Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26164 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26164 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a Modica il 12/05/1968 avverso la sentenza del 19/03/2025 del Tribunale di Ragusa visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1 -bis , cod. proc.
pen.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19/03/2025 il Tribunale di Ragusa confermava la sentenza emessa dal Giudice di pace di Modica del 01/10/2021, che aveva condannato NOME COGNOME COGNOME per il reat o di cui all’art. 636 cod. pen.
L’imputato , a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale.
Il ricorrente rileva che il giudice di prime cure ha fondato la responsabilità dell’imputato solo sulle dichiarazioni della parte civile; che il ricorrente ha ammesso che i bovini di sua proprietà avevano sconfinato nei terreni di NOME COGNOME, ma ha negato di averli ivi introdotti volontariamente; che, dunque, non vi è stato alcun volontario abbandono del bestiame da parte
dell’imputato, ma solo un momentaneo sconfinamento nel fondo altrui.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la mancata assunzione di una prova decisiva.
Si rappresenta che il fatto ascritto al NOME COGNOME non è stato provato al di là di ogni ragionevole dubbio; che non si è tenuto conto della consulenza tecnica di parte, da cui non emergono danni cagionati dai bovini al fondo della parte civile; che le dichiarazioni rese dal COGNOME avrebbero dovuto essere sottoposte ad un più penetrante vaglio ed eventualmente anche riscontrate da altri elementi di prova, tenuto conto dell’interesse al risarcimento del danno vantato dalla parte civile; che la sentenza impugnata è contraddittoria, in quanto, da un lato afferma che non è stato provato che il terreno fosse coltivato e che le mucche abbiano cagionato danni al fondo e, dall’altro, ha condannato l’imputato, pur in assenza della prova sulla volontarietà del fatto e dei danni causati.
2.3. Con il terzo motivo lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen., citando all’uopo un arresto di legittimità.
2.4. Con il quarto motivo si duole della mancata applicazione della legge penale con riferimento alla intervenuta prescrizione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Va, innanzitutto, premesso che la sentenza di appello oggetto di ricorso costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Giudice di pace, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280654 -01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 -01).
1.2. Ciò posto, i primi due motivi non sono consentiti.
Ed invero, sono reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dal Tribunale, per cui sotto questo profilo sono aspecifici, confrontandosi solo apparentemente con la trama argomentativa del provvedimento impugnato. In particolare, la sentenza ha
fondato la responsabilità del NOME COGNOME sulle dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME ritenute attendibili e riscontrate dalla testimonianza di altro confinante, tale NOME COGNOME che ha avuto modo di vedere i bovini del ricorrente al pascolo nel fondo della parte civile, oltre che sulle dichiarazioni parzialmente confessorie dell’imputato .
Il Tribunale, dunque, ha ritenuto sussistente sia l’elemento materiale del reato contestato, avendo i bovini NOME COGNOME sconfinato nel terreno di proprietà del Borgia, dove hanno pascolato per diversi mesi, che quello psicologico, avendo dato atto che, dopo il primo sconfinamento del mese di febbraio 2019, rientrato dopo pochi giorni, essendosi subito adoperato in tal senso l’odierno ricorrente, vi era stata una seconda invasione a distanza di due o tre settimane, protrattasi fino al successivo mese di settembre, in quanto l’imputato, reiteratamente contattato al telefono, non aveva mai risposto.
Ebbene, a fronte di questa articolata trama motivazionale, i motivi si limitano a reiterare pedissequamente le stesse doglianze già avanzate con l’appello, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato, per cui risultano aspecifici.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 -01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385 -01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 -01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945 -01).
1.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Si osserva, in proposito, che il precedente citato dalla difesa è stato superato dall’intervento delle Sezioni Unite penali di questa Corte, che hanno affermato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131bis cod. pen., non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace. Ed invero, il rapporto tra l’art. 131bis cod. pen. e l’art. 34 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, non va risolto sulla base del principio di specialità tra le singole norme, dovendo prevalere la peculiarità del complessivo sistema sostanziale e processuale introdotto in relazione ai reati di competenza del giudice di pace, nel cui ambito la tenuità del fatto svolge un ruolo anche in funzione conciliativa (Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, Rv. 271587 -01).
A tali princìpi si è oramai uniformata la giurisprudenza di legittimità successiva (cfr., Sez. 7, ord. n. 20793 del 14/05/2025, C., non mass.; Sez. 5, n. 20223 del 02/04/2025, F., non mass.; Sez. 7, ord. n. 13983 del 26/03/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 2909 del 27/11/2024, dep. 2025, F., non mass.; Sez. 5, n. 42357 del 10/10/2024, COGNOME, Rv. 287173 -02).
1.4. Il quarto motivo non è consentito, perché aspecifico, atteso che non fornisce una compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostra, alla luce della medesima, l ‘ intervenuta maturazione del termine di legge.
Invero, la prescrizione è un evento giuridico e non un mero fatto naturale (il tempo trascorso dal dies a quo ), che implica la soluzione di plurime questioni, di fatto e di diritto, dovendosi tener conto del titolo del reato, dell’ epoca di commissione, del regime applicabile, di talune circostanze aggravanti e non di altre, di eventuali atti interruttivi e dei periodi di sospensione, nonché della determinazione dei periodi di maturazione e di quelli di sospensione. Ne consegue che il suo accertamento non è frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma implica la risoluzione delle questioni sopra indicate, la cui definizione deve presentarsi di chiara evidenza per configurare l ‘ errore di percezione denunciato (Sez. 5, n. 12093 del 20/01/2021, F., Rv. 280735 -01; Sez. 1, n. 12595 del 13/03/2015, COGNOME, Rv. 263206 -01).
Nel caso di specie, l’assoluta genericità del motivo non dà conto del preteso compimento della prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, avendo il ricorrente trascurato di riprodurre la successione procedimentale che provi l’intervenuta maturazione, senza soluzione di continuità, del termine prescrizionale.
Dunque, sotto tale aspetto, il motivo risulta aspecifico.
All’inammissibilità de l ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 3 luglio 2025.