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Particolare tenuità del fatto: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato minore legato agli stupefacenti. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta, in quanto la valutazione del merito non è consentita in sede di legittimità e altri motivi erano stati proposti per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della risposta sanzionatoria. Tuttavia, il suo corretto utilizzo processuale è essenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, ribadendo principi consolidati in materia di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici supremi.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel 2020. Un individuo veniva ritenuto colpevole per un reato legato agli stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, e condannato a quattro mesi di reclusione e 500 euro di multa.

La sentenza veniva confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Napoli nel settembre 2024. Avverso tale decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I motivi del ricorso

Il ricorso presentato alla Suprema Corte si fondava su due argomenti principali:

1. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: La difesa lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione per non aver riconosciuto la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
2. Eccessività della pena: Si contestava l’entità della sanzione inflitta e il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 4 c.p.).

L’obiettivo era ottenere l’annullamento della condanna o, in subordine, una riduzione della pena. Tuttavia, l’esito del ricorso è stato ben diverso.

Le condizioni per la particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il primo motivo, ha colto l’occasione per ribadire le condizioni necessarie per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La norma richiede la presenza congiunta di due presupposti: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

La tenuità dell’offesa deve essere valutata dal giudice di merito sulla base degli indici previsti dall’art. 133, primo comma, c.p., ovvero le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo. Solo se sussiste questo primo requisito, si può passare a verificare la non abitualità della condotta dell’autore del reato. Se anche questo secondo requisito è soddisfatto, il fatto può essere considerato di particolare tenuità e, di conseguenza, non punibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo una motivazione chiara e basata su principi procedurali consolidati.

In merito alla richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, i giudici hanno stabilito che il ricorso mirava, in realtà, a una nuova e diversa valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte di Appello aveva già motivato, in modo corretto e logico, le ragioni per cui non riteneva applicabile l’art. 131-bis. Contestare tale valutazione nel merito non costituisce un motivo valido per un ricorso per cassazione, che deve limitarsi a censure sulla violazione di legge o su vizi manifesti della motivazione, non sulla sua plausibilità.

Ancora più netto è stato il giudizio sul secondo motivo, relativo alla pena e all’attenuante non concessa. La Corte ha applicato il principio secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non sono state precedentemente sollevate come specifici motivi di gravame nel giudizio di appello. Introdurre argomenti nuovi in sede di legittimità è inammissibile, poiché si sottrarrebbe al giudice d’appello la possibilità di pronunciarsi su di essi, creando un vizio di motivazione “a priori”.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza della corretta strategia processuale. Per sperare di ottenere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è fondamentale che la difesa articoli le proprie argomentazioni in modo robusto già nei gradi di merito. Il ricorso per cassazione non può diventare una terza istanza di giudizio sui fatti. Inoltre, la decisione ribadisce la regola fondamentale della devoluzione: in appello si devono specificare tutti i punti della sentenza che si intendono contestare. Le questioni non sollevate in quella sede non potranno essere recuperate, per la prima volta, davanti alla Suprema Corte. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quali sono le condizioni per applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, l’art. 131-bis del codice penale richiede la presenza congiunta e non alternativa di due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa (valutata in base alle modalità della condotta e all’esiguità del danno) e la non abitualità del comportamento dell’autore del reato.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: 1) La richiesta di applicare la particolare tenuità del fatto si traduceva in una rivalutazione del merito, non consentita in Cassazione. 2) Le doglianze relative all’entità della pena e alla mancata concessione di un’attenuante erano state sollevate per la prima volta in Cassazione e non erano state oggetto dei motivi di appello.

È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso non discussi in appello?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito il principio consolidato secondo cui non sono deducibili in sede di legittimità questioni che non abbiano costituito oggetto di specifici motivi di gravame nel giudizio di appello, al fine di evitare che venga annullata una decisione su un punto che è stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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