Particolare Tenuità del Fatto: Quando Non si Applica? Il Caso della Rottura di Sigilli
L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della risposta sanzionatoria dello Stato. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7637/2024) offre spunti cruciali per comprendere i limiti di questo beneficio, in particolare quando la condotta lede beni giuridici protetti da sigilli e il valore del bene non è trascurabile.
I Fatti del Caso: La Violazione del Sigillo
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La condotta contestata consisteva nella violazione di sigilli, avvenuta tramite la loro completa rimozione (avulsione) da un bene sottoposto a vincolo. L’imputato, attraverso il suo ricorso, tentava di sostenere che l’offesa arrecata fosse minima e, pertanto, meritevole di non essere punita.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero delle semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione degli eventi già valutata, in modo non manifestamente illogico, dai giudici dei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto
Le motivazioni alla base della decisione sono il cuore dell’ordinanza e chiariscono perché, in questo specifico caso, non fosse possibile applicare l’art. 131-bis c.p. La valutazione del giudice di merito, considerata corretta dalla Cassazione, si è basata su due elementi fondamentali.
La Valutazione del Giudice di Merito
In primo luogo, la Suprema Corte sottolinea che il giudizio sulla tenuità dell’offesa è riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione fornita è ‘manifestamente illogica’. In questo caso, la Corte territoriale aveva rigettato la richiesta dell’imputato con un ragionamento logico e coerente, rendendo le censure del ricorrente non accoglibili in sede di legittimità.
Il Valore del Bene e le Modalità dell’Azione
In secondo luogo, e in modo più sostanziale, sono stati individuati due elementi ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto:
1.  Le modalità della violazione: L’azione non si è limitata a un semplice danneggiamento, ma ha comportato l’ ‘avulsione completa del sigillo’. Questa modalità è stata interpretata come un indice di una maggiore gravità della condotta e di una più intensa volontà criminale.
2.  Il valore del bene: Il bene protetto dal sigillo non era di ‘modesto valore’. Questo aspetto patrimoniale, unito alle modalità dell’azione, ha contribuito a delineare un’offesa complessivamente non qualificabile come tenue.
Le Conclusioni: Limiti all’Applicabilità dell’Art. 131-bis c.p.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della particolare tenuità del fatto non può basarsi solo su un singolo aspetto, ma richiede un’analisi complessiva della condotta, dell’entità del danno o del pericolo e del grado della colpevolezza. La completa rimozione di un sigillo e il valore non trascurabile del bene protetto sono elementi che, congiuntamente, delineano un’offesa che supera la soglia della tenuità, giustificando la piena risposta sanzionatoria dell’ordinamento giuridico.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché costituito da mere doglianze in punto di fatto, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi già valutata correttamente e senza illogicità manifesta dalla Corte territoriale.
Quali elementi hanno impedito di considerare l’offesa di particolare tenuità del fatto?
Due elementi principali: le modalità della violazione, che hanno comportato la completa rimozione del sigillo, e il non modesto valore del bene che era stato assicurato tramite l’apposizione del sigillo stesso.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7637 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7637  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso promosso nell’interesse di NOME COGNOME, che deduce il vizi motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’esimente ex art. 131-bis cod. pen., è inammissibile in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto, peraltro riprodutti censure che la Corte territoriale ha rigettato con una valutazione di merito manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità – in considerazione non solo delle modalità della violazione, che aveva comportato l’avulsione completa del sigill ma anche del non modesto valore del bene assicurato dall’apposizione del sigillo: elementi ritenuti, in maniera non manifestamente illogica, ostativi alla qualificazione dell’off termini di “particolare tenuità”;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.