Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Motivazione del Giudice Può Essere Implicita
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del sistema penale, evitando la punizione per fatti di reato considerati di minima offensività. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3626/2024) torna a fare chiarezza su un aspetto processuale cruciale: la motivazione con cui il giudice esclude l’applicazione di tale beneficio. La Corte ha confermato un orientamento consolidato: non è sempre necessaria una spiegazione esplicita e dettagliata, potendo questa desumersi implicitamente da altri elementi della sentenza, come la determinazione della pena.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza emessa dal Giudice di Pace di Alba. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva proposto appello, successivamente convertito in ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’eccessività del trattamento sanzionatorio irrogato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi giudicati temerari o privi di fondamento.
Le Motivazioni: La Particolare Tenuità del Fatto e la Motivazione Implicita
Il cuore della pronuncia risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto il primo motivo di ricorso. I giudici di legittimità hanno richiamato la propria giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, secondo cui la motivazione sulla esclusione della particolare tenuità del fatto può risultare “anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice del merito (…) abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato”.
In altre parole, se un giudice, nel decidere la pena, la fissa in una misura superiore al minimo previsto dalla legge, sta già compiendo una valutazione sulla gravità del reato. Questa valutazione è implicitamente incompatibile con il riconoscimento della “particolare tenuità”. Pertanto, la scelta di una pena non minima funge essa stessa da motivazione, anche se “in guisa implicita”, della volontà di non applicare il beneficio.
La Corte ha specificato che questo principio, nato in relazione all’art. 131-bis c.p., è applicabile per analogia anche alla causa di improcedibilità per particolare tenuità del fatto prevista per i reati di competenza del Giudice di Pace (art. 34 d.lgs. 274/2000), data la somiglianza tra i due istituti.
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla presunta eccessività della pena, la Cassazione ha ribadito che la valutazione dei criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato, capacità a delinquere del reo) è una questione di merito, riservata al giudice di primo e secondo grado. Non può essere contestata in sede di legittimità, a meno che non si denunci un vizio logico o giuridico specifico nella motivazione della sentenza, cosa che nel caso di specie non era avvenuta. Il ricorrente si era limitato a proporre una diversa e più favorevole valutazione dei fatti, attività non consentita davanti alla Corte di Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. La difesa non può limitarsi a dolersi della mancata applicazione della particolare tenuità del fatto se il giudice ha già inflitto una pena superiore al minimo edittale. In questi casi, l’onere di impugnazione si aggrava: sarà necessario dimostrare un’evidente illogicità nel ragionamento che ha portato il giudice a ritenere il fatto non tenue, nonostante la valutazione sulla pena.
Questa pronuncia, quindi, da un lato semplifica il lavoro dei giudici di merito, che non sono costretti a redigere un paragrafo autonomo sull’esclusione del 131-bis quando la loro valutazione emerge già dalla commisurazione della pena; dall’altro, richiede una maggiore attenzione da parte dei difensori nel formulare motivi di ricorso specifici e non limitati a una generica contestazione della gravità del fatto.
Un giudice deve sempre spiegare esplicitamente perché non applica la particolare tenuità del fatto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la motivazione può essere anche implicita e desumersi dalla decisione di applicare una pena superiore al minimo previsto dalla legge, poiché tale scelta indica già una valutazione di non tenuità del reato.
Cosa si intende per ‘motivazione implicita’ in questo contesto?
Significa che il ragionamento del giudice non è scritto in una sezione separata, ma si ricava da altre parti della sentenza. Nello specifico, la valutazione della gravità del reato e della colpevolezza dell’imputato, che porta a una pena superiore al minimo, funge da motivazione implicita per escludere il beneficio della particolare tenuità.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, non se la contestazione si limita a sostenere che i criteri di valutazione (come la gravità del reato) potevano essere interpretati in modo più favorevole all’imputato. Questo tipo di valutazione è considerato ‘di merito’ e non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione, che giudica solo sulla corretta applicazione della legge (‘legittimità’).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3626 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3626 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/07/2022 del GIUDICE DI PACE di ALBA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Rilevato che l’appello, convertito in ricorso per cassazione, contenga motivi manifestamente infondati, in quanto, in ordine al primo motivo, la giurisprudenza di legittimità ha ritenu ordine all’istituto dell’art. 131-bis cod. pen., che la motivazione sulla esclusione della parti tenuità del fatto possa risultare “anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudi del merito, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di pr grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevol dell’imputato” (Sez. 4, Sentenza n. 27595 del 11/05/2022, COGNOME, Rv. 283420; conforme Sez. 3, Sentenza n. 48317 del 11/10/2016, COGNOME, Rv. 268499 – 01; ma in questo senso già, in un passaggio della motivazione, Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266589 – 01, secondo cui la valutazione sulla particolare tenuità può avvenire in motivazione “magari in guisa implicita”), giurisprudenza riproponibile anche per la causa di improcedibil dell’art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, per analogia di contenuto dei due istituti, e nel in esame l’applicazione di una pena superiore al minimo edittale induce a ritenere che il giudic abbia implicitamente valutato in senso negativo la possibilità di applic:are il beneficio invoc mentre, quanto al secondo motivo, la contestazione sul trattamento sanzionatorio è sviluppata in fatto, mediante l’indicazione dei criteri di valutazione dell’art. 133 cod. pen. che sarebber favorevoli in concreto all’imputato, quindi mediante un argomento idoneo ad essere valutato nel giudizio di appello, ma non in sede di legittimità perché non contiene l’indicazione di un v della sentenza impugnata;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.