Particolare tenuità del fatto: quando il ricorso in Cassazione è solo una copia
L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta una valvola di sfogo del sistema giudiziario, consentendo di non punire condotte che, pur costituendo reato, risultano di minima offensività. Tuttavia, per poterne beneficiare, è necessario che il comportamento non sia abituale e che il danno sia esiguo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un importante aspetto processuale: non è sufficiente lamentare la mancata applicazione di questa norma; il ricorso deve essere specifico e non una mera ripetizione di quanto già detto in appello.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Quest’ultima aveva confermato la sua condanna, rigettando la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato, non soddisfatto della decisione, si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e un’erronea applicazione della legge penale da parte dei giudici di secondo grado.
La Decisione della Cassazione e il Ricorso Apparente
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione non risiede nel merito della questione (ovvero se la tenuità del fatto fosse applicabile o meno), ma in un vizio procedurale del ricorso stesso. I giudici hanno stabilito che l’unico motivo di ricorso presentato era una “pedissequa reiterazione” di argomenti già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello.
In pratica, l’imputato non ha formulato una critica argomentata e specifica contro la sentenza di appello, ma si è limitato a riproporre le stesse identiche doglianze. Questo comportamento processuale rende il motivo di ricorso “non specifico ma soltanto apparente”, in quanto omette di assolvere la sua funzione tipica, che è quella di contestare in modo mirato il ragionamento del giudice del grado precedente.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione sottolinea come i giudici d’appello avessero già ampiamente motivato la loro decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. In uno specifico paragrafo della sentenza impugnata, era stato evidenziato che la condotta dell’imputato non poteva essere considerata di speciale tenuità. Le ragioni addotte erano due:
1. La pervicacia: la persistenza e l’ostinazione con cui l’azione illecita era stata portata a termine.
2. Il comportamento susseguente al reato: le azioni compiute dall’imputato dopo la commissione del fatto, che evidentemente non deponevano a suo favore.
Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente questi punti, spiegando perché il ragionamento della Corte d’Appello fosse errato. Limitandosi a ripetere la richiesta, ha reso il suo ricorso inefficace e, di conseguenza, inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione: non è una terza istanza di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il ruolo della Suprema Corte è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Pertanto, un ricorso efficace deve individuare i vizi specifici della sentenza impugnata e costruire su di essi una critica puntuale e argomentata. La semplice riproposizione dei motivi d’appello è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando un ricorso in Cassazione sul tema della particolare tenuità del fatto è inammissibile?
Secondo questa ordinanza, il ricorso è inammissibile quando si limita a ripetere gli stessi motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
Per quali ragioni i giudici di merito avevano negato l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
I giudici avevano negato la particolare tenuità del fatto a causa della pervicacia con cui era stata realizzata la condotta e tenendo conto del comportamento dell’imputato successivo al reato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32799 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32799 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod.pen., non è deducibile in questa sede perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, che ha dedicato uno specifico paragrafo della motivazione alla disamina della doglianza in esame (si veda pagina 6, paragrafo 4.3, della sentenza impugnata), evidenziando come la condotta dell’imputato non potesse essere considerata di speciale tenuità, stante la pervicacia con cui veniva realizzata e tenuto conto altresì del comportamento susseguente al reato;
considerato che il motivo dedotto si deve considerare non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 15 luglio 2025.