Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46287 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46287 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME nato a MASSIGNANO il 14/05/1970
nel procedimento a carico di:
COGNOME nato a FERMO il 14/09/1974
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con ri per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appel rigetto nel resto.
Procedimento a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/03/2022, il Tribunale di Fermo condannava NOME COGNOME alla pena, condizionalmente sospesa, di due mesi di arresto, per il reato di cui agli artt. 81, 660 cod. pen., nonché al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile NOME COGNOME, da liquidarsi in sede civile, con concessione di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad C 1.000.
Con l’impugnata sentenza del 09/01/2024, la Corte di Appello di Ancona ha riformato la pronuncia di primo grado, assolvendo l’imputata ex art. 131 bis cod. pen., attesa la particolare tenuità dekfatto, e revocando le statuizioni civili.
Ricorre per cassazione la parte civile NOME COGNOME per il tramite del difensore avv. NOME COGNOME che deduce due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
3.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione agli artt. 538 cod. proc. pen. e 131 bis cod. pen.
La Corte di appello ha errato nel revocare le statuizioni civili e nell’omettere di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, così disattendendo il dictum della Corte costituzionale che, con sentenza n. 173 del 12 luglio 2022, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., l’art. 538 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli artt. 74 e seguenti cod. proc. peni.
3.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., vizio della motivazione, anche per travisamento della prova, con riferimento alla credibilità della deposizione della medesima COGNOME.
Si duole la ricorrente che la Corte territoriale, con motivazione apodittica e contraddittoria, oltre che carente, abbia ritenuto non credibile la deposizione resa dalla parte civile basandosi esclusivamente su quanto riferito dall’imputata COGNOME. La Corte è inoltre incorsa nel vizio di travisamento della prova per avere desunto l’inattendibilità della p.o. da una presunta e non accertata reticenza riguardo ad una precedente relazione personale con il coniuge della stessa imputata.
Il Procuratore Generale, dr. NOME COGNOME con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello; rigetto del ricorso nel resto.
La Difesa dell’imputata ha depositato una memoria difensiva con la quale chiede che il ricorso proposto dalla parte civile venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo di ricorso, mentre va dichiarato inammissibile nel resto.
Va premesso, come correttamente evidenziato dalla parte civile ricorrente, che nel presente processo, la costituzione di parte civile è avvenuta prima dell’entrata in vigore del d. Igs. 150 del 2022, con conseguente corretto incardinamento del presente ricorso innanzi alla Corte di Cassazione penale, non trovando applicazione la novella di cui all’art. 573 comma 1 bis cod. proc. pen., applicabile alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione (Sez. U., n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 – 01).
Venendo quindi alla disamina dei motivi di ricorso, il primo motivo è fondato.
La Corte costituzionale, con la pronuncia n. 173 del 2022, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., l’art. 538 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli artt. 74 e seguenti cod. proc. pen.; secondo il Giudice delle leggi, infatti, la sentenza che dichiara la non punibilità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., pur integrando una decisione di proscioglimento, contiene in sé già l’accertamento, con efficacia di giudicato, delle circostanze che possono essere poste a fondamento di una pretesa risarcitoria: «una volta che nel processo si è accertato, con pronuncia idonea ad acquisire efficacia di giudicato (ex art. 651-bis cod. proc. pen.), che sussiste il fatto ascritto all’imputato e che egli lo ha commesso
e, altresì, che tale fatto integra una fattispecie di illecito penale, sussistendo il relativo elemento soggettivo del dolo o della colpa, risulta irragionevole l’impossibilità di una pronuncia sulla pretesa risarcitoria (o restitutoria) della parte civile, ad opera dello stesso giudice penale che contestualmente adotti una sentenza di proscioglimento dell’imputato per non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.».
Ne consegue che, agli effetti civili, la sentenza di proscioglimento ex art. 131bis cod. pen. equivale alla sentenza di condanna; come infatti è stato condivisibilmente affermato recentemente da Sez. 6, n. 50235 del 21/11/2023, Terranova, Rv. 285671 – 01, in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2022, il giudice che emette sentenza ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. è tenuto a pronunciarsi sulla domanda di restituzione o risarcimento presentata dalla parte civile e l’accoglimento di essa costituisce il presupposto necessario e sufficiente per la liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile.
Alla luce di quanto precede, ha certamente errato la Corte territoriale nel disporre la revoca delle statuizioni civili, quale ritenuta conseguenza della pronuncia di proscioglimento della Polidori ex art. 131 bis cod. pen.: la Corte era infatti tenuta a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria, avanzata dalla parte civile, e a disporre, di conseguenza, il regolamento delle spese processuali nei confronti della Stessa parte.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo grado di legittimità.
GLYPH Il secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse in capo alla parte civile.
La parte civile ricorrente aggredisce la parte motivazionale della sentenza (nella parte in cui ha ritenuto non credibile la p.o.), osservando come una più attenta lettura avrebbe dovuto portare alla conferma della sentenza di primo grado: la parte privata ricorrente omette tuttavia di confrontarsi con il dato, inconfutabile, che l’avvenuta pronuncia ex art. 131 bis cod. pen., da parte della Corte territoriale presuppone proprio ciò che la parte civile sembra individuare quale vulnus nell’impugnata sentenza: ovvero il riconoscimento della responsabilità dell’imputata in ordine al reato a lei contestato; la pronuncia di proscioglimento ex art 131 bis cod. pen., implica infatti, come già sopra argomentato, la positiva valutazione in ordine alla sussistenza del fatto ascritto all’imputato, alla circostanza che egli lo abbia commesso e, altresì, che tale fatto integra una fattispecie di illecito penale, sussistendo il relativo elemento soggettivo del dolo o della colpa.
Sulla base di tali premesse non può quindi che concludersi per l’insussistenza dell’interesse della parte civile a formulare doglianze inerenti le motivazioni sottese ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 131 bis cod. pen..
L’interesse della parte civile all’impugnazione deve, infatti, essere valutato non soltanto in termini di attualità, ma anche di concretezza e deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare: di talché un tale interesse può essere riconosciuto soltanto se l’impugnazione sia idonea a sostituire una situazione pratica più vantaggiosa, rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale impugnata (Sez. U. n. 42 del 13/12/1995, dep. 1996, Timpani, Rv. 203093)
La parte civile non può quindi far valere l’erroneità della pronuncia sotto il profilo penale della non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., non potendo ritenersi quella pronuncia lesiva dei diritti e delle aspettative “civilistiche” del danneggiato, che potrà far valere in sede civile la sua pretesa risarcitoria, peraltro giovandosi del favor probatorio garantito dalla apposita previsione di cui all’art. 651-bis cod. proc. pen..
Va quindi data continuità al principio già sancito da Sez. 5, n. 13801 del 16/10/2017, dep. 2018, P.C. in proc. Tedesco, Rv. 272838, per cui «È inammissibile per mancanza di interesse il ricorso della parte civile avverso la sentenza del giudice di pace con cui si è dichiarata la non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. piuttosto che ex art. 34 d.lgs. n.274 del 2000. (In motivazione, la Corte ha precisato che la parte civile non potrebbe vedersi riconosciuti, in caso di accoglimento del ricorso, effetti più vantaggiosi di quelli già previsti dall’art. 651-bis cod. proc. pen., potendosi ottenere comunque il risarcimento in sede civile)».
P.Q.M.
inammissibile nel resto il ricorso. Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità. Dichiart
Così deciso il 16 ottobre 2024