Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18611 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18611 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Caserta il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 30-05-2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore di fiducia dell’imputato, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 maggio 2023, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 22 aprile 2021, con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, all’esito di rito abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 2.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole di due distinti episodi del reato ex art. 73 comma 5 del d.P.R. n. 309 del 1990 (capi 1 e 2); fatti accertati in Caserta il 28 ottobre 2020.
Avverso la sentenza della Corte di appello partenopea, COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo, la difesa deduce la violazione dell’art. 131 bis cod. pen. e il vizio di motivazione rispetto al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, avendo i giudici di appello omesso di considerare sia l’esiguità del dato ponderale e qualitativo dello stupefacente caduto in sequestro (1,4 grammi lordi di marjuana ceduta e 7,12 grammi lordi di marijuana detenuta a fini di spaccio), sia la natura non abituale della condotta, tenuta peraltro da un soggetto che, dopo il fatto, ha reso dinanzi al giudice dichiarazioni confessorie e di pentimento.
Con il secondo motivo, la difesa lamenta il diniego della sospensione condizionale della pena, non essendosi tenuto conto né della risalenza dell’unico precedente penale a carico dell’imputato, peraltro non specifico, né della lieve entità della vicenda, né del contegno collaborativo tenuto da COGNOME.
Con il terzo motivo, infine, oggetto di doglianza sono la violazione di legge e il difetto di motivazione rispetto alla mancata applicazione del minimo edittale della pena e del minimo aumento per la continuazione.
2.1. Con memotia pervenuta il 25 gennaio 2024, il difensore di fiducia dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, premesso che non è in discussione il giudizio di colpevolezza del ricorrente in ordine ai reati a lui ascritti, deve osservarsi che in punto di diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., la sentenza impugnata non presta il fianco alle censure difensive.
Ed invero la Corte territoriale, in senso ostativo al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, ha rimarcato la serietà della condotta illecita, p come rivelata dalle particolari modalità di occultamento delle diverse dosi di stupefacente all’interno di un vaso con una pianta, collocato nei pressi della base
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di spaccio, rivelando ciò la non esiguità dell’offesa al bene protetto e l’abitualità dell’agire illecito, corroborata invero anche dal precedente penale di COGNOME.
Orbene, con le pertinenti considerazioni della sentenza impugnata, il ricorso non si confronta adeguatamente, limitandosi a proporre differenti valutazioni di merito che tuttavia non possono trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi richiamare in tal senso l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044 e Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678) secondo cui, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità dell’offesa d essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 comma primo cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente anche la sola indicazione di quelli ritenuti rilevanti.
Di qui l’infondatezza della censura difensiva, restando solo da precisare che, come già affermato da questa Corte, il riconoscimento della fattispecie di lieve entità non si pone in contrasto con la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., venendo in rilievo considerazioni distinte e non sovrapponibili circa la valutazione del grado di offesa protetto dalla norma incriminatrice, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono invece essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il carattere non abituale della condotta (cfr. Sez. 3, n. 18155 del 16/04/2021, Rv. 281572 e Sez. 4, n. 48758 del 15/07/2016, Rv. 268258).
2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
La concedibilità della sospensione condizionale è stata correttamente esclusa dai giudici di merito innanzitutto in ragione del precedente annoverato nel certificato penale del ricorrente (condanna per ricettazione alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 516 di multa), essendosi a ciò aggiunto che, oltre tale aspetto, non era comunque formulabile una prognosi positiva circa i futuri comportamenti di COGNOME, denotando le modalità del fatto una non improvvisata organizzazione dell’attività di spaccio, oltre che una certa scaltrezza dell’imputato, valutazione questa non illogica e dunque non censurabile in questa sede, dovendosi richiamare in tal senso l’affermazione costante di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 17953 del 07/02/2020, Rv. 279206-02), secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi a indicare quelli da lui ritenuti prevalen in senso ostativo alla sospensione, come avvenuto nel caso di specie con argomentazioni non illogiche e dunque non censurabili in sede di legittimità.
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Anche il terzo motivo non è meritevole di accoglimento.
Occorre premettere in proposito che il G.U.P. ha fissato la pena base in anni reclusione ed euro 3.600 di multa, giustificando il lieve discostamento minimo edittale in ragione della “non proprio irrisoria quantità di droga dete e ceduta”; su tale pena sono stati applicati prima la riduzione di un terzo attenuanti generiche (riconosciute alla luce del corretto comportamento anch processuale di COGNOME), poi l’aumento di un mese di reclusione e di 600 euro multa per la continuazione, e infine la diminuzione di un terzo per la scelt rito, con pena finale pari a mesi 6 di reclusione e 2.000 euro di multa.
Il trattamento sanzionatorio così determinato è stato ritenuto congruo d Corte di appello, che ha ragionevolmente rimarcato la non eccessiva entità de pena base e dell’aumento per la continuazione, non potendosi sottacere che valutazione dei giudici di merito in punto di pena, tutt’altro che illogica, censurata nel ricorso in maniera assertiva e non adeguatamente specifica.
In conclusione, stante l’infondatezza delle censure sollevate, il ri proposto nell’interesse di COGNOME deve essere rigettato, con onere p ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimen
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual Così deciso il 31/01/2024