Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28617 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28617 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il 26/06/1944
avverso la sentenza del 02/12/2024 della Corte d’appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 2.12.2024 la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME COGNOME che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 497-bis, comma 2, cod. pen.
2.Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fid deducendo tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine all’affermazione secondo cui la condotta contestata sarebbe avvenuta, almeno in parte, sul territorio italiano. E’ pacifico che il passaporto incriminato sia arrivato
in Italia non perché trovato in possesso dell’imputato, ma perché consegnato alla Polizia di Fiumicino dal comandante dell’aeromobile, che, a sua volta, lo aveva ricevuto in busta chiusa dalle autorità di frontiera di Macao, ove il ricorrente era giunto da Bangkok. La Corte di appello ha, invece, confermato che COGNOME fosse già in possesso di tutta la documentazione, a lui sequestrata, al momento in cui partì dall’Italia per recarsi a Macao, ove fu, poi, respinto e rimpatriato in Ital non risultando elemento alcuno che legittimasse una diversa lettura dei dati a disposizione. A sua volta il Tribunale aveva affermato che COGNOME veniva riavviato in Italia, verso Roma, una volta giunto a Macao, partito da Milano, perché trovato in possesso di un passaporto diplomatico falso.
Quindi le sentenze di merito basano la propria decisione sull’assunto errato che COGNOME sia arrivato a Macao direttamente dall’Italia, precisamente da Milano, di qui la deduzione che il documento doveva essere nella sua disponibilità già alla partenza, e che quindi la condotta, almeno in parte, si era consumata certamente a Milano, perché sarebbe stato impossibile procurarsi il documento in aereo o all’aeroporto di Macao. Senonché tale asserzione si pone in evidente contraddizione con quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, in particolare con il titolo di viaggio prodotto dal Pubblico ministero da cui risulta, appunto, che COGNOME è giunto a Macao provenendo da Bangkok e non da Milano. La vice commissaria di polizia, COGNOME ha genericamente riferito che in precedenza COGNOME aveva raggiunto Bangkok con volo da Milano, ma, a precisa domanda della difesa, ha risposto di non ricordare i dettagli del viaggio dall’Italia Thailandia.
2.2.Col secondo motivo deduce l’inosservanza del disposto di cui agli articoli 9 c.p. e 128 c.p., ossia l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza della richiesta da parte del Ministro della Giustizia. Escluso, per le ragioni indicate, che il fatto sia stato commesso, neppure parzialmente, in Italia, la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare, anche di ufficio, l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza della richiesta ex art. 9, secondo comma, c.p., trattandosi di delitto comune punito con pena inferiore nel minimo a tre anni, commesso all’estero da cittadino italiano.
2.3.Col terzo motivo deduce l’erronea applicazione del disposto di cui all’art. 497-bis c.p., l’inosservanza dell’art. 49, comma secondo, c.p., per evidente inidoneità offensiva della condotta. Il passaporto dell’imputato, seppur non idoneo all’espatrio, è stato, comunque, effettivamente rilasciato dal KMFAP (knights of Malta Federation of Autonomous Priories, Ordine cavalleresco che non gode dì riconoscimento da parte dei paesi europei e dell’Onu, e, per questo motivo, i documenti identificativi che rilascia non hanno validità per l’espatrio), i
quanto recante proprio quella sigla, e non può essere reputato falso solo perché non rilasciato dallo SMOM (Sovereign Militar Order of Malta, ordine cavalleresco che godendo di riconoscimento da parte dei paesi europei e dell’Onu ha titolo, invece, per il rilascio di documenti validi per l’espatrio).
Ne deriva che al di là della denominazione passaporto impressa sul corpo del reato, il documento in questione difettava della caratteristica essenziale per poter essere considerato un documento valido per l’espatrio: l’apparente provenienza da un’autorità riconosciuta a livello internazionale e legittimata a rilasciare documenti validi per l’espatrio.
Il primo giudice ha ritenuto la falsità del documento in questione non perché “falsamente emesso dal Ministero degli affari esteri”, come si legge nel capo di imputazione, ma perché confondibile con i passaporti emessi dallo SMOM, che, ovviamente, non governando uno Stato, non ha nemmeno apparati ministeriali. Quando la sentenza di primo grado parla di “indici di somiglianza” e “inserzioni aggiuntive” si riferisce quindi al raffronto tra il passaporto KMPAF, in sequestro, e i passaporti validi emessi dallo SMOM. Non vengono tuttavia spiegati quali fossero tali asseriti “indici di somiglianza” e perché le “inserzioni aggiuntive” non implicassero differenze talmente macroscopiche da rendere facilmente distinguibile un valido passaporto SMOM da quello in esame. Per contro, la prima differenza tra i due passaporti che salta agli occhi è la denominazione stessa dell’autorità che lo ha emesso, KMPAF anziché SMOM, impressa a grandi caratteri sul frontespizio del documento sequestrato. La Corte di appello, a fronte delle specifiche doglianze circa la totale inoffensività del possesso di un simile passaporto rispetto ai beni giuridici tutelati dalla norma, non ha integrato la motivazione della sentenza di primo grado, limitandosi a scrivere che “il richiamo `knights of Malta’ sulla copertina è idoneo a trarre in inganno sull’Ordine dei Cavalieri di Malta” e che la testimone COGNOME avrebbe evidenziato “l’estrema diffusione di simili passaporti (…) rinvenuti in molteplici casi in possesso imputati in ulteriori processi, ed utilizzati al fine di avere l’apparenza di personal diplomatico”; laddove sui passaporti rilasciati dallo SMOM non si trova né la parola knights né quella Cavalieri, ed infatti, diversamente da quanto scrive la Corte di merito, la denominazione corretta è “Militar Order” e non “Ordine dei Cavalieri”. Pertanto l’elemento che secondo la Corte territoriale potrebbe generare confusione in realtà non è affatto un elemento comune tra i due ordini perché il termine knights of Malta o Cavalieri di Malta non esiste sui documenti validi. Quanto, poi, alle dichiarazioni della teste COGNOME al riguardo, trattasi assunti generici e ínconferenti rispetto all’idoneità del passaporto ad ingannare la polizia doganale al fine di espatriare. Il fatto che il possessore di simili documenti Corte di Cassazione – copia non ufficiale
possa utilizzarli per presentarsi come personale diplomatico, magari al fine di ricevere trattamenti di cortesia, non significa affatto che tale documento possa, neppure astrattamente, valere per espatriare. Come si era osservato col terzo motivo di appello, i documenti rilasciati dall’ordine cavalleresco KMAPF non sono considerabili una falsificazione dei passaporti validi rilasciati dall’Ordre Souverain Militaire de Malte – SMOM – e tantomeno dal Ministero degli affari esteri, ma solo documenti identificativi dell’appartenenza a un ordine cavalleresco realmente esistente, per quanto non riconosciuto dalle Nazioni Unite come soggetto di diritto internazionale. Il possesso di un simile documento ancorché definito passaporto è quindi inoffensivo stante l’inidoneità, anche in astratto, di esso a consentire al possessore l’espatrio ed in tal senso si è espressa anche il sostituto commissario COGNOME addetta al controllo passaporti presso l’aeroporto di Fiumicino e quindi testimone particolarmente esperta in materia, che ha concluso che “sarebbe stato veramente sciocco da parte del COGNOME esibire questo passaporto perché chi è di frontiera lo sa”, lo riconosce immediatamente. La testimone qualificata ha chiaramente affermato la inidoneità della condotta contestata a mettere in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma, attesa la grossolana evidenza della invalidità del passaporto in esame, addirittura definito tecnicamente inesistente, laddove, è appena il caso di rammentare, secondo l’indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione, la nozione di documento falso, valido per l’espatrio, è riferito all’idoneità di esso a consentire al possessore di lasciare il territorio dello Stato che lo ha apparentemente emesso, rimanendo irrilevanti altre valutazioni riferite alla sua validità per la circolazio in altri paesi. Discende che il fatto è privo di concreta offensività in quanto documento in questione non è idoneo a trarre in inganno alcuno in tutta l’area Schengen, non potendo esso in alcun modo apparire come un documento valido per l’espatrio. Si è di fronte, quindi, al cosiddetto falso grossolano e innocuo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in assenza di richiesta di trattazione orale, senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato, non risultando affrontati adeguatamente gli aspetti, in gran parte già evidenziati in appello, che unitamente alle ulteriori deduzioni
svolte in ricorso vanno a costituire i temi rimasti privi di adeguata spiegazione nella sentenza impugnata.
Innanzitutto, pacifico che il passaporto incriminato sia arrivato in Italia perché consegnato alla Polizia di Fiumicino dal comandante dell’aeromobile, che, a sua volta, lo aveva ricevuto in busta chiusa dalle autorità di frontiera di Macao – ove il ricorrente sembra essere giunto da Bangkok – la Corte di appello avrebbe dovuto approfondire l’aspetto del momento in cui il COGNOME sarebbe entrato in possesso del passaporto in questione, avendo la difesa, sulla base delle risultanze in atti – allegate al ricorso in scrutinio – e della stessa testimonianza della vice commissario COGNOME addotto elementi a sostegno del fatto che il ricorrente COGNOME sarebbe giunto a Macao provenendo da Bangkok e non da Milano, con la conseguenza che lo stesso ben avrebbe potuto ricevere il passaporto a Bangkok e non in Italia. Tale circostanza, ove adeguatamente vagliata, anche in relazione all’entità della permanenza del COGNOME sul territorio straniero, e ritenuta fondata, avrebbe potuto indurre, quanto meno, a non escludere la possibilità del conseguimento del documento in questione, da parte del ricorrente, nel Paese straniero (che porterebbe, a sua volta, ad escludere che si possa con certezza affermare che il possesso sia stato conseguito in Italia, a Milano, come ipotizzato dai giudici di merito).
Trattasi di circostanza che assume rilievo decisivo al fine di stabilire se sia punibile o meno la condotta ritagliata in capo al COGNOME, perché questa, risultando sussunta in delitto comune punito con pena inferiore nel minimo a tre anni, commesso da cittadino italiano, ove realizzata ed esauritasi all’estero, in difetto della richiesta del Ministero della giustizia di cui all’art. 9 cod. pen., sarebbe punibile e si dovrebbe giungere a declaratoria di improcedibilità per mancanza della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della Giustizia prevista dall’art. 9 c.p.
S’impone, pertanto, un approfondimento sul punto che non può che essere demandato al giudice di merito, cui compete ogni accertamento che implichi valutazioni in fatto.
Tanto premesso, è anche il caso di rilevare che parimenti poco approfondite risultano le ulteriori questioni sollevate in ricorso col terzo motivo. Sicch s’impongono approfondimenti anche con riguardo alla tipologia del documento contraffatto ed ai caratteri che ne connoterebbero la sua rilevanza di apparente passaporto valido per l’espatrio.
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve ess annullata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di
Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così è deciso, 13/06/2025
Il Consí liere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME i,
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