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Passaporto falso: inammissibile ricorso vago

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per aver contribuito a creare un passaporto falso. Il documento ha permesso a un terzo soggetto, sottoposto a sorveglianza speciale, di espatriare. La Corte ha ritenuto i ricorsi generici, confermando che la condanna si fondava solidamente su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, come dati GPS e intercettazioni, la cui valutazione logica da parte dei giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Passaporto Falso: Quando gli Indizi Bastano per la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28107/2024, ha affrontato un caso relativo alla creazione di un passaporto falso, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso e sulla valutazione delle prove indiziarie. La decisione conferma che una condanna può reggersi su elementi come dati GPS e intercettazioni, a condizione che questi siano logicamente collegati tra loro e che il ricorso dell’imputato non si limiti a contestazioni generiche.

I fatti del processo

Il caso riguarda due imputati accusati di aver agito in concorso con un terzo soggetto, già condannato con sentenza irrevocabile, per la formazione di un passaporto falso. Il documento riportava le generalità di una persona ma la fotografia del soggetto che intendeva utilizzarlo. Quest’ultimo, all’epoca dei fatti, era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di dimora in un piccolo comune. Grazie al documento contraffatto, era riuscito a eludere i controlli e a espatriare in Sudamerica.
La Corte di Appello di Genova aveva confermato la condanna, ricostruendo la responsabilità degli imputati sulla base di una serie di indizi convergenti: gli spostamenti tracciati tramite GPS, le conversazioni intercettate e la stretta correlazione temporale tra la consegna del passaporto e la partenza del beneficiario.

I motivi del ricorso e la questione del passaporto falso

Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la sentenza di appello si basava su mere congetture, in particolare riguardo ai viaggi effettuati da uno degli imputati per consegnare le fotografie e ritirare il passaporto falso. Inoltre, veniva contestata l’interpretazione di una conversazione intercettata, definita arbitraria, e si sosteneva che il contenuto del dialogo escludesse il coinvolgimento del soggetto poi espatriato.
Per uno degli imputati, veniva anche contestato il riconoscimento della recidiva, sostenendo che i precedenti penali fossero troppo distanti nel tempo e di natura tale da non giustificare un aggravamento della pena.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati e generici.

Sulla responsabilità penale

La Corte ha ribadito che la decisione dei giudici di merito era una “doppia conforme”, cioè due sentenze di condanna uguali, fondata su una combinazione di indizi certi, plurimi e convergenti, come richiesto dall’art. 192, comma 2, del codice di procedura penale. Gli elementi a carico degli imputati (spostamenti GPS, contatti con il fuggitivo, conoscenza del nome falso utilizzato) erano stati logicamente concatenati per dimostrare il loro ruolo decisivo nella vicenda.
Riguardo all’interpretazione delle intercettazioni, la Cassazione ha richiamato il principio consolidato secondo cui decifrare il linguaggio usato dagli interlocutori, anche se criptico, è una questione di fatto di competenza del giudice di merito. Se l’interpretazione è logica e basata su massime di esperienza, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Infine, è stata giudicata irrilevante l’obiezione difensiva sulle condizioni in cui era stata scattata la fototessera, poiché le moderne tecnologie digitali permettono di realizzare foto valide per i documenti in qualsiasi luogo.

Sulla recidiva

Anche il motivo sulla recidiva è stato respinto perché generico. Il ricorso non si confrontava adeguatamente con la motivazione della Corte di Appello, la quale aveva giustificato l’aggravante non solo sulla base del numero, ma anche della natura e della tipologia dei precedenti, desumendo dal nuovo reato una maggiore pericolosità sociale e colpevolezza dell’imputato.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale: per contestare efficacemente una condanna, non è sufficiente presentare motivi di ricorso generici o tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito. Il ricorso deve individuare specifiche e manifeste illogicità nel ragionamento del giudice. In assenza di tali vizi, una condanna basata su un quadro indiziario solido, coerente e convergente, come quello relativo alla fornitura di un passaporto falso, è destinata a essere confermata.

Un insieme di indizi è sufficiente per una condanna penale?
Sì, secondo la sentenza e l’articolo 192 del codice di procedura penale, una condanna può basarsi esclusivamente su prove indiziarie, a condizione che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti, e che la loro combinazione porti a una ricostruzione logica e coerente dei fatti che non lasci spazio a ragionevoli dubbi.

L’interpretazione di una conversazione dal linguaggio ambiguo può essere usata come prova?
Sì, l’interpretazione del linguaggio usato in una conversazione intercettata, anche se criptico o cifrato, è una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito. Se la sua interpretazione è logica e coerente con gli altri elementi di prova, non può essere contestata davanti alla Corte di Cassazione, che si occupa solo di errori di diritto.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico, cioè non contesta specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata, oppure quando mira a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta ai giudici di primo e secondo grado e non alla Corte di Cassazione, la quale svolge un controllo di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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