Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8538 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/11/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 23 maggio 2022, esclusa la circostanza aggravante dell’ammissione al beneficio, ha ridotto la pena ad anni uno di reclusione ed euro trecentocinquanta di multa nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002.
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va premesso che, ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al patrocinio, rileva ogni componente di reddito, imponibile o non, siccome espressivo di capacità economica (Sez. 4, n. 12410 del 06/03/2019, NOME, Rv. 275359) e le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazi o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio integrano il reato di cui si tratta solo allorquando riguardino la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, ma non anche quando cadano su elementi a tal fine irrilevanti (Sez. 4, n. 20836 del 16/04/2019, COGNOME Vito, Rv. 276088). La correttezza di tale ultimo approccio ermeneutico sembra trovare un appiglio testuale in quanto incidentalmente affermato delle Sezioni Unite di questa Corte in una decisione riguardante la diversa, seppur correlata, tematica della revoca del beneficio, con specifico riferimento alla falsità o all’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certific zione, prevista dall’art.79, c. 1, lett. c) d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in caso di redditi che non superino il limite di ammissibilità (Sez. U. n. 14723 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, non massimata sul punto).
Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell’istante, ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che con lui conviva e contribuisca alla vita in comune (Sez. 4, n. 44121 del 2012, Indiveri, Rv. 253643).
In ordine all’elemento soggettivo, va ricordato che le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del dolo eventuale (Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, Bonelli, Rv. 277129).
Inoltre, ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 95 cit., in caso di effe sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, non è sufficiente che l’istanza contenga falsità od omissioni, dovendo il giudice procedere ad una rigorosa verifica dell’elemento soggettivo del reato, al fine di escludere l’eventuale inutilità del falso (Sez. 4, n. 7192 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272192; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271051).
Ciò posto sui principi operanti in materia, nella specie, la Corte territoriale, con motivazione del tutto congrua e non contraddittoria, coerente coi principi affermati in sede di legittimità, ha sottolineato che il reato non poteva essere ascritto a leggerezza della COGNOME, emergendo un reddito non dichiarato di 3.601,45 oltre quello da lavoro dipendente e che il reato non era escluso in conseguenza del mancato superamento della soglia per l’ammissione al beneficio.
La ricorrente si limita a reiterare le censure precedentemente prospettate, senza tuttavia apportare elementi concreti per disarticolare l’apparato argomentativo della sentenza impugnata.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.