Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8979 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8979 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la CORTE DI DI
APPELLO di BRESCIA,
nel procedimento a carico di NOME NOME, nato ad Aversa il DATA_NASCITA,
contro
la sentenza del Tribunale di Brescia del 17.4.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17.4.2023 il Tribunale di Brescia ha dichiarato NOME non punibile, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., in relazione al delitto di truffa per il quale era stato tratto a giudizio.
ricorre per cassazione il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Brescia deducendo violazione di legge con riferimento all’art. 131-bis cod. pen.: rileva, in primo luogo, che il danno patito dalla persona offesa, pari ad euro 150,00, non poteva ritenersi di particolare tenuità segnalando anche la particolare insidiosità della condotta, posta in essere dall’imputato avvalendosi di documenti di identità intestati ad altra persona ed avendo, all’esito dell’accredito, denunziato lo smarrimento della postepay;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per il rigetto del ricorso;
la difesa ha trasmesso una memoria difensiva insistendo per la conferma della sentenza impugnata: eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso in quanto articolato su censure che attingono il merito della decisione e fanno leva su valutazioni personali del PM che contesta unicamente il merito dei fatti così come valutati dal giudicante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il Tribunale di Brescia, nel ritenere sussistenti gli elementi costitutivi del delitto di truffa contestato al NOME e la sua riconducibilità all’imputato, ha ciò non di meno ritenuto che si trattasse di un fatto non punibile in quanto di particolare tenuità: ha spiegato, infatti, che “l’importo oggetto di truffa, sebbene non irrisorio, è di contenuta entità, sicché può ritenersi che l’episodio da cui è scaturito il processo non abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso o un danno tutt’altro che nnininnale rispetto all’interesse tutelato dalla norma incriminatrice violata”; per altro verso ha escluso che, pur tenendo conto dei fatto del 21.7.2018, pure oggetto di archiviazione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., si fosse in presenza di una condotta “abituale” per la quale sono necessari almeno due precedenti.
Il PG presso la Corte d’appello di Brescia, dal canto suo, ha sostenuto, per un verso, che il danno patrimoniale non poteva considerarsi particolarmente
tenue, tanto che non sarebbe stato a suo avviso possibile nemmeno riconoscere la attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.; per altro verso ha escluso potessero essere rilevanti le considerazioni in ordine alla non particolare “callidità” della condotta.
3. Tanto premesso, rileva il collegio che la doglianza investe non già profili di violazione di legge quanto, piuttosto, e semmai, di difetto o contraddittorietà della motivazione in merito alla sussistenza dei presupposti per ritenere applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.; in altri termini, si trat di rilievi che attengono alla congruità o meno della motivazione con cui il giudice di merito, nell’ambito di una considerazione complessiva della vicenda che, sia sul piano soggettivo che sul piano oggettivo (cfr., Sez. U, n. 13681 del 25.2.2016, Tushai), ha giudicato di particolare tenuità.
Non è inutile ricordare che la disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen. (la cui portata, vale la pena di notare, è stata significativamente ampliata non soltanto quanto alle ipotesi cui è applicabile ma, anche, ai criteri ed elementi di valutazione utilizzabili) disciplina una particolare forma di definizione del processo sulla scorta di un giudizio di sostanziale inoffensività del fatto che, pertanto, sia pure astrattamente riconducibile alla fattispecie incriminatrice, viene reputato non punibile.
La norma fa riferimento ad una valutazione complessiva (che tiene conto delle modalità della condotta e della esiguità del danno o del pericolo) di “particolare esiguità” della offesa atteso che, qualora il fatto fosse completamente inoffensivo, mancherebbe il presupposto per la stessa configurabilità in termini di reato, ai sensi dell’art. 49 comma 2 cod., pen. (cfr., così, per una condotta di furto relativa ad un oggetto del tutto privo di valore, Sez. 5, n. 4011 del 19.12.2018, COGNOME).
Per altro verso, tale situazione non va confusa con le ipotesi di “speciale (o particolare) tenuità” o di “lieve entità” del fatto che attenuano il reato (ai sensi dell’art. 62 n. 4 cod. pen.), senza escluderne l’offensività.
Si tratta di concetti non sovrapponibili e che pertanto collocano l’ambito della non punibilità per particolare tenuità del fatto nell’ area compresa tra la totale inoffensività della condotta (di cui all’art. 49 cod. pen.) e il reato attenuato dalla speciale o particolare tenuità del fatto o dalla sua lieve entità (art. 62 n. 4 cod. pen.).
Come è noto, inoltre, le SS.UU., con la già evocata sentenza “Tushaj”, hanno spiegato che il fatto “particolarmente tenue” va così qualificato alla stregua
di caratteri riconducibili a tre indici: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza.
Quanto al primo aspetto, si richiede una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen. alla luce di una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto; in definitiva, si è sottolineato che il disvalore penale del fatto, per assegnare allo stesso l’attributo della particolare tenuità, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore.
Nel pervenire a tale conclusione, le Sezioni Unite “Tushaj” hanno ritenuto decisivo il riferimento testuale, contenuto nell’articolo 131-bis cod. pen., alle modalità della condotta, segno che la nuova normativa non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo piuttosto alle modalità del comportamento, anche in considerazione delle sue componenti soggettive, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e la conseguente necessità dell’ordinamento di reagire mediante la irrogazione di una pena.
In altri termini, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, occorre avere riguardo, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite Tushaj, al fatto storico, alla situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fat concretamente realizzati dall’agente non essendo in dubbio la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta bensì l’entità del suo complessivo disvalore, e ciò spiega per l’appunto il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva.
La necessità, pertanto, di compiere le valutazioni di cui si discute alla luce dell’art. 133, primo comma, cod. pen. coinvolge le caratteristiche dell’azione e alla gravità del danno o del pericolo, oltre che l’intensità del dolo e il grado della colpa essendo richiesta, nell’ottica delle Sezioni Unite, la ponderazione della colpevolezza in termini di esiguità e quindi la sua graduazione, sicché il giudice di merito è chiamato ad operare un apprezzamento di tutte le rilevanti contingenze che caratterizzano ciascuna vicenda concreta ed in specie di quelle afferenti alla condotta; ed anche riguardo alla ponderazione dell’entità del danno o del pericolo occorre compiere una valutazione mirata sulla manifestazione del reato, sulle sue conseguenze, sicché l’esiguità del disvalore è frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno ed alla colpevolezza; di qui, la fisiologica possibilità della presenza di una pluralità di elementi di giudizio di segno opposto da soppesare e bilanciare prudentemente, dovendosi tuttavia ribadire che
la valutazione che concerne l’entità del danno o del pericolo non è da sola sufficiente a fondare ovvero escludere il giudizio di marginalità del fatto.
In definitiva, la particolare tenuità del “fatto” è il risultato di una valutazione positiva tanto delle modalità della condotta nella sua componente oggettiva (avuto riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell’azione ex articolo 133, comma 1, n. 1 del codice penale) e nella sua componente soggettiva (avuto riguardo all’intensità del dolo o al grado della colpa ex articolo 133, comma 1, n. 3) del codice penale), quanto del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa (ex articolo 133, comma 1, n. 2) del codice penale).
Il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa richiede, allora, e necessariamente, un esito positivo della valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, sicché i criteri indicati nel primo comma dell’articolo 131-bis cod. pen. sono in realtà cumulativi per pervenire ad un giudizio di particolare tenuità dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità ed invece alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (cfr., d’altra parte, il tenore letterale dell’articolo 131bis del codice penale, nella parte del primo comma, che qui interessa, laddove prevede che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità).
Il Tribunale, come già accennato, si è adeguato a questi criteri e la motivazione resa sul punto non è suscettibile di essere censurata in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14.2.2024