Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di ricorsi: non è possibile ottenere una nuova valutazione del merito semplicemente riproponendo le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti. Il caso in esame riguarda l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale, e offre spunti cruciali sui limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Il fulcro della sua difesa si basava su un unico motivo: la mancata applicazione da parte dei giudici di merito della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo il ricorrente, la sua condotta, pur costituendo reato ai sensi dell’art. 391-ter c.p., presentava caratteristiche tali da poter essere considerata di lieve entità, meritando quindi l’esclusione della punibilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (ovvero se la tenuità del fatto fosse o meno applicabile), ma si ferma a un livello precedente, di natura prettamente procedurale. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Mera Ripetitività del Motivo di Ricorso
La motivazione della Suprema Corte è chiara e lapidaria. Il ricorso è stato giudicato “riproduttivo” di una questione già sollevata in sede di appello. La Corte territoriale, nel decidere, aveva già fornito una risposta “non illogica”, spiegando perché non riteneva di applicare l’art. 131-bis c.p. In particolare, i giudici di secondo grado avevano valorizzato il contesto specifico del reato e l’assenza di giustificazioni valide per attenuare la gravità della condotta.
La Cassazione sottolinea che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il ricorso per Cassazione deve denunciare vizi di legittimità, ovvero errori nell’applicazione della legge o vizi della motivazione (come la sua manifesta illogicità o contraddittorietà), non può limitarsi a presentare una diversa lettura delle prove o a riproporre le stesse tesi difensive già esaminate e motivatamente respinte. Poiché la Corte d’Appello aveva dato una spiegazione coerente, il tentativo di ridiscutere tale valutazione davanti alla Cassazione si è rivelato infruttuoso e, quindi, inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere tecnicamente ben fondato. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito. È necessario individuare un preciso errore di diritto commesso dal giudice precedente. La mera riproposizione di doglianze già esaminate, senza che emerga un vizio di legittimità, espone il ricorrente non solo al rigetto del ricorso, ma anche a conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi rigorosa della sentenza impugnata, finalizzata a scovare veri e propri vizi di legge e non a tentare una terza, improbabile, valutazione dei fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre una questione, quella sulla particolare tenuità del fatto, che era già stata esaminata e respinta con una motivazione logica dalla Corte d’Appello.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che i giudici dei precedenti gradi di giudizio avrebbero dovuto applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, come previsto dall’articolo 131-bis del codice penale.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31500 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31500 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMA il 14/07/1968
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è riproduttivo di questione formulata in se gravame a cui la Corte territoriale ha fornito non illogica risposta là dove ha valorizzat contesto e l’assenza di giustificazione per poter attenuare la portata della condotta ex art. 391ter cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/07/2025.