPR n.115 del 2002). Né la ricorrente può dedurre di aver ignorato
l’obbligo di dichiarare il reddito del fratello convivente come risultante d certificazione anagrafica, poichè l’errore sulla nozione di reddito rilevant fini dell’ammissione al beneficio non esclude l’elemento soggettivo del reat di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non trattandosi di error legge extrapenale, posto che l’art. 76 del medesimo decreto è espressamente richiamato dalla predetta norma incriminatrice (Sez. 4, Sent. n. 418 d 25/11/2021, Baccini, Rv. 282560).
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tu le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art comma primo, cod. peri., delle modalità della condotta, del grado d colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U Sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e ha logicamente congruamente motivato, con giudizio di merito insindacabile, che l’offesa non è di particolare tenuità, in considerazione del danno economico arrecato all Stato.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro peri.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024.