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Pascolo abusivo: quando è reato e cosa dice la Cassazione

La Cassazione conferma la condanna per pascolo abusivo, ritenendo inammissibile il ricorso di un imputato. La Corte chiarisce il principio di correlazione tra accusa e sentenza e la sussistenza del dolo specifico nel lasciare incustodito il gregge vicino a un fondo altrui, configurando il reato.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pascolo Abusivo: Quando Lasciare il Gregge Incustodito Diventa Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di pascolo abusivo, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti del reato e su alcuni principi cardine del processo penale. La decisione conferma che anche un comportamento omissivo, come lasciare incustodito il proprio gregge in prossimità di un terreno altrui non recintato, può integrare il delitto previsto dall’art. 636 del codice penale, quando è evidente l’intenzione di far pascolare gli animali a spese altrui. Analizziamo insieme i dettagli di questa interessante pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un allevatore da parte del Giudice di Pace, confermata successivamente in appello dal Tribunale. L’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di introduzione e abbandono di animali sul fondo altrui, con l’aggravante di averli fatti pascolare e di aver causato danni alle coltivazioni della parte civile. In sostanza, l’allevatore aveva lasciato il proprio gregge di pecore incustodito in un terreno confinante con quello della vittima, consapevole che la recinzione era inadeguata e che gli animali sarebbero inevitabilmente entrati per pascolare.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: secondo la difesa, il Giudice di Pace aveva condannato per un’ipotesi di reato più grave (commi secondo e terzo dell’art. 636 c.p.) rispetto a quella originariamente contestata (comma primo), senza un intervento del pubblico ministero.
2. Violazione del divieto di reformatio in peius: si sosteneva che il Tribunale in appello avesse peggiorato la posizione dell’imputato, in modo peraltro contraddittorio rispetto al primo motivo.
3. Mancanza di dolo specifico: la difesa contestava la sussistenza dell’intento specifico di far pascolare gli animali sul fondo altrui, lamentando una motivazione carente su questo punto.
4. Illegalità della pena: si riteneva che la multa inflitta fosse superiore ai limiti previsti per l’ipotesi base del reato.

La Decisione della Corte sul Pascolo Abusivo e il Dolo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate dalla difesa. I giudici hanno chiarito che non vi è stata alcuna violazione del principio di correlazione, poiché l’atto di citazione originario, pur menzionando l’articolo di legge in modo generico, descriveva chiaramente la condotta contestata, ossia l’introduzione degli animali per farli pascolare e il danneggiamento delle piante. L’imputato era quindi stato messo in condizione di difendersi pienamente dai fatti per cui è stato poi condannato.

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato e contraddittorio, poiché il Tribunale si era limitato a confermare la sentenza di primo grado senza apportare alcuna modifica peggiorativa.

Le Motivazioni della Cassazione

Il punto centrale della motivazione riguarda la sussistenza del dolo specifico, elemento soggettivo essenziale per configurare il reato di pascolo abusivo. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: lasciare un gregge incustodito, agevolandone l’introduzione nel fondo altrui, non esclude il dolo specifico. Al contrario, l’abbandono consapevole delle pecore in circostanze che rendono oggettivamente favorevole il loro ingresso in un altro terreno (come la vicinanza e una recinzione inadeguata) costituisce una modalità di condotta pienamente compatibile con la volontà di realizzare il pascolo abusivo.

La Corte ha evidenziato come l’imputato, lasciando il gregge senza custodia, avesse agito con la coscienza e la volontà di perseguire il fine di far pascolare le proprie pecore nella proprietà altrui, sfruttando l’istinto naturale degli animali.

Infine, la Corte ha respinto anche il motivo sulla pena, sottolineando che l’importo di 200 euro rientrava perfettamente nei limiti edittali previsti per le ipotesi aggravate contestate e che, in quella sede, non era possibile contestare la motivazione sul quantum della pena per le sentenze del Giudice di Pace.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di grande rilevanza pratica: la responsabilità penale per pascolo abusivo non richiede necessariamente un’azione diretta di introduzione degli animali nel fondo altrui. Anche un comportamento apparentemente passivo, come l’omessa custodia del gregge in condizioni di potenziale sconfinamento, può integrare il reato quando le circostanze dimostrano in modo inequivocabile l’intenzione dell’agente di approfittare del terreno del vicino. Questa decisione serve da monito per gli allevatori, sottolineando l’importanza di una gestione diligente e responsabile dei propri animali per evitare di incorrere in conseguenze penali e civili.

Commettere il reato di pascolo abusivo richiede un’azione diretta di introduzione degli animali?
No. La sentenza chiarisce che anche un comportamento omissivo, come lasciare volontariamente un gregge incustodito in condizioni che ne favoriscono l’ingresso nel fondo altrui, è sufficiente a integrare il reato, poiché dimostra la volontà di realizzare il pascolo abusivo.

Cosa si intende per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza?
Si ha una violazione quando un imputato viene condannato per un fatto completamente diverso da quello descritto nel capo d’imputazione, ledendo il suo diritto di difesa. In questo caso, la Corte ha escluso la violazione perché la descrizione dei fatti nell’atto di citazione era sufficientemente chiara e comprendeva tutti gli elementi per cui è intervenuta la condanna.

Come si dimostra il dolo specifico nel reato di pascolo abusivo?
Il dolo specifico, cioè il fine di far pascolare gli animali, può essere desunto da elementi oggettivi. Nel caso di specie, l’aver lasciato il gregge incustodito vicino a un terreno confinante con recinzione non integra è stato considerato prova sufficiente dell’intento di far pascolare le pecore nella proprietà altrui.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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