Particolare Tenuità del Fatto: Quando le False Scuse Escludono il Beneficio
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di minima entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21422/2024) chiarisce come le modalità dell’azione, e in particolare il comportamento post-reato dell’imputato, possano essere decisive per negare tale beneficio. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni dei giudici.
I Fatti del Caso: Evasione e Tentativo di Inganno
Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per il reato di evasione. L’imputato, invece di ammettere le proprie responsabilità, ha tentato di giustificare la sua assenza dal domicilio fornendo ai verbalizzanti “versioni fantasiose e false scuse”.
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la condotta dovesse essere considerata di particolare tenuità e, di conseguenza, non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. La tesi difensiva mirava a una diversa ricostruzione dei fatti, proponendo una valutazione di merito che minimizzasse la gravità dell’accaduto.
La Decisione della Cassazione e l’Esclusione della Particolare Tenuità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno stabilito che i motivi del ricorso non erano consentiti, in quanto si trattava di doglianze di merito e aspecifiche, che non potevano essere valutate in sede di Cassazione.
Il punto centrale della decisione è che il comportamento dell’imputato, volto a ingannare le forze dell’ordine, è un elemento che incide direttamente sulla valutazione della gravità del fatto, escludendo la possibilità di qualificarlo come di particolare tenuità.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha ritenuto adeguata e logica la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva basato la propria decisione proprio sulle “modalità dell’evasione”. Il tentativo di ingannare i verbalizzanti non è stato considerato un dettaglio irrilevante, ma un indice significativo della gravità della condotta e dell’atteggiamento dell’imputato. Secondo i giudici, questo comportamento dimostra una consapevolezza e una deliberazione che mal si conciliano con l’idea di un fatto di minima offensività. La legge richiede una valutazione complessiva che tenga conto non solo del danno o del pericolo cagionato, ma anche delle modalità della condotta, che in questo caso sono state ritenute ostative all’applicazione del beneficio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della particolare tenuità del fatto non è un mero calcolo matematico del danno, ma un’analisi a tutto tondo della condotta del reo. Il comportamento tenuto dopo la commissione del reato, specialmente se volto a ostacolare l’accertamento della verità, assume un peso rilevante. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, emerge una chiara indicazione: mentire alle autorità per coprire un illecito, anche se di modesta entità, può precludere l’accesso a benefici di legge, portando a una condanna piena, oltre al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Mentire alle forze dell’ordine sulla propria assenza durante l’evasione può impedire l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo l’ordinanza, il tentativo dell’imputato di ingannare i verbalizzanti con versioni fantasiose e false scuse è una modalità della condotta che incide sulla sua gravità e può portare all’esclusione del beneficio della particolare tenuità del fatto.
Quali elementi valuta il giudice per escludere la particolare tenuità in un reato di evasione?
Il giudice valuta le “modalità dell’evasione”. Nel caso specifico, il tentativo dell’imputato di ingannare le autorità è stato l’elemento decisivo che ha dimostrato che la condotta non era di particolare tenuità.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti erano costituiti da doglianze sulla ricostruzione dei fatti (questioni di merito) e considerati aspecifici, tipologia di censure non ammesse nel giudizio di legittimità, che si limita a verificare la corretta applicazione della legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21422 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ERICE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 101 R.G. n. 43857/23
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze sulla esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. sia di merito (là dove propongono una diversa ricostruzione della condotta ascritta all’imputato) sia aspeciFiche, posto che la Corte di appello ha basato principalmente la sua decisione sulle “modalità dell’evasione”, spiegando con motivazione adeguata (che si basava sull’accertamento dei fatti riportato a pag. 2), perché tale condotta non fosse di particolare tenuità (tenuto anche conto del tentativo dell’imputato di ingannare i verbalizzanti con versioni fantasiose e false scuse sulle ragioni della sua assenza);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/-O4/2024.