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Particolare tenuità del fatto: rigetto per recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per reingresso illegale. La Corte ha confermato la decisione di merito, negando l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a causa dell’intensità del dolo del soggetto, dei suoi precedenti e della prosecuzione di attività illecite dopo il rientro in Italia.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione nega l’applicazione in caso di dolo intenso

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini applicativi di questa norma, negandone il riconoscimento in un caso di reingresso illegale nel territorio dello Stato, a causa della gravità della condotta e dei precedenti dell’imputato.

I fatti del caso: reingresso illegale e precedenti penali

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero che, dopo essere stato destinatario di un provvedimento di espulsione e di un ordine di allontanamento dal territorio nazionale, era rientrato illegalmente in Italia. La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello, lamentando la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la mancata concessione delle attenuanti generiche e una rideterminazione della pena.

Secondo la tesi difensiva, l’uomo sarebbe rientrato in Italia per cercare lavoro e sposare una cittadina italiana. Tuttavia, le risultanze processuali hanno delineato un quadro diverso. L’imputato non solo aveva violato un precedente ordine del Questore, ma una volta in Italia aveva continuato a dedicarsi ad attività illecite, venendo trovato in possesso di un computer portatile di provenienza illecita e denunciato per ricettazione. A questo si aggiungevano precedenti penali e di polizia e l’uso di alias.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le censure difensive come manifestamente infondate e meramente ripetitive di argomentazioni già respinte in modo logico e corretto dalla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno confermato in toto la valutazione dei giudici di merito, escludendo la possibilità di applicare sia l’art. 131-bis c.p. sia le attenuanti generiche.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché è stata negata la particolare tenuità del fatto

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha escluso la particolare tenuità del fatto. I giudici hanno sottolineato che il bene giuridico tutelato dalla norma sull’immigrazione – l’interesse dello Stato a regolare i flussi migratori e a impedire reingressi illegali – era stato violato in modo non tenue. La condotta dell’imputato è stata ritenuta connotata da un’intensità del dolo particolare, per diverse ragioni:

1. Precedente inadempimento: L’uomo aveva già disatteso un ordine di allontanamento, dimostrando una deliberata volontà di contravvenire alle leggi dello Stato.
2. Continuazione dell’attività illecita: Il fatto che, una volta rientrato, sia stato denunciato per ricettazione ha dimostrato che il suo comportamento non era finalizzato a un reinserimento lecito, ma alla prosecuzione di condotte illegali.
3. Precedenti specifici: I precedenti penali e di polizia, uniti all’uso di diversi alias, hanno delineato un profilo di pericolosità sociale e di tendenza a delinquere, incompatibile con la concessione di benefici.

Anche il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto corretto, proprio in virtù di questi elementi negativi e dell’assenza totale di aspetti positivi da valorizzare. Infine, la pena inflitta è stata giudicata congrua, poiché, pur mantenendosi ben al di sotto della media edittale, teneva correttamente conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti applicativi della particolare tenuità del fatto. La non punibilità non può essere concessa quando la condotta, seppur relativa a un reato con pene non elevate, si inserisce in un contesto di illegalità più ampio e persistente. La valutazione non deve limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve considerare la personalità dell’agente, i suoi precedenti e il suo comportamento successivo al reato. La presenza di un dolo intenso e la reiterazione di condotte antigiuridiche sono elementi ostativi che impediscono di qualificare l’offesa come ‘tenue’, confermando un approccio rigoroso a tutela dell’ordine giuridico.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Può essere esclusa quando la condotta dell’agente, pur relativa a un reato minore, dimostra un’elevata intensità del dolo. Nel caso di specie, l’aver ignorato un precedente ordine di allontanamento e l’aver commesso un altro reato (ricettazione) dopo il reingresso illegale sono stati considerati indicatori di un dolo incompatibile con la tenuità del fatto.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate a causa dei numerosi elementi negativi a carico dell’imputato, quali i precedenti penali e di polizia, la sua comprovata tendenza a utilizzare alias e l’assenza di qualsiasi elemento positivo che potesse giustificare una riduzione della pena.

La motivazione di cercare lavoro o formare una famiglia può giustificare un reingresso illegale?
Secondo questa ordinanza, tali motivazioni personali non sono sufficienti a giustificare la condotta o a renderla di lieve entità, soprattutto quando l’imputato, una volta rientrato nel territorio nazionale, prosegue con attività illecite, dimostrando che il suo comportamento complessivo è contrario alla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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