Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28705 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28705 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il 12/02/1997
avverso la sentenza del 13/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 settembre 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 7 febbraio 2020 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 500,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine: alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.; al trattamento sanzionatorio inflittogli, di cui lamenta l’eccessiva entità, nonché al mancato riconoscimento in suo favore della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il difensore ha successivamente depositato note conclusive, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere osservato come la norma che si assume violata preveda, quali condizioni applicative (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità de comportamento. Si richiede, pertanto, al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici requisiti» delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, primo comma, cod pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa e, con questo coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv.265449-01).
Senza ampliare il tema oltre quanto strettamente attinente al caso concreto, risulta, dunque, alla luce di quanto sopra, che tutti gli indici indica nella sentenza impugnata siano elementi correttamente evidenziati dal giudice di merito per negare la possibilità di sussumere il fatto oggetto di esame nell’ipotesi disciplinata dall’art.131-bis cod. pen. (cfr. p. 2).
2.2. In ordine, poi, al secondo motivo eccepito, deve essere osservato come la decisione impugnata risulti sorretta da conferente apparato
argomentativo (cfr. p. 2), di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la
sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di
merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. d irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o
prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017,
COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME Rv. 258356-
01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294
del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
2.3. Priva di ogni pregio, infine, è anche la censura inerente alla mancata concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.,
trattandosi di motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello, e perciò non sottoponibile al vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare
applicazione il principio, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025