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Patrocinio a spese dello Stato: dolo e redditi familiari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L’imputato aveva omesso i redditi dei familiari conviventi. La Corte ha ribadito che per questo reato è sufficiente il dolo eventuale e che la responsabilità della dichiarazione ricade su chi la sottoscrive, anche se materialmente compilata da altri, in quanto non si possono ignorare redditi rilevanti percepiti da persone conviventi.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patrocinio a Spese dello Stato: Omissione dei Redditi Familiari e Dolo Eventuale

L’accesso al patrocinio a spese dello Stato è un diritto fondamentale per garantire la difesa a chi non ha mezzi economici. Tuttavia, la sua richiesta impone un dovere di trasparenza e correttezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per false dichiarazioni a un soggetto che aveva omesso i redditi dei familiari conviventi, chiarendo importanti aspetti sulla responsabilità del dichiarante e sull’elemento soggettivo del reato.

I Fatti del Caso

Un cittadino veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Livorno sia in secondo grado dalla Corte di Appello di Firenze per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002. L’accusa era di aver presentato una dichiarazione non veritiera per ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, omettendo di indicare i redditi percepiti dalla moglie e dalla figlia, con lui conviventi. Nella sua istanza, l’uomo aveva dichiarato un reddito familiare complessivo di circa 9.000 euro, mentre i redditi omessi ammontavano a quasi 20.000 euro.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due motivi: la mancanza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo) e un vizio nella determinazione della pena. A sua discolpa, ha affermato che la documentazione fiscale era stata raccolta e l’istanza precompilata dal suo legale, limitandosi egli stesso alla sola sottoscrizione. In pratica, sosteneva di non essere stato pienamente consapevole dell’errore.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno respinto le argomentazioni della difesa, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha ribadito la correttezza della valutazione effettuata in appello, ritenendo che le doglianze dell’imputato fossero semplici riproposizioni di tesi già esaminate e correttamente rigettate.

Le motivazioni: Redditi Familiari e Patrocinio a Spese dello Stato

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo del reato. La Corte ha ricordato che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’articolo 76 del D.P.R. 115/2002 impone di considerare i redditi di tutti i familiari conviventi con il richiedente. L’imputato, convivendo con moglie e figlia, non poteva ignorare i loro consistenti redditi.

La Corte ha inoltre specificato, richiamando una giurisprudenza consolidata, che il dolo richiesto per questo tipo di reato è generico e può assumere anche la forma del ‘dolo eventuale’. Ciò significa che non è necessario provare che l’imputato volesse intenzionalmente frodare lo Stato, ma è sufficiente che abbia agito accettando il rischio che la sua dichiarazione incompleta potesse portare a un’indebita ammissione al beneficio. La firma apposta su una dichiarazione contenente dati precisi e non veritieri smentisce la tesi della mera disattenzione.

Riguardo alla presunta responsabilità del legale che avrebbe precompilato il modulo, i giudici hanno osservato che tale circostanza era rimasta del tutto indimostrata. L’imputato non aveva mai richiesto di sentire l’avvocato come testimone durante i processi di merito. Di conseguenza, la sua sottoscrizione lo rendeva pienamente responsabile delle informazioni attestate.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza alcuni principi chiave per chi richiede il gratuito patrocinio:

1. Obbligo di completezza: È fondamentale dichiarare tutti i redditi dei componenti del nucleo familiare convivente. L’omissione, anche parziale, può integrare un reato.
2. Responsabilità personale: La firma sull’istanza implica una piena assunzione di responsabilità sul contenuto della stessa. Affidarsi a terzi per la compilazione non esonera il dichiarante dal dovere di controllare l’esattezza dei dati.
3. Sussistenza del dolo eventuale: Per essere condannati non serve una volontà specifica di ingannare. Basta la consapevolezza di presentare una dichiarazione potenzialmente non veritiera, accettandone le conseguenze.

In definitiva, la decisione sottolinea il rigore con cui l’ordinamento valuta le dichiarazioni per l’accesso a benefici statali, ponendo l’accento sulla diligenza e sulla responsabilità individuale del richiedente.

Quali redditi devono essere dichiarati per il patrocinio a spese dello Stato?
Per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo del richiedente deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che conviva con lui e contribuisca alla vita in comune.

È sufficiente il dolo eventuale per il reato di false dichiarazioni per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato?
Sì, la Corte ha confermato che, secondo una giurisprudenza consolidata, il dolo richiesto per questo reato è generico e può anche rivestire la forma del dolo eventuale, ossia l’accettazione del rischio che la dichiarazione sia falsa.

Se l’avvocato compila la domanda per il patrocinio a spese dello Stato, il richiedente è comunque responsabile per eventuali omissioni?
Sì. Secondo la sentenza, la sottoscrizione della dichiarazione rende il richiedente responsabile del suo contenuto. L’eventuale compilazione da parte del legale è una circostanza che deve essere provata, ma la responsabilità finale ricade su chi firma, il quale non può ignorare dati rilevanti come i redditi dei familiari conviventi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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