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Pascolo abusivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22358/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di pascolo abusivo. I giudici hanno ritenuto manifestamente infondati tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione di merito sulla sussistenza del reato, sul diniego delle attenuanti generiche e sull’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la recidiva e il danno causato a proprietà pubblica.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pascolo abusivo: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’ordinanza n. 22358 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla disciplina del pascolo abusivo e sui requisiti di ammissibilità del ricorso per Cassazione. La Corte ha esaminato il caso di un allevatore condannato per aver introdotto e fatto pascolare i propri animali all’interno di un’area protetta, il Parco dei Nebrodi, danneggiando la proprietà pubblica. L’ordinanza ribadisce principi consolidati in materia di motivazione della sentenza, concessione delle attenuanti e applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Processo

Un allevatore veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di introduzione di animali in fondo altrui e pascolo abusivo. Nello specifico, gli veniva contestato di aver lasciato che i propri animali pascolassero all’interno del Parco dei Nebrodi, area soggetta a tutela. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro distinti motivi, contestando la sussistenza stessa del reato, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la determinazione della pena e, infine, la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. sulla particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione sul pascolo abusivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, giudicando tutti i motivi proposti come manifestamente infondati. Analizziamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte per ciascun punto.

Primo Motivo: La Sussistenza del Reato

L’imputato contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione giuridica operata dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha respinto la censura, sottolineando che il giudice di merito aveva fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta. Le prove raccolte dimostravano chiaramente l’introduzione degli animali sotto la custodia dell’imputato nel parco, il loro pascolo e la piena consapevolezza dell’allevatore.

Secondo e Terzo Motivo: Attenuanti e Determinazione della Pena

Il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e riteneva eccessiva la pena inflitta. Anche su questo punto, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata. Per negare le attenuanti, non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, essendo sufficiente che si soffermi sugli elementi negativi ritenuti decisivi. Riguardo alla quantificazione della pena, essa rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve rispettare i criteri degli artt. 132 e 133 c.p. Espressioni come “pena congrua” sono sufficienti a motivare la decisione, a meno che la sanzione non sia sproporzionata rispetto alla media edittale.

Quarto Motivo: La Particolare Tenuità del Fatto

Infine, la difesa chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di negare tale beneficio. La motivazione dei giudici di merito era esente da vizi, poiché aveva correttamente valorizzato due aspetti: l’entità del danno (danneggiamento di piante di proprietà pubblica) e l’aspetto soggettivo, ovvero il fatto che l’imputato avesse già commesso altri reati della stessa indole, configurando un comportamento non occasionale.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio della manifesta infondatezza dei motivi di ricorso. I giudici di legittimità non possono riesaminare i fatti del processo, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Il loro ruolo è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non in contrasto con i principi di diritto. In questo caso, la Corte d’Appello aveva esplicitato in modo adeguato le ragioni del proprio convincimento su tutti i punti contestati, rendendo il ricorso un mero tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione del merito della vicenda.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Per contestare una condanna per pascolo abusivo o altri reati, non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice, ma è necessario individuare vizi logici o violazioni di legge precise e concrete nella motivazione della sentenza. La decisione sottolinea inoltre che la valutazione di elementi come le attenuanti generiche o la tenuità del fatto è ampiamente discrezionale e, se sorretta da una motivazione coerente, difficilmente può essere censurata in sede di legittimità, specialmente in presenza di precedenti specifici dell’imputato e di un danno non irrilevante.

Come motiva un giudice il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Secondo la Corte, non è necessario che il giudice analizzi tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o all’assenza di elementi positivi rilevanti per giustificare il diniego.

Perché è stata negata l’applicazione della particolare tenuità del fatto in questo caso di pascolo abusivo?
La non punibilità è stata esclusa per due ragioni: oggettivamente, per le conseguenze dannose e pericolose della condotta (danneggiamento di piante di proprietà pubblica); soggettivamente, perché l’imputato aveva già commesso altri reati della stessa indole, dimostrando un comportamento non occasionale.

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione?
Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti del processo. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se i motivi sono generici o mirano solo a contestare l’apprezzamento delle prove fatto dal giudice di merito, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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