Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22775 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22775 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 20/10/1994
avverso la sentenza del 13/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 novembre 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 21 marzo 2024 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 187, comma 1, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, eccependo, con due distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.; violazione di legge per mancata declaratoria dell’intervenuta estinzione del reato prima della pronuncia della sentenza di appello.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere osservato come la norma che si assume violata preveda, quali condizioni applicative (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità de comportamento. Si richiede, pertanto, al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici requisiti» delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, primo comma, cod pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa e, con questo coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv.265449-01).
Senza ampliare il tema oltre quanto strettamente attinente al caso concreto, risulta, dunque, alla luce di quanto sopra, che tutti gli indici indica nella sentenza impugnata siano elementi correttamente evidenziati dal giudice di merito (cfr. pp. 2 e ss.) per negare la possibilità di sussumere il fatto oggetto di esame nell’ipotesi disciplinata dall’art.131-bis cod. pen.
2.2. Parimenti inammissibile è la doglianza con cui il ricorrente ha lamentato l’avvenuto decorso del termine di prescrizione del reato anteriormente alla pronuncia della sentenza di secondo grado, atteso che esso è stato commesso in data 16 luglio 2019, e quindi dopo l’entrata in vigore della legge 23
giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ne consegue, pertanto, che alla data di emissione della impugnata sentenza di appello (13 novembre 2024) non era ancora decorso il termine di
prescrizione, trattandosi di reato contravvenzionale, come detto, commesso in data 16 luglio 2019, per il quale andava pure computato, fra il primo e secondo
grado, il periodo di sospensione di un anno e sei mesi previsto dalla c.d. legge
Orlando.
3. All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il P sidente