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Particolare tenuità: quando non si applica?

Un automobilista, condannato per guida sotto l’effetto di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’estinzione del reato per prescrizione. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno specificato che la particolare tenuità non è applicabile quando la condotta e il pericolo generato non sono di minima entità, rigettando anche l’eccezione di prescrizione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: La Cassazione Traccia i Confini

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, ma la sua applicazione è soggetta a precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi chiara dei criteri che escludono questo beneficio, in un caso relativo alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. La decisione sottolinea come la gravità della condotta e il pericolo creato siano elementi decisivi per negare la non punibilità.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un automobilista alla pena di quattro mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 187 del Codice della Strada. La sentenza, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, riteneva l’imputato colpevole di essersi messo alla guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti.

Contro la decisione di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. La violazione di legge per la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
2. La mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che sarebbe maturata prima della sentenza d’appello.

La Decisione della Corte e il Principio di Particolare Tenuità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze della difesa e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si concentra sull’interpretazione e l’applicazione corretta dei presupposti richiesti per la non punibilità.

Il Primo Motivo: L’impossibilità di applicare l’art. 131-bis c.p.

La Cassazione ha ritenuto il primo motivo del ricorso infondato. I giudici hanno ricordato che l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. richiede la coesistenza di due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. La tenuità dell’offesa deve essere valutata sulla base di specifici indici: le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato elementi che impedivano di qualificare il fatto come di lieve entità, negando così la possibilità di applicare il beneficio.

Il Secondo Motivo: La Questione della Prescrizione

Anche il secondo motivo, relativo alla prescrizione del reato, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che il reato era stato commesso in una data (16 luglio 2019) successiva all’entrata in vigore delle nuove normative in materia di prescrizione, motivo per cui il termine non era ancora decorso al momento della pronuncia d’appello.

Le Motivazioni: I Limiti della Particolare Tenuità

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto la richiesta di applicare la causa di non punibilità. La Corte ha ribadito un principio consolidato: i due requisiti della particolare tenuità dell’offesa e della non abitualità della condotta devono essere presenti congiuntamente.

Per valutare la tenuità, il giudice deve fare riferimento ai criteri direttivi dell’art. 133, primo comma, del codice penale, analizzando in concreto le modalità dell’azione e l’entità del danno o del pericolo. Non è sufficiente una generica assenza di precedenti penali per ottenere il beneficio, se la condotta specifica ha creato un pericolo significativo, come nel caso della guida sotto l’effetto di droghe. La valutazione del giudice di merito, se correttamente motivata come in questo caso, non può essere messa in discussione in sede di legittimità, dove la Cassazione si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto. Essa chiarisce che il beneficio non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione ponderata che tiene conto di tutti gli aspetti della vicenda. Per reati che, per loro natura, mettono a rischio beni giuridici fondamentali come l’incolumità pubblica (ad esempio, la guida in stato di alterazione), è più difficile che la condotta possa essere considerata di lieve entità. La decisione serve quindi come monito: la gravità intrinseca di un comportamento pericoloso è un ostacolo significativo all’esclusione della punibilità, anche in assenza di precedenti penali.

Quando si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità si applica quando sussistono congiuntamente due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa (valutata in base alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo) e la non abitualità del comportamento dell’autore del reato.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo relativo alla particolare tenuità?
La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché il giudice di merito aveva già correttamente valutato tutti gli indici previsti dalla legge (modalità della condotta, pericolo creato) e aveva motivato in modo adeguato le ragioni per cui il fatto non poteva essere considerato di particolare tenuità.

Quali sono i criteri per valutare la particolare tenuità dell’offesa?
I criteri sono due: le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo. Questi devono essere valutati dal giudice secondo i parametri generali indicati dall’art. 133, primo comma, del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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