Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nata a Torino il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Andora il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova del 15/02/2023.
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale D
NOME COGNOME, cui il P.G. si è riportato in udienza, che ha concluso per l’inammissibilità
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; ricorsi;
Udite, per gli imputati, le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che si è riportato al ric chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15/02/2023, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Savona del 09/03/2017, che, nel dichiarare non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’articolo 44, lettere b) e c), d.P.R. 380/2001 per intervenuta prescrizione, disponeva la confisca dei terreni i sequestro e delle opere abusive ivi contenute.
Avverso il provvedimento gli imputati COGNOME e COGNOME propongono, tramite il comune difensore, AVV_NOTAIO, ricorso congiunto per cassazione.
Con il primo e unico motivo lamentano violazione di legge in riferimento al «divieto di confisca» allorquando lo stato dei manufatti sia stato adeguato alla normativa edilizia del comune di residenza e vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza esclude che sia avvenuta la remissione in pristino dell’immobile.
In narrativa, poi, coltivano la violazione dell’articolo 131-bis cod. pen., sempre facen riferimento all’avvenuta remissione in pristino, che avrebbe consentito di ricondurre il fatto a «particolare tenuità».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, il Collegio evidenzia come, mentre nell’intestazione il ricorso riferimento ad un presunto «divieto di confisca», nella parte narrativa coltiva una violazio dell’articolo 131-bis cod. pen., non consentendo al Collegio neppure di comprendere agevolmente quale sia il perimetro della deduzione.
Non è infatti consentito rimettere alla corte l’interpretazione del ricorso al fine di att un senso, posto che lo scrutinio della Corte non riveste alcuna funzione maieutica delle censure formulate.
Ciò renderebbe di per sé i ricorsi inammissibili per difetto di specificità.
In ogni caso, il ricorso è anche manifestamente infondato, per le seguenti considerazioni.
3.1. Non vi è dubbio circa la applicabilità anche ai reati edilizi della causa di non punibili cui all’articolo 131-bis cod. pen., in quanto essa prevede (Corte cost., sent. n. 120 del 201 «una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l’altrettanto general presupposto dell’offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità pena di qualsiasi condotta in violazione di legge», che persegue (Sez. U., n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064 – 01) finalità strettamente connesse ai principi di proporzione e di extrema ratio della risposta punitiva, con la realizzazione di effetti positivi anche sul piano deflat attraverso la responsabilizzazione del giudice nella sua attività di valutazione in concreto del
fattispecie sottoposta alla sua cognizione» ed il cui scopo primario (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591), è «quello di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo» (la relazione illustrativa del d. Igs. 28/2015 parla di «irrilevanza» de fatto).
Tale disposizione attraversa orizzontalmente tutta l’area del diritto penale sostanziale. Su punto, Sez. U., n. 24990 del 30/01/2020, Dabo, Rv. 279499, hanno stabilito che «l’istituto della non punibilità per particolare tenuità dell’offesa non connette alla mera individuazione del bene giuridico protetto alcun rilievo ai fini del giudizio sull’utilità e necessità della pena. Al c il legislatore ha affidato la selezione delle fattispecie alle quali è applicabile quella causa d punibilità alla considerazione della gravità del reato, desunta dalla pena edittale, e della abitualità del comportamento; mentre nessuno degli altri indicatori idonei ad escludere la particolare tenuità dell’offesa elencati al secondo comma dello stesso art. 131-bis ha diretto generale riguardo al tipo di bene giuridico protetto».
Questa Corte ha, anche recentemente, ribadito (Sez. 3, n. 24396 del 20/01/2022, Cecco, n.m.) che, nel caso di reati urbanistici o paesaggistici, i parametri di valutazione ai fini applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. sono costituti: dalla consistenza dell’intervento abu (tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive); dalla destinazione dell’immobi dall’incidenza sul carico urbanistico; dall’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistic conseguente impossibilità di sanatoria; dall’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti; dalla totale assenza di titolo abilitativo o dal grado di difformit stesso; dal rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente e dalle modalità di esecuzione dell’intervento (ex multis Cass. Pen. III n. 19111 del 10/03/2016, n. 47039 del 08/10/2015).
Recentemente, dopo le modifiche introdotte all’articolo in parola ad opera della c.d. “Riforma Cartabia” (d.lgs. 150/2022), questa Corte ha ritenuto (Sez. 4, n. 38909 del 22/06/2023, COGNOME, n.m.) che possano costituire indici di particolare tenuità del fatto sia la «modest intrinseca dell’intervento edilizio», sia la condotta susseguente al reato, quale, nel caso di spec l’istanza di regolarizzazione del titolo edilizio.
A tal fine, dopo la citata novella, può costituire oggetto di valutazione, quale condotta postfactum rilevante, anche la demolizione – o comunque rimozione – dell’abuso (Sez. 3, n. 4123 del 11/07/2017, dep. 2018, Zoccarato, Rv. 272039 – 01), purché, tuttavia effettuata spontaneamente ed immediatamente dopo la contestazione, e non solo a seguito, ed in ottemperanza, all’ordinanza di demolizione adottata dal Comune (Sez. 3, n. 13263 del 10/02/2021, COGNOME, n.m.).
Per contro, la Corte (Sez. 3, n. 16979 del 24/03/2022, Ipito, n.m.) ha evidenziato la rilevanza, quale indice sintomatico della non particolare tenuità del fatto, della «contestu violazione di più disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui
siano violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tut di interessi diversi (si pensi alle norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione dell aree demaniali)».
3.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha motivato la mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. in ragione della «natura dell’interesse tutelato», motivazione che contraddice i principi sviluppati dalla Corte, anche nella sua massima composizione, analizzati in precedenza.
Tuttavia, secondo gli insegnamenti di questa Corte, in tema di «particolare tenuità del fatto», la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di prim grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevole dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, Rv. 275635 – 02)».
Nel caso di specie, a pag. 14 la corte territoriale ricostruisce il fatto nella sua material termini di assoluta gravità, anche sotto il profilo psicologico.
Si evidenzia, infatti, che quello realizzato è un intervento di nuova costruzione che h prodotto un fabbricato totalmente difforme anche nelle caratteristiche volumetriche da quello originario; che l’abuso si è consumato in una zona del territorio comunale destinata ad attivit agricola, mentre la legge regionale e gli strumenti urbanistici autorizzavano tale tipo intervento, con specifiche prescrizioni, solo in ragione di tale attività.
La vicenda rivela un atteggiamento di meditata preordinazione di un intervento a fini speculativi: l’acquisto del rustico nel 2003 è stato seguito da un ampliamento e una richiesta di condono nel 2004; il 2005 è stato chiesto un permesso di costruire; il progetto originario è stat modificato con creazione di due unità abitative; appena emesso il condono nel 2009, senza neppure attendere il fine lavori i comproprietari hanno sciolto la comunione suddividendoli l’immobile e le sue pertinenza (ciò che fa già intravedere l’intento lottizzatorio), vist nell’immediatezza è seguita la vendita a COGNOME e COGNOME, che hanno trasformato parte del magazzino e la vasca irrigua in immobili ad uso abitativo, ponendoli in vendita come tali anche se gli atti di alienazione fanno riferimento a magazzini (circostanza contraddetta sia dal prezz di vendita che dagli annunci immobiliari).
Appare quindi evidente come la Corte di appello, al di là di formali enunciazioni di principi abbia valutato nella sua oggettiva e soggettiva consistenza il fatto in esame, escludendo implicitamente, per come visto, che esso possa essere ricondotto alla ipotesi di particolare tenuità.
I ricorsi non si confrontano con la sentenza impugnata in modo realmente critico, proponendo una lettura atomistica della stessa e risultando, di tal guisa, inammissibili.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 13/03/2024.