Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21936 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21936 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Filiano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della Corte d’appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Potenza confermava la condanna di NOME COGNOME per il delitto di evasione (art. 385 cod. pen.), perché, sottoposta agli arresti domiciliari, non era trovata in casa nel corso di un controllo operato dalle forze dell’ordine.
Nell’unico motivo di ricorso presentato per il tramite dell’AVV_NOTAIO, l’imputata, ha dedotto vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
La Corte d’appello non avrebbe risposto alle deduzioni con cui si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., nonostante ai fini della particolare tenuità del fatto il giudice fosse chiamato ad operare una valutazione complessiva e nonostante, nel caso di specie, non fossero stati svolti accertamenti volti a verificare né la presenza di giustificazioni all’allontanamento, né la commissione di fatti delittuosi o comunque espressivi di una personalità negativa dell’imputata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
È vero che la Corte d’appello dà atto, nella parte in fatto della sentenza impugnata, dell’avvenuta presentazione di un motivo di appello sulla particolare tenuità del fatto ma che omette di darvi espressa risposta.
Ciò non toglie, però, che tale risposta possa ritenersi implicita, là dove dal contesto della motivazione si evinca che il Giudice di merito abbia ritenuto insussistenti le condizioni previste dall’art. 131-bis cod. pen.
In più occasioni, questa Corte ha, infatti, precisato che la richiesta di applicazione della causa di non punibilità deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez., 3, n. 43604 del 08/09/2021, Cincolà, Rv. 282097), essendosi ulteriormente specificato, in tal senso, che la motivazione può risultare anche dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen. (ex multis, Sez. 4, n.
27595 del 11/05/2022, RAGIONE_SOCIALE, Pv. 283420; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, D.).
Nel caso di specie, i Giudici dell’appello hanno dato atto di un precedente per evasione a carico della ricorrente, rispetto al quale era stata in primo grado dichiarata la continuazione con il reato per cui si procede.
E, se è vero che la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064), va anche considerato che, a tal fine, le stesse Sezioni unite richiedono al giudice di merito una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale – tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti i continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.
La Corte d’appello, nel ritenere congruo l’aumento di pena disposto per la continuazione (quattro mesi), ha affermato che tale aumento risulta coerente con i criteri fissati dall’art. 133 cod. pen., espressamente giustificandolo alla luce della «gravità della condotta».
Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince, dunque, una valutazione di segno negativo quanto alla richiesta dell’imputata, che impedisce di considerare assente la risposta al motivo sull’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Per tale ragione, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/05/2024