Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29296 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29296 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 01/09/1971
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 21.11.2024 ha confermato la sentenza emessa il 12 aprile 2023 dal Tribunale di Livorno che aveva ritenuto penalmente responsabile il il ricorrente in epigrafe del reato di cui all’art. 95, D.P.R. 30 maggio 2 n. 115.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussisten dell’elemento soggettivo del reato. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena.
Il difensore ha depositato memoria con cui ha insistito per la fondatezza dei motivi l’accoglimento del ricorso.
Il motivo è manifestamente infondato oltre che riproduttivo di doglianze già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte di merito. Va infatti ricordato che ai fi dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell’istante, a sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che con lui conviva e contribuisca alla vita in comune (Sez. 4, n. 44121 del 2012, Indiveri, Rv. 253643). Tanto premesso, la Corte territoriale ha argomentato in modo non illogico e conforme ai principi la sussistenza del dolo del reato di cui all’art. 95 D.P.R. 115/2002 che, secondo giurisprudenza consolidata, è generico e può GLYPH anche GLYPH rivestire GLYPH la GLYPH forma GLYPH del GLYPH dolo GLYPH eventuale GLYPH ( GLYPH Sez. 4 – , n. 37144 del 05/06/2019 Rv. 277129 – 01; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, Rv. 271051 – 01). L’imputato, nelle istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, aveva omesso di indicare i redditi della figlia e della moglie con lui conviventi ammontare rilevante ( precisamente, €.13.343 percepito dalla moglie ed €6.512, 27 percepito dalla figlia) i quali redditi, in ragione della convivenza, non poteva certamen ignorare, sottoscrivendo la dichiarazione secondo cui ” il proprio reddito complessivo familiare per l’anno 2017 è pari a euro 9048,21″. Con il motivo si insiste nel prospettazione, adombrata in primo grado e riproposta come motivo di appello, secondo cui il legale dell’imputato avrebbe acquisito la documentazione fiscale e poi precompilato e fatto sottoscrivere la dichiarazione all’odierno ricorrente. Quanto affermato resta un circostanza indimostrata e smentita dalla sottoscrizione dalle precise dichiarazioni, come osservato dalla Corte territoriale in conformità ai principi sopra esposti ( Sez. 4 – n. 37144 del 05/06/2019, Rv. 277129 – 01), non risultando, sul punto, neppure una richiesta di prova. Emerge infatti dai verbali in atti che l’avvocato del ricorrente avrebbe asseritamente precompilato la dichiarazione non era stato neppure indicato quale teste.
5. Relativamente al secondo motivo, si ribadisce che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con
l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazi
dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione d diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputat
(Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022,
GLYPH
Rv.283489-
01;Sez. 1, Sentenza n. 39566 del 16/02/2017,
GLYPH
Rv. 270986 GLYPH 01;
Sez. 3, Sentenza n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 – 01, cfr. anche
Sez.
3 – n. 1913 del 20/12/2018 Rv. 275509 – 03). La Corte territoriale, facendo corretta applicazione del principio, ha rilevato l’assenza di elementi positivi valorizzabi
tal fine, richiamando anzi elementi di disvalore della condotta e la negativa personalit dell’imputato, gravato da molteplici condanne.
6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa
delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M. .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma in data 14 luglio 2025.