Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9150 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9150 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale di Ancona nel procedimento nei confronti di NOME COGNOME nata in Russia il 15/06/1968
avverso la sentenza del 11/06/2024 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 337 cod. pen. e il rigetto, nel resto, del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata La Corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza del 24/11/2021 del Tribunale di Macerata, ha assolto NOME COGNOME dai delitti di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni, per difetto punibilità, essendo i fatti di particolare tenuità ai sensi dell’art 131-bis cod pen.
Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale di Ancona, deducendo un unico motivo di annullamento per violazione di legge, in quanto la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è applicabile al reato di cui all’art. 337 cod. pen.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che le notificazioni dell’avviso della presente udienza sono state correttamente eseguite presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen, in quanto il tentativo di notificazione effettuato, il precedent 13/09/2024, presso il domicilio dichiarato dall’imputata nel verbale di identificazione ex art. 161 cod. proc. pen. (Civitanova Marche, INDIRIZZO) non è andato a buon fine, perché lì la ricorrente risultava irreperibile.
2. Il ricorso è inammissibile.
L’art 131-bis cod. pen., inserito dal d. Igs. 16/03/2015 n. 28, nella formulazione originaria, stabiliva che «nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta o per l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale». Il comma 2 indicava i criteri di valutazione della particolare tenuità, senza fare riferimento a specifiche fattispecie di reato, per le quali essa andava esclusa.
L’art. 16, comma 1, lett b), d.l. 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni con la I. 8 agosto 2019, n. 77 (“Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, ha modificato il comma 2, stabilendo che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per i reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen., commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni.
Il d. Igs. n. 150 del 2022 è nuovamente intervenuto in materia, modificando, per quel che qui interessa, il comma 1, dell’art. 131-bis cod. pen., nel senso che la causa di esclusione della punibilità opera non più per i reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni ma per i reati puniti con pena
detentiva non superiore nel minimo a due anni, e inserendo un nuovo comma 3, in cui sono elencati una serie di reati per i quali l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, tra cui quelli di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pe commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni; l’introduzione del comma 3 ha causato, al comma 2, la soppressione dell’inciso sopra riportato introdotto dal d.l. n. 53 del 2019.
4. Nel caso di specie il reato è stato commesso il 11/12/2018.
Si pone, quindi, un problema di diritto intertemporale, in quanto la sua commissione risale ad epoca antecedente alla riforma introdotta con l’art. 16, comma 1, lett b), d.l. 14 giugno 2019, n. 53.
Tale disposizione ha introdotto una deroga rispetto al criterio generale di cui al comma 1, basato solo sull’entità della pena, deroga la cui estensione spetta esclusivamente alla scelta del legislatore, in base a giudizi di ponderazione tra ragioni diverse e confliggenti (Corte cost., sent. n. 30 del 2021 e sent. n. 156 del 2020), tali da escludere specifici titoli di reato perché il bene giuridico che ess proteggono è ritenuto meritevole di speciale protezione. Tale innovazione legislativa, che esclude dall’ambito di applicazione dell’istituto talune figure d reato, in quanto sfavorevole all’agente, ha effetto solo per i fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma, alla luce del principio di irretroattività della penale sfavorevole all’agente (art. 25 Cost.).
Detta conclusione si conforma al pacifico orientamento giurisprudenziale, costituzionale e di legittimità, per cui il concetto di disposizione più favorevole più sfavorevole) non si riferisce solo all’entità della sanzione applicabile, ma riguarda tutte le disposizioni penali che apportano modifiche, in melius (o in peius), al complessivo trattamento riservato al reo, ivi comprese le cause di non punibilità, come appunto quella in esame.
Pertanto, poiché nel caso di specie il reato è stato commesso quando il testo dell’art. 131-bis cod. pen. non riteneva ostativo il delitto di cui all’art. 337 c pen., del tutto legittimamente la Corte di appello ha applicato tale causa di non punibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 23/01/2025