Particolare tenuità del fatto: quando il ricorso è inammissibile
L’ordinanza n. 36654/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità del ricorso in tema di particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso che si limita a denunciare un vizio di motivazione in modo generico, senza confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione impugnata, è destinato all’inammissibilità. Questo caso evidenzia l’importanza di una difesa tecnica precisa e puntuale.
I Fatti del Processo
Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, la motivazione del giudice di merito era carente o illogica nel negare il beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due ragioni principali: la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi proposti. I giudici di legittimità hanno sottolineato come il Tribunale di merito avesse fornito una motivazione chiara e logica, escludendo la particolare tenuità del fatto in considerazione dell’entità del superamento della soglia di punibilità, quantificata nel 50%. A fronte di questa specifica argomentazione, il ricorrente non ha opposto alcuna critica mirata, limitandosi a una contestazione generica.
Le Motivazioni della Cassazione sul tema della particolare tenuità del fatto
Il cuore della motivazione risiede nel concetto di specificità dei motivi di ricorso. La Cassazione ha rilevato che la motivazione del giudice di merito era immune da vizi logici e, pertanto, non censurabile in sede di legittimità. Il Tribunale aveva correttamente valutato che un superamento della soglia di punibilità del 50% fosse un elemento oggettivo tale da escludere la qualificazione dell’offesa come di ‘particolare tenuità’. Il ricorrente, nel suo atto di impugnazione, ha completamente ignorato questo punto centrale della decisione, non prendendo posizione su di esso. Questa omissione ha reso il ricorso privo della necessaria specificità, trasformandolo in una critica astratta e non in un confronto dialettico con la sentenza impugnata. Di conseguenza, stante l’inammissibilità e l’assenza di una causa di non colpevolezza nella sua determinazione (come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186/2000), il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso per Cassazione. Non è sufficiente denunciare un vizio di motivazione in termini astratti; è indispensabile che l’impugnazione si confronti punto per punto con le argomentazioni della decisione contestata. In materia di particolare tenuità del fatto, se il giudice di merito basa il diniego su un dato oggettivo e quantificabile (come l’entità dello sforamento di una soglia), il ricorso deve necessariamente attaccare quel ragionamento. In caso contrario, l’esito sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico e manifestamente infondato. L’imputato non ha contestato in modo specifico la motivazione della sentenza precedente, che aveva escluso la tenuità del fatto basandosi su un preciso dato quantitativo.
Qual era l’elemento decisivo per escludere la particolare tenuità del fatto secondo il giudice di merito?
L’elemento decisivo era l’entità del superamento della soglia di punibilità, che ammontava al 50%. Secondo il giudice, un simile superamento impediva di qualificare l’offesa come di ‘particolare tenuità’.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
A causa dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36654 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36654 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOMECOGNOME che deduce GLYPH il vizio di motivazione in relazione all’art. 131-bAs, Al ir ilamm’ sbije perché generico e perché j ‹* co,T4 oilA manifestamente infondato, avendo 1.1–T-r-ibttfris+e., GLYPH n una motivazione immune da profili di illogicità manifesta – e quindi non censurabile in sede di legittimi escluso i presupposti integranti l’invocata causa di non punibilità in relazione all’entità del superamento della soglia di punibilità, nella misura del 50%, tale per cui l’offesa non merita la qualificazione di “particolare tenuità”, elemento rispetto a quale il ricorrente non prende posizione;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2024.